“Natascia Stepanovna, non vivrò più con vostro figlio, e glielo dite pure!” disse Lucia.
“E con chi vivrai allora? Chi ti vorrà con una bambina? Non vedo certo una fila di principi dietro il tuo cancello,” borbottò la suocera.
Lucia stava mettendo in ordine le cose di sua figlia. Le sue già le aveva sistemate nella borsapoco, solo lo stretto necessario. Il resto lo avrebbe organizzato dopo.
I suoi movimenti erano calmi e metodici: infilò nella borsa un completo caldo per Sofiaun altro segno mentale. Poi le scarpineecco, unaltra cosa sistemata.
Non piangeva più, non era più in ansia. Una notte insonne le era bastata per decidere: lei e Carlo dovevano separarsi.
Lo sentì quando rientrò a casa. Sbirciò nella camera da letto e, non trovandola, aprì la porta della stanza della bambina. Lucia finse di dormire.
La mattina, prima di uscire per lavoro, Carlo si fermò anche lui davanti alla porta di Sofia. Esitò, barcollò un po, ma non osò entrarerimandò il discorso con la moglie alla sera.
Ma quel discorso non ci sarebbe mai stato, perché Lucia avrebbe chiamato un taxi tra mezzora e sarebbe partita con la piccola Sofia per casa dei suoi genitori.
Dopo quello che era successo il giorno prima, non voleva più parlare con Carlo, né tantomeno vederlo.
Si era abituata al fatto che tornasse ubriaco ogni venerdì. Ma ieri era mercoledì. E poi, quella mattina stessa, gli aveva chiesto di rientrare prima per badare alla figlia mentre lei incontrava unamicaValeria le aveva promesso un lavoro da remoto.
Non osò lasciare Sofia con lui in quello stato e chiamò Valeria per rimandare. A Carlo non piacque.
“Con chi stai parlando? Che incontro sarebbe questo?” le urlò contro.
“Con Valeria. Avevamo un appuntamento, ma non posso lasciarti Sofia così.”
“E perché no?”
“Guardati allo specchioche aspetto hai! Vai a dormire, domani hai lavoro!” rispose Lucia, girandogli le spalle per andare in cucina.
“Fermati!” gridò lui, afferrandole il braccio. “Che cè che non va con me, eh? Siamo usciti con gli amici, ieri era il compleanno di Vittorio. Non fare la principessa! Decido io come tornare a casa. Chiaro?”
Lucia cercò di liberarsi:
“Lasciami! Mi fai male! Hai completamente perso la testa!”
Si divincolò e Carlo barcollò, quasi cadendo.
“Ah, così è!” urlò, e il suo pugno le colpì il naso.
Lucia si portò le mani al viso. Carlo, forse sorpreso da se stesso, mollò la presa e cercò di dire qualcosa. Ma lei si voltò e andò dalla figlia.
“Fai la principessa!” urlò ancora lui, prima di sgattaiolare fuori di casa.
“Principessa” era il soprannome che le aveva dato la suocera. Fin da subito, Natascia Stepanovna non aveva approvato Lucia.
“Ventun anni e ancora sulle spalle dei genitori. Studia! Io alla sua età avevo già un figlio e un altro in arrivo!”
“Un marito, una casa, lorto, le faccende! E lei studia! Una principessa! Ti farà penare, Carletto. Scegliti una ragazza più semplice!”
Neanche i genitori di Lucia erano entusiasti del genero.
“Lucia, dove corri? Carlo non è lultimo uomo sulla terra! Sei innamorata? Bene, frequentatevi, potete anche convivere, anche se sai che non sono daccordo.”
“Non sposarlo subito! Pensa: sei pronta a passare la vita con lui? Guarda comè la sua famiglia, poi decidi.”
E Lucia aveva deciso. Che la sua scelta fosse sbagliata, lo capì dopo sei mesi. Avrebbe potuto andarsene. Ma, prima di tutto, le vergognava ammettere che i genitori avevano ragione. E poi, era già incinta.
La nascita di Sofia non cambiò Carlo. Continuava a credere che le faccende domestiche e la bambina fossero affari di sua moglie.
Se non cera la cena pronta o la casa in ordine, la sua stanchezza, la malattia della figlia o qualsiasi altra scusa non contavano.
“Non riesci a gestire una bambina sola? E le altre donne come fanno? Probabilmente dormi mentre io lavoro!”
“Non è possibile che in un giorno intero non trovi il tempo di andare al supermercato e cucinare,” le rimproverava.
“A Sofia stanno spuntando i dentini, è irritabile, non posso cucinare con lei in braccio. Ho ordinato la spesa a domicilio. Puoi almeno farti dei tortellini? O tieni tu la bambina mentre preparo la cena.”
Insomma, le illusioni erano svanite da tempo. Lucia pensava sempre più spesso che sua madre avesse ragione quando le consigliava di non sposarsi in fretta e di osservare bene la famiglia di Carlo.
Qualche volta aveva anche provato ad andarsene, ma Carlo prometteva di cambiare e che tutto sarebbe andato bene. Lei ci credeva e sperava ancora.
Ma dopo ieri, quando per la prima volta le aveva alzato le mani, Lucia capì che non poteva più sopportare.
Sì, sarebbe stata umiliante davanti ai suoi genitori, ma vivere con un uomo capace di picchiarla non era unopzione. Soprattutto, non voleva che Sofia crescesse in quellambiente.
La madre di Lucia vide dalla finestra un taxi fermarsi davanti a casa. Ne scese sua figlia con Sofia in braccio.
“Luigi, guarda, è arrivata Lucia. Con le valigie. Vai, aiutala con la borsa,” disse al marito.
Quando Lucia entrò e si tolse gli occhiali scuri, i genitori rimasero senza fiato: locchio sinistro gonfio, un livido violaceo sotto.
“È stato Carlo?!” esclamò la madre.
Lucia annuì.
“Adesso gliene dico quattro,” ringhiò il padre, facendosi verso la porta.
“Papà, no, non serve,” lo fermò la figlia. “Lo punirò a modo mio. Ma aiutami a recuperare le nostre cose e il lettino di Sofia dalla sua casa.”
Andarono il padre e lo zio, fratello maggiore di lui, e poi il padre accompagnò Lucia al pronto soccorso.
“Se vuoi denunciare Carlo, il certificato del pronto soccorso non basta, devi andare allufficio di medicina legale,” spiegò lo zio.
“Ci andiamo domani,” disse il padre. “Bisogna prenotare.”
Carlo tornò dal lavoro con un mazzo di fiori per la moglie e un giocattolo per la figlia. Ma in casa non cera nessuno. Anzi, mancavano le loro cose e il lettino di Sofia.
Provò a chiamare Lucia, ma il telefono era spento. Allora chiamò la suocera.
“Sì, Lucia e Sofia sono qui. Ma tu è meglio che non ti faccia vederea mio marito prudono ancora le mani. Lucia chiederà il divorzio lei stessa.”
Carlo continuò a provare. La aspettò persino fuori casa dei suoceri. Ma lei non rispose alle chiamate, e se usciva con Sofia, rimaneva nel cortile.
Dopo una settimana, Carlo ricevette i documenti del divorzio. Allora entrò in scena lartiglieria pesante: la suocera, Natascia Stepanovna.
“Mamma, non voglio parlarle,” disse Lucia.
“Invece credo che dobbiate chiarirvi,” rispose la madre. “Andiamo, non la inviteremo in casa, Sofia dorme, parleremo in cortile.”
“Divorzi, eh?” attaccò subito la suocera. “Se non va come vuoi tu, corri subito a denunciare?”
“Carlo mi





