«Un finale inaspettato»
– «Allora, a quarantatré anni dovrò stravolgere la mia vita», pensava Sofia Bianchi mentre riponeva gli ultimi vestiti nella valigia. «Dirò al figlio quando mi sistemerò nel nuovo lavoro. È una benedizione che mia madre sia ancora viva, ma è amaro perdere il padre, scomparso prematuramente. Era un dentista, e io ho deciso di seguirne le orme.»
Sofia aveva divorziato da Arturo Conti. La separazione era avvenuta senza drammi, perché lui era pronto a lasciarla andare, avvertito più volte dalle parole della moglie:
– «Se non abbandoni le tue scommesse, chiedo il divorzio. Non voglio più sostenerti.»
Arturo aveva promesso di smettere di giocare, ma non era riuscito a tenere la parola. Dopo ventidue anni di matrimonio, dieci dei quali segnati dalla sua dipendenza, i debiti si erano accumulati; allinizio li pagava la moglie.
– «Sonia, ti prego, non separarti da Arturo», implorava la suocera. «Un giorno smetterà di giocare. Anchio sono stanca di dargli soldi, non riesco nemmeno a mettere da parte qualcosa per un brutto tempo.»
– «Anchio non ce la faccio più», rispose Sofia, «lancio il divorzio e ti avviso subito, così non sarai sorpresa.»
– «Sofia, ma dove andrai? Come farai a vivere? Non potrai lasciare lappartamento, è di Arturo!»
– «Non lo affitterò, me ne andrò via definitivamente in unaltra città, ma non dirò dove, perché Arturo potrebbe ancora cercarmi. Ho lasciato il lavoro; i dentisti si cercano ovunque, così non sparirò. Ho sempre sognato di aprire il mio studio, ma come fare se il marito continua a perdere»
Sofia si rifugiò da sua madre a Bologna, la città dove era nata. Dopo la laurea aveva voluto tornare, ma il matrimonio con Arturo laveva trattenuta; lui, infatti, non voleva spostarsi, soprattutto perché possedeva un bilocale ereditato da sua nonna, ormai andata a vivere con i suoceri.
«Ciao, mamma», la strinse Sofia, «sono qui per restare, come ti avevo promesso.»
«Brava, figlia mia, te lavevo detto. Sei ancora giovane, hai tutta la vita davanti. Niccolò ti capirà, è già adulto e studia alluniversità», sfolgorò la madre, ex infermiera appena pensionata.
Il giorno dopo, Sofia chiese di Ilario Romano, lamico del padre.
«Lavora ancora?», domandò.
«Sì, gestisce una clinica privata. Non tratta più i pazienti, ma è il direttore. Ho già parlato con lui; ti accoglierà. Quando mi hai detto che saresti venuta per davvero, lho informato.»
«Mamma, sei stata veloce. Il vecchio amico di papà ci ha sempre sostenuti. Una volta, in vacanza, lho incontrato; mi ha detto che potevo contare su di lui. Oggi lo andrò a trovare.»
Era il secondo anno che Sofia lavorava come dentista nella clinica di Bologna. Si era abituata alla città, al suo studio, ai pazienti abituali. Niccolò, ormai grande, veniva in vacanza; la madre e lui erano felici, perché lui non aveva seguito le orme del padre.
Dopo aver lasciato uscire lultima paziente, Sofia rivolse al suo assistente, la giovane infermiera Chiara:
– «Chiama il prossimo.»
– «Prego, entrate», annunciò Chiara dalla reception.
Sofia lanciò uno sguardo al nuovo arrivato, un uomo di mezza età, e pensò di averlo visto per la prima volta.
– «Si è appuntato per caso o qualcuno lo ha consigliato?», si chiedeva, indicando la poltrona.
Lui si sedette, il volto impassibile.
– «Apri la bocca», ordinò Sofia, esaminando il dente superiore destro e constatando una carie al terzo molare, che doveva essere estratto.
– «Trattami, estrailo», rispose luomo, con voce calma.
«Chiara, prepara lanestesia», ordinò. «Ti farò uniniezione, non sentirai nulla.»
– «Non voglio liniezione», replicò bruscamente luomo.
– «Che cosa non vuoi?», non capì Sofia.
– «Trattami senza aghi.»
Sofia rimase attonita. «O è un robot, o è un masochista che prova piacere al dolore», pensò. «Resisti, allora», si disse, accendendo il trapano.
Luomo non mostrò alcun disagio mentre lei perforava il dente. Dopo aver riempito il canale, lo interrogò:
– «Fa male?»
