Caro diario,
Fin da piccola la piccola Ginevra, accompagnata da mamma e papà, fu portata al matrimonio della cugina a Napoli. Allinizio tutto sembrava divertente, ma presto la bambina notò gli sposi, stanchi e provati da interminabili urla di amaro, seduti al tavolo senza neanche un sorriso. Intorno, gli invitati saltavano dalle sedie, ballavano, cantavano e urlavano a piena voce.
Quegli schiamazzi la stancarono; con soli dieci anni decise che non voleva più vedere un matrimonio così. Provò pietà per lo sposo e la sposa.
Se dovessi mai sposarmi, forse è meglio non farlo affatto
Il tempo passò, Ginevra crebbe e, quando incontrò il mio Marco, dimenticò quel dubbio. Accanto a lui il mondo svaniva: eravamo solo noi due.
Che bello quando cè qualcuno che capisce un pensiero o anche solo uno sguardo, pensavo ogni notte prima di addormentarmi. Sono felice di aver trovato Marco.
Capii presto che lamore per Marco era quello vero: lo amavo per la sua fedeltà, per il modo in cui mi adora e mi spolvera via ogni granello di dubbio.
Con Marco cè fiducia e totale comprensione, gli raccontai alla mia amica Loredana, e soprattutto rispetto per le mie opinioni, anche quando non coincidono con le sue.
Loredana mi rispose: Sei fortunata, Ginevra, è raro trovare unintesa così completa. Io e il mio Andrea siamo sempre in lotta, ognuno con le proprie complicazioni, e non so nemmeno se voglio sposarmi.
Le dissi: Vedrai, il tempo sistemerà le cose, non sei pronta ad ora.
Loredana sospirò: Mia madre non vuole che io mi affretti, non le piace il nostro Andrea.
Marco e io capimmo subito che sì era inevitabile, quindi ci avvicinammo alla registrazione con la leggerezza di chi lo sa già.
Ginevra, credo sia giunto il momento di sposarci, mi propose Marco mentre mi accompagnava a casa. Che ne pensi?
Penso che sia giusto, ma non sono sicura di come organizzare il ricevimento. Non voglio invitare una folla di gente, ricordavo allora quel matrimonio da bambina dove avevo già deciso che non lo avrei voluto così.
Marco rise, capendo il mio punto di vista.
Va bene, ma perché ti preoccupi? Non deve per forza essere così.
Voglio una cerimonia solo per noi due, senza urla e confusione.
Anche a me non piacciono le masse, rispose lui. Mi spinse leggermente verso lingresso e mi disse di andare a dormire, domani ne parleremo.
Non dormii quella notte; lidea di un matrimonio tranquillo mi assillava. Avevamo ventisei e ventotto anni, ormai più maturi di ventanni. Dopo il lavoro, ci ritrovammo in un bar a Firenze a discutere ancora.
Marco, continuo a pensare che la cerimonia debba essere solo per noi due, dissi.
Per due, che romantico! esclamò Marco. Immagina un grande salone, tavoli apparecchiati, luci soffuse, noi due: io in frac, tu in abito bianco, candele che brillano e musica delicata Brinderemo con spumante e ci faremo gli auguri.
Non scherzare, è serio, voglio davvero una cerimonia intima, ribattei. Ma poi mi chiesi: come spiegheremo tutto ai nostri genitori?
Marco ammise: I miei genitori sono tradizionalisti, il loro unico figlio e tu sei lunica figlia dei tuoi.
Esatto, è la nostra vita, ma loro decidono, risposi un po irritata.
Le tradizioni sono radicate, concluse Marco.
Io ribattei: Le tradizioni non mi servono. Vorrei sposarmi in una piccola chiesa di montagna, dimenticata, e celebrare lì.
Anche una benedizione, allora? si stupì lui.
Alla fine Marco propose: Facciamo una semplice registrazione e poi partiamo per una luna di miele, così saremo solo noi due.
Ma una luna di miele non è un matrimonio, voglio la cerimonia per due.
