FAMIGLIA

Chi ha parenti, ha sempre casini, dice il proverbio.
Fiorella, nata in un paesino di campagna della Toscana, da bambina sognava di spiccare il volo verso lignoto. Non si vedeva né come casalinga, né come contadina, né come pastora. Quando compì sedici anni, prese un biglietto per Bologna, giurò a se stessa: «non tornerò più in quella landa desolata, avvenga quel che avrà».

Si iscrisse allIstituto tecnico, le assegnarono un lettino nel dormitorio. Dopo due anni trovò lavoro come operatrice di gru a torre.
Era tempo di pensare al matrimonio. Per tre mesi, nei weekend, Fiorella andava con le amiche a ballare nel parco cittadino. Lì conobbe Lorenzo, un giovane che sembrava anchegli in cerca di una sposa. Non ci fu chiacchiericcio, si diressero subito al comune.

Una lettera volò verso il villaggio: «Mamma, papà, mi sposo! Venite!». I genitori non poterono arrivare: il giorno prima avevano già celebrato il matrimonio della figlia maggiore e non potevano più organizzarsi. La madre rispose: «Arriveremo più tardi a vedere i nipotini».

Il matrimonio fu una piccola festa. Poi cominciarono le giornate comuni. Fioretta e Lorenzo si trasferirono nella casa di famiglia: tre camere, una sola cucina. Lorenzo, sua madre, la sorella con il figlio, il fratello con la moglie e Fiorella condividono quel piccolo nido.

Nonostante la stretta, Fioretta e Lorenzo erano felici. A loro fu assegnata la stanza più piccola. La suocera apprezzava la nuora: docile, laboriosa, mai una parola di troppo. Il figlio le era divenuto un tesoro. La suocera aveva cinque figli: due figlie con i mariti vivevano altrove.

La più giovane, Ludovica, fu una fonte di continua agitazione. Portò a termine una gravidanze a sorpresa. Il marito sembrò sparire senza spiegazioni, lasciando solo il ricordo. Lorenzo dovette andare a prendere la sorella con il neonato dallospedale. Uninfermiera, con un sorriso ironico, gli disse: «Ora sarai zio per tutta la vita». Si risero insieme.

Così tutti vivevano e lavoravano in coro, finché le tensioni iniziarono quando Lorenzo riportò a casa la moglie. Ludovica odiò subito Fioretta.
«È arrivata da chissà dove, ha rubato il mio ragazzo!», sbottò con i denti stretti. Fioretta non rispose, sopportò in silenzio. Lorenzo non ascoltò, perché la suocera le chiedeva: «Fioretta, non essere cattiva con Ludovica! È gelosa, sola, sfortunata. Non dirglielo a Lorenzo o si vendicherà».

Fioretta rimase muta. Quando Ludovica insultò la madre, Fioretta difese la suocera, che asciugava le lacrime seduta in cucina.

Al tempo giusto, nacque la figlia Lila. Fioretta si tuffò nellamore materno. Ma Ludovica diventò ancora più furiosa: litigi ogni giorno per ogni scusa. Fioretta, come una tigre, difendeva il proprio piccolo. Le risse tra le donne si fecero più violente; Fioretta denunciò a Lorenzo. Lorenzo, senza pensarci, lanciò un ferro da stiro contro Ludovica. Fioretta rimase attonita; il ferro mancò il bersaglio. Da allora Ludovica rimase in silenzio.

Ludovica aveva amanti, lasciava spesso il figlio Dario alla madre per correre a incontri. Quegli amanti non duravano, Dario era considerato un peso, colpevole della sua solitudine amara. Fioretta, un giorno infuriata, gli gridò: «Dovresti occuparti di te stesso, piccolo bandito!» Dario, allora non ancora dieci anni, era un piccolo scapestrato, rubava monete, sparpagliava il caos.

Ludovica si lamentava: «Vorrei sposarmi, poi mi occuperò di Dario. Stanco di dormire su un letto freddo! Tu con Lorenzo ti addormenti abbracciata».

Quando i genitori di Fioretta vennero a vedere la nipotina Lila, rimasero sbalorditi dalla stretta casa e dai litigi. Il padre consigliò: «Fioretta, torna col papà nella casa di campagna, qui diventerai isterica». La madre sussurrò allorecchio: «Torna, Vanni ci guarda dal cortile, ti accoglierà volentieri con Lila. Non hai dimenticato lamore tra te e Lorenzo?». Fioretta rispose: «Mamma, non sono venuta in città per tornare a fare la contadina. Aspetterò. Presto a Lorenzo, ingegnere, sarà data una casa».

I genitori di Fioretta sospirarono sul destino della figlia e tornarono a casa. Dopo tre anni il posto di lavoro di Lorenzo gli assegnò un appartamento. La felicità traboccò! Entro quel periodo nacque anche il figlio Marco. La famiglia si trasferì nel proprio nido. Vuoto e freddo, ma ormai era casa.

Un anno dopo morì la madre di Lorenzo. Ludovica, dopo la perdita, si sbiancò come la luna, si biasimò per la sua freddezza e per i litigi insignificanti. Le lacrime di rimorso la soffocavano. Andava ogni giorno alla tomba, chiudeva la porta del cimitero e si sedeva sul panchino, fissando un punto. Sistemava il tombino con gelosia, sussurrando a se stessa: «Non chiudere la porta, altrimenti rimarrai lì». «Mi importa poco», rispondeva. Il tempo, come si dice, guarisce.

La vita di Ludovica cambiò: iniziò una relazione seria, si avvicinava al matrimonio. Invitò Fioretta a casa sua, nel piccolo appartamento, per un tè e una chiacchierata. Quando Fioretta stava per partire, Ludovica la fermò: «Aspetta, Fiorettina, voglio chiederti scusa. Ti ho invidiata, era buio dentro di me. Ora vedo che ami davvero Lorenzo. Sono felice per voi. Sei la persona più cara al mondo, ricordatelo». Fioretta rimase sorpresa, guardò la cognata: «Che bella sei adesso, Ludovica!». Ludovica sorrise tristemente e, con dolcezza, le diede un bacio sulla guancia. Fioretta, sbalordita, tornò a casa.

La mattina seguente il fratello minore di Lorenzo telefonò: «Lorenzo, Ludovica non si è più svegliata! È morta nel sonno». Aveva trentasette anni, una malattia al cuore. La seppellirono accanto alla madre, nello stesso recinto.

Per un anno i fiori freschi coprirono la tomba. Il marito non realizzato di Ludovica li rinnovava, poi li sostituì con un grande bouquet di rose artificiali; i fiori veri appassirono per sempre.

Dario rimase un orfano quasi a metà adolescenza, quattordici anni. Si cercò una sistemazione: il padre biologico aveva una nuova famiglia, senza posto per lui. Gli zii volevano mandarlo in un collegio, perché era difficile e turbolento, ma Lorenzo prese una decisione: «Niente collegio! Come può la famiglia abbandonare un nipote quando cè parentesi, ci sono guai. Dario vivrà con noi». Ottenne la tutela legale.

Gli parenti sospirarono di sollievo: «Grazie al cielo, non hanno preso un peso!». Lorenzo e Fioretta accolsero Dario, che portò con sé furti, sgarbi e minacce, ma alla fine crebbe. Si sposò, chiamò il primo figlio Luca, in onore di Lorenzo, e il secondo Marco, in onore di Fioretta. Gli anziani si stupivano: «Che cambiamento per Dario!».

Ancora oggi, al cimitero, i fiori freschi compaiono sulla tomba di Ludovica, offerti da Dario, che ora è adulto.

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