Una sera d’inverno indimenticabile

Una sera dinverno, lalba si fa strada timida sopra il piccolo borgo di SanMartino, incastonato tra le cime innevate delle Dolomiti. La neve cade leggera, i fiocchi sono grossi e silenziosi. Il cielo è coperto; a tratti la luna tenta di farsi vedere, ma la foschia la inghiotte. Quando il sole appare a mezzogiorno, un raggio caldo accarezza le case di legno.

Vittoria esce di casa subito dopo il risveglio. Cammina lungo il sentiero di ghiaia verso la stalla, avvolta in un cappotto di lana. Il vento sferza le cime dei pini e le nuvole grigie si addensano sopra il villaggio. Che tanto silenzio, ora dove è il rumore? pensa, ma poco dopo una bufera prende il sopravvento e la vista si fa quasi nulla.

Fortunatamente è quasi arrivata al suo casolare. Aprendo il cancello, osserva i rami di un grande abete che oscillano sotto la furia del vento. Per fortuna sono arrivata in tempo, mormora, se la neve continua a cadere, il cortile si riempirà di cumuli. Entra, chiude la porta di legno e si avvia verso il fuoco.

Dopo la cena, salgono sulla stufa di pietra per ascoltare il fruscio del vento nella canna fumaria. Lassopimento la coglie mentre il rumore del freddo la culla. Improvvisamente, un colpo insistente bussa alla porta. Chi è così a questora? pensa, infilando i piedi nei mocassini di feltro, e scende dalla stufa.

Una voce maschile risponde: Signora, apri, lasciami scaldarmi.
Vittoria, sospettosa, chiede: Chi sei?

Mi chiamo Gregorio, sono un autista. Sono rimasto bloccato davanti a casa tua, la neve ha seppellito la strada. Ho provato a spalare, ma non cè fine. Non ti preoccupare, non ti farò del male, lo giuro. Vengo da un villaggio vicino.

Nonostante loscurità, Vittoria spalanca la porta: un uomo alto, ricoperto di neve, si tuffa dentro. Entra, Gregorio, vieni a scaldarti, gli dice, chiudendo il portone.

Gregorio toglie il cappotto, scrolla via la neve dalla testa e, sorridendo, chiede: Ti offri un tè?

Vittoria lo invita a tavola, porgendo una teiera fumante e dei tortini di mele appena sfornati il giorno prima.

Grazie, dice Gregorio, come ti chiami?

Vittoria, ma puoi chiamarmi semplicemente Vittoria, risponde lei con un sorriso caloroso.

Da sola? domanda lui.

Sì, da cinque anni.

E il marito?

Il marito è scappato in città dopo aver ingozzato le pere.

E i figli?

Non ne ho. Tu hai una famiglia?

No, non ho più una. Una volta sono stato sposato, ma è finita, confessa Gregorio, senza approfondire.

Capisco, risponde Vittoria. Bevi il tè, mangia i dolci, e ti farò un posto sul fuoco.

Gregorio sale sulla stufa, si siede e presto cade in un sonno pesante. Vittoria, però, non riesce a prendere sonno. Sente il peso della solitudine, il desiderio di una casa piena di voci. Sei qui, sconosciuto, a dormire sul mio fuoco se solo fosse il mio compagno pensa, mentre la notte avanza.

Al sorgere del giorno, accende nuovamente la stufa e prepara delle crêpe sulla brace. Gregorio si sveglia, sbadiglia e commenta: Che profumo! Le crêpe sono il miglior risveglio.

Dopo colazione, Vittoria si prepara per il lavoro in cantina. Gregorio, la porta rimane aperta; se vuoi, chiudila con il gancio. Se ti viene freddo, cè ancora la teiera, e anche delle patate bollite.

Grazie, e buona strada, risponde lui, uscendo.

Nel pomeriggio, Vittoria torna a casa e vede Gregorio a lottare con il suo vecchio furgone, scavatone fuori dalla neve. Sei ancora qui? chiede.

