Non smettere mai di credere alla felicità
Una volta, nella spensierata primavera della sua giovinezza, Eleonora si aggirava tra le bancarelle frenetiche di una festa di paese. Una zingara dagli occhi neri come una notte senza stelle le afferrò la mano e, cantilenante, le sussurrò:
Bella fanciulla, vivrai in una terra di sole, dove laria profuma di mare e di grappoli duva.
Eleonora scoppiò a ridere:
Che sciocchezza! Non lascerò mai la mia città!
Il tempo scorreva, inesorabile. Si sposò per amore, nacque la piccola Ginevra e iniziò a sognare un secondo figlio. Prima però, decise di tornare al lavoro per non perdere la pratica. Lavorerò cinque o sei anni, poi potrò dedicarmi al bambino, pensava.
Poi arrivò il viaggio di lavoro che ribaltò tutti i progetti. La vicina di casa, linfermiera Rosina, la chiamò al telefono:
Eleonora, hanno portato Sergio in ospedale! Unambulanza è apparsa dal nulla su una via che non conosciamo.
Mai si sa dove possono emergere i segreti di una famiglia.
Il ritorno a casa fu come un thriller mal riuscito. La prima sera, Eleonora precipitò verso lospedale, il cuore tamburellava nella gola. Sergio, pallido, con una mano fasciata, evitava il suo sguardo.
Da che indirizzo ti hanno portato? chiese a bassa voce.
Il silenzio parlava più di mille parole.
Scoprì presto che in quellappartamento abitava una donna sola, collega di Sergio, la cui amicizia durava da più di un anno. Ognuno aveva il suo carattere: chi chiudeva gli occhi, chi scatenava litigate, poi, stringendo i denti, serviva al traditore una ciotola di minestra. Eleonora, però, era di unaltra farina. Non attese il marito in ospedale: cera chi accudire la piccola Ginevra ferita.
Mise nel vecchio baúl gli oggetti indispensabili, prese per mano la bambina spaventata e uscì dalla porta dellappartamento comune, senza voltarsi.
Iniziamo una vita su un foglio bianco, figlia mia disse, stringendo forte la piccola mano.
***
La madre li ospitò per un po, poi Eleonora divorziò, divise i metri quadrati con lex e accettò un mutuo in euro. Visse a ruota libera, cercando di garantire a sé stessa e al futuro di Ginevra.
Anni dopo, logorata dal lavoro e dalla solitudine, Eleonora volò in Italia, nella casa accogliente dellamica di sua madre, Oliva, a unora di auto da Roma. Raccolse i soldi per le vacanze, poi, allimprovviso, comprò i biglietti: era diventato insopportabile restare. Sperava che il sole italiano sciogliesse il ghiaccio nel suo cuore.
Oliva, ascoltando i suoi lamenti Non saprò più fidarmi, Lamore non esiste più per me perse la pazienza. Telefonò di nascosto a Giovanni, proprietario di una cantina locale:
Giovanni, trovami Luca. È urgente! Dìgli che ho una sposa per lui.
I pensieri di Eleonora erano lontani da qualsiasi romantico. Già avvolta in un morbido accappatoio, stava leggendo un libro per scacciare i pensieri tristi. Fuori, una notte del sud avvolgeva tutto di un buio impenetrabile.
Allimprovviso, un bussare alla porta. Un minuto dopo, Oliva irrompeva nella stanza, luminosa:
Eleonora, alzati! Il tuo fidanzato è arrivato!
Che sciocchezze! rise Eleonora, ma si infilò laccappatoio e uscì verso il salotto.
Lì lo aspettava. Alto, con una spruzzata dargento sulle tempie e occhi che ridevano, era Luca. Nella mano stringeva un casco; alle spalle, appoggiata a un muro, cera una moto graffiata, testimone di venti chilometri su una serpe di montagna sotto un cielo stellato, tutto per vedere una sconosciuta.
Oliva ha detto sei una principessa russa? balbettò in un inglese spezzato, con un accento che pareva una melodia.
Eleonora, attonita, allungò la mano per stringere la sua. Luca la avvolse con palmi grandi e caldi, senza lasciarla andare. Si sedettero sul divano, le mani incrociate, senza mai staccarsi. Lui quasi non parlava inglese, lei non capiva litaliano, ma il loro dialogo di gesti, sorrisi e sguardi era così veloce e avvolgente che Oliva, sorridendo, si allontanò, lasciandoli soli con il miracolo che stava nascendo.
Al mattino, Luca ripartì, risalendo il suo cavallo di ferro. Più tardi, Eleonora scoprì che la sua vita, fino a quel momento, era stata una serie di fallimenti: due matrimoni amari, nessun figlio, nessuna casa. Viveva in un piccolo appartamento sopra il garage del fratello, quasi non credeva più nella felicità.
Dieci giorni prima della partenza, discussero di tutto. Tornerò rispose semplicemente a una sua proposta. Vivremo insieme.
***
Qualche mese sul suolo italiano volò in un turbine folle: licenziamento, imballi, discussioni difficili con parenti che non capivano la sua follia. Il telefono esplodeva ogni giorno di messaggi.
Mio sole, come stai? Mi manchi. Luca.
La nostra nuova finestra guarda loliveto. La tua stanza ti aspetta. Il tuo Luca.
Nessuna differenza di età (Luca era più giovane) né la presenza di una figlia dodicenne, Ginevra, lo spaventava.
Un pomeriggio, seduti sulla terrazza della nuova casa, inondata di luce, Eleonora lo abbracciò per le spalle e chiese:
Luca, perché hai creduto subito in noi? Perché non ti sei spaventato?
Luca si voltò, e nei suoi occhi scintillava il mare della Toscana:
Un vecchio viticoltore mi disse una volta che avrei incontrato una donna dellest. Una donna con lanima in tempesta e il cuore in cerca di quiete. Che avrebbe portato la fortuna che coltivo nei miei vigneti ma non trovo. Questa sei tu, Eleonora.
E? sussurrò, le lacrime minacciavano di scendere. Hai trovato quella fortuna?
Luca non rispose. Solo la strinse più forte e la baciò come se fosse il primo e lultimo bacio della sua vita. Poi, sorridendo con il suo sorriso di sole, disse:
È stata lei a trovarmi! Sono infinitamente felice.
E la vita iniziò davvero a sorridere.
Trovò un lavoro splendido, firmarono un mutuo in euro per una casetta con vista sui colli. Luca adorava la figliocca Ginevra, che ora studiava litaliano con entusiasmo. Al mattino le portava al letto un caffè alla cannella; la sera la casa si riempiva del profumo di pasta, cucinata da lui come un dio. Il suo amore si vedeva nei mazzi di fiori di campo sul tavolo, nei tocchi delicati, nello sguardo premuroso che lo accompagnava ogni giorno.
Eleonora fiorì. Non poteva più credere di aver pensato che la felicità fosse un mito. Ora sa: la felicità non è leggenda; cammina davvero per il mondo e, testarda, cerca le sue metà. Quando le incrocia, le unisce con una forza tale che nessuna tempesta può più spaventarle.





