“Niente affari casuali, Vittoria. Ho vissuto una doppia vita per diciassette anni,” disse Domenico, facendo girare nervosamente una penna sulla scrivania.
“Se è uno scherzo, è di pessimo gusto,” ribatté Vittoria, sconcertata.
Nelle ultime settimane aveva intuito che qualcosa non andava. Domenico era sempre preso dal lavoroviaggi frequenti, riunioni fino a tardi, nervosismo. Ma una figlia? Da dove spuntava?
“È la verità. La mia realtà. O meglio, adesso è la nostra.” Si alzò e si avvicinò lentamente alla finestra.
“Cosa? Siamo insieme da ventisei anni. Abbiamo due figli meravigliosi che studiano allestero. Eravamo la famiglia perfetta. E ora mi dici che hai una figlia di quindici anni? È così?”
“Esatto, Vittoria. Ma cè dellaltro.”
Lei si irrigidì, senza sapere come reagire.
“Verrà a vivere con noi. Da lunedì. E non è discutibile. Non ci sono alternative.”
“Non me lo chiedi nemmenomi metti davanti al fatto compiuto. Se non sono daccordo, posso andarmene, giusto?”
“Non essere drammatica. Non voglio divorziare. Le cose sono andate così,” disse lui, esausto.
“Se hai finito, vado. Devo tornare in ufficio, anche se la mia pausa pranzo è ormai finita,” rispose Vittoria, gelida.
“Va pure,” borbottò Domenico, senza staccare gli occhi dalla finestra.
Uscì dallufficio, trattenendo a stento le emozioni. La testa le girava.
“Vittoria Rossi, tutto bene? Vuole un bicchiere dacqua?” chiese lassistente, preoccupata.
“No, grazie. Chiami un taxi, non sono in grado di guidare,” rispose asciutta.
“In cinque minuti è qui davanti.”
“Grazie.” Prese lascensore e finalmente lasciò scorrere le lacrime.
Compose un numero.
“Monica, oggi non vengo. Rimanda tutti gli appuntamenti. Fai tu, come meglio credi.”
Ventanni dopo, bussò alla porta della suocera.
“Adriana, sapevi che Domenico ha una figlia con unaltra donna?” domandò, dura.
La donna anziana sospirò e annuì.
“Sì, lo so. Lho conosciuta quando aveva undici anni. Ti ricordi quando ebbi quel problema al cuore? Domenico si spaventò e decise che dovevo sapere di mia nipote.”
“La chiami già tua nipote? Bravo!” commentò Vittoria, sarcastica.
“E cosa avrei dovuto fare? Rifiutare la bambina?” rispose Adriana, calma. “Se lavessi saputo quindici anni fa, avrei fatto di tutto per evitarlo. Ma ora la ragazzina esiste. Ha il sangue di mio figlio.”
Vittoria la fissò, ferita.
“Perché non me lhai detto?”
“Per risparmiarti il dolore che provi adesso.”
Vittoria scoppiò in lacrime e labbracciò.
“Andrà tutto bene, piccola. Sei forte.”
“Non devo niente a nessuno!” urlò improvvisamente. “Lui si è costruito unaltra vita, e ora dovrei perdonare e accettare?”
“Devi parlare con tuo marito e chiarire tutto,” le consigliò la suocera.
“Ora non riesco neanche a guardarlo.”
Passò una settimana. Non si parlarono. Poi, un giorno, Domenico portò a casa la ragazza.
“Entra, tesoro, questa è casa tua. E questa è Vittoria Rossi, la tua seconda mamma.”
Vittoria strinse i pugni, ma si costrinse a sorridere.
“Piacere di conoscerti.”
La ragazza la fissò con occhi azzurriidentici a quelli di Domenico.
“Piacere mio. Spero che diventeremo amiche.”
Beatrice era educata e intelligente. Dopo qualche settimana, Vittoria si era abituata a lei. Ma con Domenico rimase fredda.
Pochi giorni dopo, Vittoria chiese il divorzio. La suocera la appoggiò.
“Avrei fatto lo stesso,” ammise Adriana.
Beatrice ne soffrì molto. Vittoria decise di parlarle.
“Bea, parliamone.”
La ragazza singhiozzava.
“Mamma, non andare via. Ti voglio bene.”
Vittoria la strinse forte.
“Anchio ti voglio bene, amore mio.”
La mattina dopo, Vittoria entrò nella sua camera.
“Alzati. Facciamo colazione e poi usciamo.”
“Dove?”
“Sorpresa.”
Ventanni dopo, erano per strada.
“Dove siamo?”
Vittoria si fermò e sorrise.
“Dalla tua mamma. Compriamo dei fiori e la ringraziamo per averti messa al mondo.”
Bea la abbracciò forte.





