Luca De Luca era sempre stato il figlio d’oro della famiglia De Luca. Fin da piccolo, era stato l’orgoglio dei suoi genitori benestanti, pilastri della comunità. Aveva frequentato scuole prestigiose, eccelleva nello sport e, infine, aveva preso il controllo del fiorente impero immobiliare di suo padre. La sua vita sembrava perfetta: ricchezza, influenza e l’ammirazione di tutti. Ma c’era un ostacolo che non riusciva a superare: sua madre, Isabella De Luca.
Una volta donna vitale e amorevole, Isabella era rimasta paralizzata in un incidente d’auto cinque anni prima. La sua vita era cambiata per sempre. Da matriarca forte e indipendente, era diventata una persona bisognosa di cure costanti. Luca, sempre guidato dall’ambizione, non aveva pazienza per questo. Aveva dovuto riorganizzare la sua vita per occuparsi di lei, e con gli anni, il risentimento era cresciuto. Era stanco dei continui ricordi della sua debolezza e, più di tutto, odiava come lei lo trattenesse. Suo padre era morto un anno prima, lasciandolo erede della fortuna di famiglia, ma la condizione di Isabella era un macigno sul suo collo.
Un pomeriggio, mentre Luca e sua madre erano seduti sulla terrazza della loro lussuosa villa affacciata sulle scogliere sul mare, un piano cominciò a formarsi nella sua mente. Il suono delle onde che si infrangevano sotto di loro gli fece sentire, per la prima volta da anni, un senso di libertà. Se solo sua madre non ci fosse stata, avrebbe potuto vivere come volevaniente più visite in ospedale, niente più sensi di colpa, niente più obblighi.
I pensieri di Luca si fecero rapidamente oscuri. Poteva far sembrare un incidente. Conosceva bene quelle scoglieremolte persone vi erano cadute negli anni, i loro corpi inghiottiti dalle onde. Bastava una spinta, e tutto sarebbe finito.
Il suo fedele cane, Arturo, un vecchio pastore maremmano, riposava placido ai suoi piedi, ignaro del piano che stava prendendo forma nella mente del padrone. Luca si girò verso sua madre, che fissava l’orizzonte, inconsapevole del pericolo. Non poteva immaginare che la persona di cui si fidava di più stesse per tradirla.
Con un movimento rapido, Luca le si avvicinò alle spalle, le mani sulle sue spalle. “Mamma, sei troppo vecchia per questa vita,” mormorò tra i denti. In un gesto calcolato, la spinse giù.
Il suo grido durò un attimo prima che il suo corpo sparisse dalla vista, precipitando verso gli scogli affilati sottostanti. Luca rimase immobile, il cuore in gola. L’aveva fatto. Si era liberato dal peso di sua madre.
Ma mentre si voltava per andarsene, qualcosa gli strinse il cuore. Era Arturo, che si era alzato e ora andava avanti e indietro vicino al bordo. Gli occhi del cane erano pieni di confusione, e cominciò ad abbaiare freneticamente, come se avesse capito che qualcosa non andava.
Il cuore di Luca mancò un battito, e per un attimo, sentì il peso delle sue azioni. Ma scosse la testa e sussurrò a sé stesso: “È fatta.” Si allontanò, ignorando i latrati disperati del cane.
La vita di Luca non cambiò subito. La polizia arrivò qualche ora dopo, ma classificò la morte come un tragico incidente. Isabella era paralizzata da anninon fu difficile credere che avesse perso l’equilibrio.
Ma Luca sapeva la verità. L’aveva fatta franca. La villa era sua, e l’azienda di famiglia era finalmente libera dall’onere di occuparsi di sua madre. Ma la pace durò poco.
Arturo, che era stato il compagno fedele di Isabella per anni, si rifiutò di allontanarsi dal punto dove lei era caduta. Il cane rimase lì per ore, fissando le rocce sottostanti. Luca cercò di ignorarlo, sperando che desistesse, ma Arturo aveva altri piani. Ogni giorno, tornava sulla scogliera, abbaiando e piagnucolando, come se chiamasse la sua amata padrona.
Luca si irritò sempre più. Non sopportava quel promemoria del suo crimine e divenne aggressivo con Arturo. Lo chiuse fuori casa, ma il cane non si arrese. Era implacabile.
Una sera, mentre Luca era nel suo studio, un senso di inquietudine riempì la stanza. Il silenzio era opprimente. Guardò la foto di famiglia sul muro, che ritraeva sua madre e Arturo. Per un attimo, un lampo di colpa lo trafisseun’emozione strana e fugace. La respinse subito.
Ma quel sentimento non svanì. Marcò la sua mente, e i lamenti del cane si fecero più insistenti ogni notte. Il sonno di Luca divenne agitato, i nervi a pezzi. Non poteva sfuggire al rimorso.
Poi, qualche giorno dopo, accadde qualcosa di strano. Arturo scomparve. Luca pensò che il cane fosse scappato, ma quando controllò, trovò segni che aveva scavato sotto il cancello. Il cuore gli si gelò.
Aveva capito? Arturo sapeva cosa aveva fatto?
Settimane passarono, e la vita di Luca sembrò tornare alla normalità. Aveva seppellito il senso di colpa e ripreso le sue relazioni con colleghi e amici. Credeva di aver lasciato il passato alle spalle.
Ma una sera, mentre camminava sulla spiaggia vicino alle scogliere, sentì un latrato familiare. Era Arturo. Luca si bloccò, il cuore in gola, quando vide il cane in cima alla scogliera, nello stesso punto dove sua madre era caduta. Gli occhi di Arturo lo fissarono, pieni di tradimento e accusa. Era come se sapesse la verità.
Le gambe di Luca si fecero pesanti mentre si avvicinava. Respirava a fatica. “Che vuoi?” sussurrò, anche se conosceva la risposta. Arturo era l’ultimo legame con sua madre, e il cane non aveva dimenticato. La fedeltà che un tempo era incrollabile era diventata un fantasma del suo crimine.
Il cane ringhiò, avanzando come per sfidarlo. In quel momento, Luca capì che le sue azioni non erano mai state nascostenemmeno agli occhi del fedele animale che era sempre stato lì. Cercò di toccare Arturo, ma il cane indietreggiò, evitando il suo contatto.
All’improvviso, Luca perse l’equilibrio. Il suo corpo vacillò all’indietro, e prima che potesse reagire, sentì il vuoto sotto di sé. Il suo urlo fu inghiottito dal vento mentre precipitava verso gli stessi scogli che avevano ucciso sua madre. Il suo ultimo pensiero fu per Arturo, che lo fissava dall’altoil suo giudice inflessibile.
Mentre le onde si infrangevano sotto di lui, il destino di Luca De Luca fu sigillato, non dalla ricchezza o dal potere, ma dal ricordo del suo tradimento e dal cane fedele che non aveva mai dimenticato.






