Il peccato altrui

Caro diario, 12 aprile 2025

Oggi ho ancora il ricordo vivido di quando la nostra vicina, Vittoria, fu giudicata dal villaggio lo stesso giorno in cui il suo bambino fu scoperto sotto la maglietta. Quarantadue anni! Vedova! Che vergogna! Il marito, Sergio, era morto da dieci anni, seppellito nella tomba di famiglia, mentre lei, senza un soldo, si era rifugiata nel fienile del paese.

Da chi? sibilavano le donne al pozzo.
Chi lo sa, è una rovinosa! rispondevano ridendo. Tranquilla, modesta ma guarda dove è finita!
Le ragazze vanno a sposarsi, ma la madre passeggia! Che disonore!

Vittoria non rispondeva a nessuno. Tornava dalla posta con la borsa pesante sulla spalla, gli occhi fissi al terreno, le labbra serrate. Se avesse saputo come sarebbe finita, forse non si sarebbe immischiata. Ma come farlo quando la sua sanguinella piangeva a colpi di lacrime?

Tutto iniziò, però, non con Vittoria, ma con la sua figlia più giovane, Giulia.

Giulia non era una bambina: era un vero quadro vivente. Un ritratto del defunto padre, Sergio, che era stato il più bel ragazzo del borgo: biondo, occhi azzurri, il primo a farsi notare. Così anche Giulia era cresciuta con quella bellezza. Il villaggio la guardava con ammirazione. La sorella minore, Caterina, era invece più sobria: capelli castani, occhi nocciola, seriosa e quasi invisibile.

Vittoria non nutriva speranze per le sorelle. Amava entrambe, ma le tirava come una maledizione. Lavorava due turni: di giorno era postina, di sera lavava la fattoria. Tutto per le figlie, per le sanguinelle.

Ragazze, dovete studiare! le ammoniva non voglio che vi ritroiate come me, a trascinare sacchi di sabbia per tutta la vita. Dovete andare in città, cercare gente!

Giulia partì per la città, facile come volare. Entrò allIstituto di Commercio di Firenze e subito fu notata. Inviava foto: al ristorante, in abiti alla moda. Compare un fidanzato: il figlio di un dirigente. Mamma, mi ha promesso un cappotto! scriveva.

Vittoria era al settimo cielo. Caterina, invece, era pensierosa. Dopo la scuola rimase al villaggio e diventò infermiera di reparto. Sognava di diventare uninfermiera, ma i soldi non bastavano. La pensione della vedova e lo stipendio di Vittoria finivano quasi tutti per la vita cittadina di Giulia.

Lestate successiva Giulia tornò. Non più la solita chiacchierona vestita a festa, ma silenziosa, occhi verdi. Restò due giorni nella sua stanza e poi, al terzo giorno, Vittoria la trovò in lacrime sul cuscino.

Mamma mamma è sparita

Le raccontò che il suo fidanzato dorato laveva tradita e abbandonata. Lei era al quarto mese di gravidanza.

Laborto è troppo tardivo, mamma! urlò Giulia. Che faccio? Lui non vuole più sapere di me! Ha detto che se parto non gli darà un centesimo! E lIstituto mi espellerà! La mia vita è finita!

Vittoria rimase paralizzata.

Tu cosa non ti sei protetta? chiese.
Che importa! strillò Giulia. E adesso? Mandarlo in orfanotrofio? O gettarlo nella zucca?

Il cuore di Vittoria si spezzò. Come poteva il nipote finire in orfanotrofio? Quella notte non dormì. Vaga per la casa come unombra. Allalba si sedette sul letto di Giulia.

Andrà tutto bene, disse ferma. Resisteremo.

Mamma! Come? balzò Giulia. Tutti lo sapranno! Che vergogna!

Nessuno lo saprà, tagliò Vittoria. Diremo che è mio.

Giulia non gli credette.

Tuo? Mamma, sei pazza? Hai quarantadue anni!