Sì, laccumulator è scarico e la strada è invisibile.

Entra, facciamo uno spuntino. Anche io sono tornata a pranzo dopo una camminata nella neve.

Vittoria gli indica dove trovare un trattore nel capannone di riparazioni: Dalle 13 alle 14 cè la pausa, poi puoi andare a vedere.

Mentre parlano, Vittoria nota una lieve traccia di capelli grigi sui lati della fronte di Gregorio e le rughe che solcano gli occhi quando sorride. Ha trentasette anni, ma la saggezza comincia a farsi strada, pensa. Che bello avere un uomo gentile in casa, la vera felicità di una donna.

La accompagna al capannone, poi riprende il suo cammino verso la cantina.

Buon viaggio, Gregorio, lo saluta.

Anche a te, Vittoria!

La sera, tornando al suo casale al crepuscolo, vede le luci accese alle finestre. Il cuore le batte più forte. Che bello tornare dove ti aspettano.

Gregorio la accoglie con un sorriso: Il bollitore è pronto.

Perché non sei partito? domanda Vittoria.

Domani arriverà il trattore, ma oggi non cè nessun veicolo disponibile, risponde lui.

Dopo cena, Vittoria sistema la casa. Gregorio resta sulla stufa, pensieroso, poi improvvisamente si alza e si siede accanto a lei sul letto. Vittoria resta immobile, senza parole. Gregorio la avvolge sotto la coperta e la stringe forte. Lei, sorpresa, si avvicina a lui.

Il silenzio dura a lungo finché Vittoria rompe il ghiaccio:

Sai, Gregorio, potrei passare tutta la vita così, accanto a te.

Lui, sorpreso, replica:

Allora devo sposarmi con te?

Cosa? chiede lei timidamente.

Gregorio, un po irritato, risponde:

Non credo alle donne. Sono stato sposato, ma la moglie è scappata. Ho avuto altre compagne, ma nulla è durato. Tu non sei diversa, mi sei scivolata sotto la coperta e ora vuoi tutto.

Vittoria, ferita, dice:

Non ho mai avuto nessuno, non cè stato nessun altro prima di te.

Gregorio annuncia: Forse mi dimentichi, ma non ci siamo ancora conosciuti davvero.

Vittoria alza la voce:

Ho bisogno di una famiglia, di figli, di una vita piena di amore.

Gregorio la tenta di placare: Non piangere. Non conosciamo ancora il futuro.

La notte passa inquiete; entrambi rimangono svegli. Allalba, Gregorio prepara le valigie. Deve partire alle sei perché il trattore deve arrivare. Vittoria lo vede uscire dal portico.

Scusami, Vittoria.

Addio, Gregorio. Se tornerai bloccato, non aprirò più la porta, pensa, ma dentro di sé spera che ritorni.

Gregorio parte. Durante la pausa pranzo, la macchina di Gregorio non ritorna più. Vittoria aspetta invano, poi chiama la sua amica Lidia.

Vittoria, sei incinta! esclama Lidia, ridendo. Corri in città, fai gli esami.

Vittoria ringrazia il cielo: finalmente sarà madre.

Al pronto soccorso, la dottoressa la informa della gravidanza. Come vuoi chiamare il bambino? chiede.

Lo chiamerò Steffano, e poi diventerà Stefano, risponde Vittoria, commossa.

La dottoressa le ricorda: Prima di pensare alla vecchiaia, devi farlo crescere.

Il giorno della dimissione, Lidia le dice che non potrà accompagnarla, ma il trasporto sarà garantito dallambulanza.

Vittoria prende il suo piccolo avvolto al petto e si dirige verso luscita. Improvvisamente, Gregorio appare con un grande mazzo di fiori, insieme a Lidia che gli sorride astutamente.

Gregorio ha detto che sei sua moglie e che non permetterà a nessuno di portare via il figlio, annuncia Lidia.

Vittoria affida il bambino a Gregorio, sorride felice e le lacrime le scorrono sugli occhi, lacrime di gioia.

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