IL RAGAZZO CHE HA FATTO CRESCERE UNA FORESTA

Mi chiamo Luca Bianchi e sono nato in un piccolo borgo tra le colline della Toscana. Fin da quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava di come un tempo, la collina che si stagliava davanti a casa nostra fosse ricoperta da querce secolari, ruscelli cristallini e usignoli che cantavano allalba.

Ma quando compii otto anni, quella collina era spoglia, arida, con crepe nel terreno e un silenzio che faceva male.
Ricordo che un pomeriggio chiesi a nonno:
Perché non ci sono più alberi?
Perché li hanno tagliati per venderne il legno, e la terra si è stancata mi rispose.
E chi li pianterà di nuovo?
Qualcuno che ami il futuro più della sua comodità di oggi.

Quella notte non riuscii a dormire. Sentivo che nonno mi avesse affidato una missione.
Il giorno dopo, presi un barattolo arrugginito e lo riempii di terra. Trovai dei semi di pioppo caduti vicino a un sentiero e li piantai. Non sapevo se sarebbero cresciuti, ma ogni giorno li innaffiavo con lacqua che prendevo da un rigagnolo. Quando spuntò il primo germoglio, provai qualcosa che non so spiegare: era come se un pezzettino di speranza avesse deciso di restare con me.

Continuai a raccogliere semi e a piantarli, prima nel cortile di casa, poi sulle pendici della collina. I vicini mi guardavano e ridevano:
Luca, quello che fai non servirà a niente.
Ma io ricordavo le parole di nonno.

Col tempo, altri bambini si unirono a me. Ogni sabato salivamo sulla collina con bottiglie dacqua, semi e piccole pale fatte con barattoli. Alcune piante morivano, altre crescevano. Imparammo a proteggerle con recinti perché le capre non le mangiassero, e a sistemare sassi per trattenere lumidità.

Quando compii quindici anni, sulla collina cerano già più di tremila alberi. Il cambiamento si vedeva: tornavano i cardellini, il terreno assorbiva meglio lacqua, e quando pioveva, rivedevamo piccoli rivoli scorrere.

La notizia arrivò alla radio locale, poi a un giornale di Firenze. Un giorno, un signore che lavorava per unassociazione ambientalista venne a cercarmi.
Luca, vuoi aiuto per piantare altri alberi? mi chiese.
Non esitai.

Con il loro sostegno, trovammo attrezzi, guanti e, soprattutto, più semi e piantine di specie autoctone. Organizzarono anche corsi per imparare a ripristinare lecosistema. Nonno, ormai anziano, mi abbracciò e mi disse:
Ora sì che stai guardando al futuro, ragazzo mio.

Oggi ho ventiquattro anni e studio ingegneria ambientale. Sulla collina dove prima non cera nulla, ora cresce un bosco giovane con più di venticinquemila alberi. Non è perfetto, né finito, ma è casa per upupe, scoiattoli, volpi e per chi ama passeggiare allombra.

Ogni volta che salgo, accarezzo i tronchi e penso che questi alberi saranno qui molto dopo di me. Mi piace immaginare che un giorno, tra cinquantanni, un bambino chiederà al suo nonno:
Chi ha piantato tutto questo?
E lui risponderà:
Un ragazzo che amò il futuro più della sua comodità di oggi.

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