È mio, ribadì Vittoria. Andrò a vivere da mia zia nella zona, fingendo di aiutarla. Tu torni in città e continui gli studi.

Caterina, che dormiva dietro una sottile parete, sentì tutto. Piangeva a dirotto, pietosa per la madre e disgustata per la sorella.

Un mese dopo Vittoria partì. Il villaggio la dimenticò. Sei mesi dopo tornò, non più sola, ma con una busta blu.

Ecco, Caterina, disse alla figlia pallida, ti presento tuo fratello Michele.

Il villaggio rimase a bocca aperta. Ecco la silenziosa Vittoria! Ecco la vedova!

Da chi? sibilarono di nuovo le donne. Non è forse dal sindaco?

No, è da un agronomo! Un uomo stimato, vedovo!

Vittoria sopportò i pettegolezzi. La vita cominciò, dura da invidiare. Michele crebbe irrequieto, urlante. Vittoria, stanca, continuava a portare la borsa da posta, a lavare la fattoria, e ora a vegliare notti insonni. Caterina aiutava come poteva, lavando biancheria in silenzio, dondolando il fratellino. Dentro di lei ribolliva un fuoco.

Giulia scriveva dalla città. Mamma, come stai? Mi manchi! Non ho soldi, mi tiro a malapena, ma presto ti mando qualcosa! Un anno dopo arrivò denaro: cento euro, e dei jeans per Caterina, due taglie più grandi.

Vittoria girava in tondo. La vita di Caterina, anchessa in caduta libera, attirava sguardi di giovani, ma tutti la rifiutavano. Che valore ha una sposa con un dote così? Una madre sbandata, un fratello di scarto

Mamma, disse Caterina a venticinque anni, raccontiamo tutto?

Che fai, figlia! si spaventò Vittoria. Non possiamo! Romperemmo Giulia! Lei è già sposata, con un uomo buono.

Giulia, davvero, si era sistemata. Finì gli studi, sposò un commerciante, si trasferì a Milano, inviava foto da Egitto, da Turchia. Nessuna domanda su fratello. Vittoria le scriveva: Michele è al primo anno, prende cinque.

Giulia rispondeva con regali costosi ma inutili per il villaggio.

Gli anni passarono. Michele compì diciotto anni. Divenne alto, occhi azzurri come Giulia, allegro e laborioso. Non aveva nulla da chiedere a sua madre. Anche Caterina, ormai quaranta, era diventata capo infermiera dellospedale di zona, soprannominata vecchia spia. Portava il peso di Vittoria e di Michele sulla schiena.

Michele terminò la scuola con una medaglia.

Mamma! Vado a Milano, entro allUniversità di Politecnico! annunciò.

Il cuore di Vittoria sobbalzò. Milano dove era Giulia.

Forse alluniversità regionale? propose timidamente.

No, mamma! Devo farcela! rise Michele. Vi mostrerò io e Caterina! Avrete una villa!

Il giorno in cui Michele superò lultimo esame, una lucida berlina nera si fermò davanti al cancello.

Uscì Giulia.

Vittoria rimase senza parole. Caterina, uscita sul portico, rimase immobile con un asciugamano in mano.

Giulia, quasi quaranta, sembrava uscita da una copertina di rivista. Snella, abito di lusso, tutta doro.

Mamma! Caterina! Ciao! cantò, baciando la sorpresa di Vittoria. Dove…

Vide Michele, puliva le mani con un panno, armeggiando in una stalla.

Giulia si fermò, lo guardò senza distogliere lo sguardo, poi gli occhi le si riempirono di lacrime.

Buongiorno, disse Michele con garbo. Lei è Marina? Sorella?

Sorella ripeté Marina, eco. Mamma, dobbiamo parlare.

Si sedettero nella casa. Marina estrasse una bustina di sigarette sottili.

Mamma ho tutto. Casa, soldi, marito ma i figli non li ho.

