Quella notte in cui uscii per strada, non sapevo dove mi avrebbe portato il mio cammino. La valigia sembrava pesante come piena di pietre, ma io la stringevo come se contenesse la mia libertà.

Quella notte, quando uscii per strada, non sapevo dove mi avrebbe portato il mio cammino. La valigia sembrava pesante come se fosse piena di pietre, eppure la stringevo come se contenesse la mia libertà. La strada era deserta, solo il vento sussurrava tra gli alberi. Camminavo, e non sentivo più le gambe.

Allinizio affittai una stanza sottotetto in una casa fatiscente alla periferia di Milano. Lodore di muffa impregnava laria, lintonaco cadeva dalle pareti, ma per me era un palazzo di libertà. Nessuno urlava, nessuno mi umiliava. Per la prima volta dopo anni, mi addormentai nel silenzio, e al mattino mi svegliai sapendo di essere viva.

I miei soldi finirono presto, così dovetti cercare lavoro. Pulii un negozio, lavai i pavimenti del mercato, poi caricai scatole in un magazzino. “A cinquantanni, la donna delle pulizie? Che spettacolo pietoso”, bisbigliavano alle mie spalle. Io sorridevo. Perché la pietà non era per me, ma per loro: quelli che la sera tremavano persino a dire un semplice “no”.

Ci furono notti in cui piansi. Non per il dolore, ma per il vuoto. Perché non cera nessuno al mio fianco. E allora mi tornavano in mente le sue parole: “Non piaci a nessuno.” Bruciavano, ma mi spingevano anche avanti. Volevo dimostrareprima di tutto a me stessache invece sì, piacevo.

Mi iscrissi a un corso di lingue per adulti. In classe cerano ragazze ventenni che ridevano della mia pronuncia. Non mi offesi. Studiai. Ritrovai il sapore della vita.

Sei mesi dopo lavoravo come cassiera in un supermercato. Lì lo conobbi.

Una sera entrò: alto, con gli occhiali, un computer sotto il braccio. Comprò solo un caffè e una barretta di cioccolato. Mi sorrise:

“Ha degli occhi così attenti. Si vede che nota tutto.”

Arrossii. “A chi potrei piacere io?”, sussurrò la mia voce interiore. Ma lui tornò il giorno dopo. E quello dopo ancora. A volte per il pane, a volte per il tè. Parlammo sempre di più. Scoprii che faceva il programmatore, freelance, viaggiava spesso.

Una sera si fermò alla cassa e, come se non fosse importante, disse:

“Andiamo al mare. Io ho del lavoro là, lei potrebbe riposarsi un po.”

Volevo subito dire di no. Il mare? Con lui? Alla mia età? Ma qualcosa dentro di me bisbigliò: se indietreggio ora, tradisco me stessa.

Così dissi sì.

Quando arrivai in spiaggia, non credevo ai miei occhi. La luce arancione del sole si immergeva nelle onde, i gabbiani gridavano, e lui era lì accanto a megiovane, libero, attento. Ascoltava ogni mia parola come se fossi lunica donna al mondo.

Per la prima volta dopo anni, risi di cuore. Camminammo lungo la riva, prendemmo un caffè in terrazza, parlammo di tutto. Lui mi raccontava della tecnologia, io di come avevo imparato a vivere di nuovo. E allimprovviso mi guardò e disse:

“Lei non sa quanto è forte. La ammiro.”

Quella notte non riuscii a dormire. “Forte.” Io, che un tempo mi credevo uno straccio. Adesso, agli occhi di un altro, ero un esempio.

Certo, ebbi dei dubbi. Era quindici anni più giovane. Cosa avrebbero detto gli altri? Ma poi ricordai: per tutta la vita avevo ascoltato “cosa diranno gli altri”. E dove mi aveva portato? A lividi e a unanima spezzata.

Questa volta ascoltai solo il mio cuore.

Andammo a vivere insieme. Con pazienza mi insegnò a usare il computer, mi aiutò con linglese, mi incoraggiò: “È troppo presto per darti per vinta.” E io ci credetti.

Per la prima volta nella vita, mi sentii amata. Non perché sopportavo. Non perché mi adattavo. Ma semplicemente perché ero me stessa.

Mia sorella, quando lo seppe, sorrise con scherno:

“Ti sei innamorata? A questa età? Ridicolo.”

Non risposi. Misi solo un foto su Facebook: ero in spiaggia, ridevo, il vento giocava con i miei capelli. Che vedesse. Che lo sapesse.

Sono passati due anni. Lui è ancora con me. Viaggiamo, facciamo progetti. Ho imparato di nuovo a sognare.

A volte, quando sono seduta in riva al mare, mi tornano in mente quella notte, la valigia, e le sue parole: “Non piaci a nessuno.” E sorrido. Perché so che proprio lì è cominciata la mia nuova vita.

Sì, io piaccio. A me stessa. A lui. Alla vita.

E se qualcuno mi chiedesse se vale la pena ricominciare tutto a cinquantannila mia risposta è chiara: sì. Ne vale la pena. Perché proprio quando tutti pensano che sia finita, può cominciare la storia più bella.

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Quella notte in cui uscii per strada, non sapevo dove mi avrebbe portato il mio cammino. La valigia sembrava pesante come piena di pietre, ma io la stringevo come se contenesse la mia libertà.