– «No», rispose, immutato, sebbene Sofia sapesse che era estremamente doloroso.
– «Ti rivedrò fra due giorni per la ricostruzione», concluse, mentre Chiara lo osservava con curiosità.
«Che tipo di uomo!», commentò Chiara una volta chiusa la porta. «Coraggioso, senza aghi»
«Mi sembra ipocrita», ribatté Sofia. «Finge di essere forte, ma dentro è un inferno di dolore. Se hai paura, ammettila. Non cè bisogno di recitare il duro.»
«Sa, dottoressa Sofia, credo che si sia innamorato di lei», intervenne Chiara con un sorriso. «Lo guarda non come a un dentista, ma come a una donna. Forse fingeva di essere difficile per impressionarla.»
«Bravo Chiara, ti sei scatenata con la fantasia», rise Sofia.
«Non è nulla, è solo che ho notato qualcosa. Forse presto le proporrà un appuntamento.»
«Qual è il suo nome?», chiese Sofia. «Procolo, vero? Non avrà scampo.»
«Perché?», domandò la ragazza, leggermente delusa.
«Perché preferisco gli uomini sensibili, che non nascondono le emozioni. Questo qui è più un terminatore.»
Il giorno stabilito, Procolo arrivò puntuale verso la fine della giornata. Chiara lo salutò come un vecchio amico.
«Entri, Procolo Antonini.»
Sofia lo accolse con tono secco.
«Buongiorno, si accomodi. Oggi faremo una ricostruzione.»
Dovette faticare a trattare il suo dente, ma Procolo sopportò tutto con dignità.
«Allora, è stato doloroso?», domandò Sofia.
«No», rispose lui, con la stessa brevità.
«Probabilmente sta mentendo», pensò, preparando il composito.
Quando finì, Procolo si alzò, fissò Sofia negli occhi e disse:
«Grazie ho capito che sarò lultimo paziente di oggi. Posso accompagnarla a casa con la macchina.»
«No, grazie, torno da sola. Lo segno per la rimozione?»
«Sì, per favore.»
«Abbiamo qualcosa per sabato?», chiese Chiara, frugando il registro.
«Sì, alle nove del mattino, il resto è pieno.»
«Allora sabato alle nove», confermò Procolo.
Sofia amava lavorare il sabato: i mezzi sono liberi, non ci sono code, e può arrivare tranquilla alla clinica. Dopo aver indossato il camice bianco, preparò un caffè e si sedette alla finestra, attendendo il primo paziente.
Mentre sorseggiava, vide Procolo passeggiare fuori dalla finestra, agitato, sedendosi su una panchina, poi rialzandosi di nuovo. Il suo aspetto era diverso da quello nella poltrona.
«Che cosa gli è successo?», si interrogò Sofia, notando il suo nervosismo.
Finì il caffè, ripose la tazza e aprì la finestra.
«Procolo, può entrare!», chiamò.
«Ma non è ancora le nove?», rispose lui, arrossendo.
«Che importa, siamo entrambi qui. Perché aspettare?», rispose Sofia con un sorriso, chiudendo la finestra.
Procolo entrò, visibilmente imbarazzato.
«Non sono ancora pronto», confessò.
«Non è vero, non sei un robot», rispose Sofia, incuriosita.
«Posso sedermi ora o più tardi?», chiese.
«Perché più tardi?», replicò lui, guardandola intensamente.
«Capisce, dottoressa, ho paura di dentisti. Prima di ogni visita mi preparo mentalmente.»
«Non lavevo capito, è per questo che rifiutava liniezione?»
«Lo ammetto, ho più paura dellago che del dolore», disse, rosso in volto.
«Molti hanno paura delle punture. Le farò in modo delicato, quasi senza dolore», promise Sofia, accarezzandolo con un sorriso rassicurante.
Liniezione fu rapida, Procolo rimase pallido ma sorrideva. Il trattamento terminò senza intoppi.
Il lunedì successivo, Procolo comparve davanti alla clinica con un grande mazzo di fiori, osservando lorologio. I colleghi lo guardavano incuriositi, chiedendosi chi fosse il misterioso benefattore del mattino.
Sofia si avvicinò, e lui le porse il bouquet.
«Buongiorno, è per lei. Ho capito che lago non è pericoloso. Se vuole, la invito a cena, se le va.»
«Che serietà!», rise Sofia, accettando. «Ci sentiamo, ho il suo numero.»
Il loro appuntamento fu un successo; Sofia riconobbe la verità nelle parole di Chiara: Procolo era davvero un uomo gentile, emotivo e, soprattutto, capace di lasciarsi andare.