Piangeva, stracciando il trucco costoso.

Abbiamo provato tutto. IVF medici inutile. Il marito è arrabbiato. Io non ne posso più.

Perché sei venuta, Marina? chiese Caterina.

Marina alzò gli occhi pieni di lacrime.

Per mio figlio.

Sei impazzita?! Che figlio?!

Mamma, non urlare! alzò la voce anche Giulia. È mio! Lho partorito! Gli darò la vita! Ho contatti! Lo farò entrare in qualsiasi università! Gli comprerò un appartamento a Milano! Il marito è daccordo! Gli ho detto tutto!

Tutto? balbettò Vittoria. Gli hai raccontato di noi? Di come ci hanno stigmatizzato? Di Caterina

Che dire di Caterina! respinse Giulia. Sta lì in paese a spazzare! Michele ha una chance! Mamma, restituiscimi il figlio! Mi hai salvato la vita, grazie! Ora restituiscimi il bambino!

Un figlio non è un oggetto da restituire! gridò Vittoria. È mio! Lho allevato di notte! Lho cresciuto!

Allora entrò Michele, ascoltò tutto, pallido come una tela.

Mamma? Caterina? Di che cosa parla? Quale figlio?

Michele! Il bambino! Io sono tua madre! Capisci? È tuo sangue!

Michele fissò Marina come un fantasma, poi guardò Vittoria.

Mamma è vero?

Vittoria si coprì il volto e piangeva a dirotto.

Allora scoppiò Caterina. La silenziosa Caterina si avvicinò a Marina e le diede una sberla così forte che la donna volò contro il muro.

Bestia! urlò Caterina, con tutta la rabbia di diciotto anni di umiliazione, di una vita spezzata, di un odio verso la madre. Madre? Che sei tu per lui?! Lhai gettato via come un cucciolo! Sapevi che la gente del villaggio non poteva più guardare la mia madre? Hai puntato il dito contro di noi! Hai pensato che il tuo peccato mi avrebbe lasciata sola, senza marito, senza figli! E adesso torni per prenderlo?!

Caterina, basta! sussurrò Vittoria.

Basta, mamma! Basta! ribatté Caterina, rivolgendo lo sguardo a Michele. È tua madre! Quella che ti ha spinto su mia madre, così da poter fare affari a Milano! E ora è tua nonna!

Michele rimase in silenzio a lungo, poi si avvicinò lentamente a Vittoria, si inginocchiò e la abbracciò.

Mamma sussurrò. Mamma mia.

Alzò lo sguardo verso Marina, che si teneva la guancia, scivolando contro il muro.

Non ho madre a Milano, disse con voce ferma. Ho una sola madre. È questa. E una sorella.

Si alzò, prese la mano di Caterina.

Tu zia andate via.

Michele! Figlio mio! strillò Marina. Ti darò tutto!

Ho già tutto, rispose Michele. Ho mamma. Ho sorella. Non avete nulla.

Marina se ne andò quella sera, il marito non uscì dallauto. Si dice che un anno dopo labbandonò, trovò unaltra donna che gli diede un figlio. Marina rimase sola, con i soldi e la sua bellezza.

Michele non andò a Milano. Entrò alluniversità regionale, divenne ingegnere.

Mamma, mi serve una casa nuova, disse.

Caterina che fine ha fatto? Dopo quella notte, come se una valanga lavesse travolta, rinacque. A trentotto anni attirò lo sguardo dellagronomo di cui tutti parlavano, luomo stimato, vedovo.

Vittoria li osservava e piangeva ma ora di gioia. Sì, il peccato cè stato, ma il cuore di una madre è più grande di ogni colpa.

La lezione che ho imparato, caro diario, è che il peso del passato può schiacciare, ma il perdono e la compassione sono le chiavi per spezzare il ciclo di dolore. Solo così si può ricostruire una vita, anche quando tutto sembra crollare.

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