Marco sorrise: Va bene, proviamo a spiegare ai nostri genitori. Posso indossare il frac, tu il tuo abito bianco, anche se fosse un semplice vestito con jeans, limportante è stare insieme.
Io ribattei: No, niente jeans! Voglio il vestito bianco e tu il frac. Immagina: la registrazione al municipio, tu mi sollevi e mi porti su una barca a vela
Marco rise: Che idea!
Una settimana dopo, di nascosto, abbiamo presentato la domanda al municipio di Roma. Mancavano due mesi al giorno del sì, ma ancora non sapevamo come organizzare il matrimonio. Speravamo di decidere entro allora.
Una sera, mentre pioveva a Venezia, la madre di Marco, Anna, entrò nella nostra stanza:
Buona sera, ragazzi, ho sentito parlare di spumante, stavate per festeggiare?
È il nostro terzo anniversario, rispose Marco.
Pensavo foste pronti a sposarvi disse Anna con un sorriso enigmatico, notando il modulo di registrazione.
Marco chiese: Come fai a sapere tutto? Hai i contatti in città?
Anna rispose scherzando: E tu, pensavi di vivere con me?
Alla fine ammettemmo: Abbiamo fatto la domanda, ora stiamo pensando al matrimonio.
Anna intervenne decisa: Pensate a noi, genitori, per decidere. Comprate labito, gli anelli e il frac per Marco.
Marco, con voce bassa, aggiunse: Non vogliamo una festa sontuosa, solo noi due.
Anna ribatté: Una cerimonia è una cerimonia, non può mancare.
Il padre, Roberto, entrò con tono allegro:
Ho sentito parlare di un matrimonio? Finalmente!
Marco rispose: Vogliamo una cerimonia per due, mamma è sconvolta.
Roberto alzò la voce: Non è nostra usanza, dobbiamo vedere nostro unico figlio in un grande ristorante con tutti gli invitati.
Marco si infiammò: Perché dovremmo seguire le vostre voglie e non i nostri desideri?
Roberto silenziò e uscì.
Marco, prima di andarsene, disse: Ora tocca a te parlare con i tuoi genitori, vedremo cosa diranno.
Al ritorno a casa, la madre di Ginevra era preoccupata:
Cosa succede, cara? Hai di nuovo un mal di cuore?
No, è lanima, mi ha chiamata Anna, dice che non volete il matrimonio per due.
Roberto intervenne: Le tradizioni non si possono infrangere, tutti devono fare come si deve.
Ginevra cercò di spiegare: Non voglio rovinare il giorno più importante della mia vita.
Roberto concluse: Allora avremo una cerimonia tradizionale, poi la vostra vacanza in barca.
Accettai la realtà: i genitori avrebbero deciso, con i loro invitati numerosi. Quando Marco raccontò il nostro progetto al suo amico Sergio, questultimo commentò:
Pensavo saremmo andati al cinema, come si deve
Marco rispose: I genitori hanno la meglio, faranno a modo loro.
Mancavano pochi giorni al matrimonio. I genitori chiedevano solo: Che fiori, bianchi o rosa? Quanti invitati? avevano già deciso per duecento persone.
Marco e io ci guardavamo stupiti:
Avevamo immaginato un ricevimento intimo, disse Marco.
Non preoccuparti, sistemeremo tutto, il giorno dopo vi porteremo allaeroporto per la vostra fuga al mare, promise Roberto.
Il grande giorno arrivò. Quando uscii dalla mia auto, indossando un abito bianco scintillante, Marco, in frac, mi aspettava. Latmosfera festosa mi travolse, ma la gioia era pura.
Quanto adoro questo trambusto, pensai, osservando parenti, amici e amiche.
Il ricevimento fu in un elegante ristorante di Roma, le pareti ornate di fiori bianchi, le risate echeggiavano e tutti gridavano amaro al brindisi. Io, Ginevra, ero felice, e Marco altrettanto, perché la sua felicità dipendeva dalla mia.
Verso lora di partire, eravamo già in volo verso la nostra meta:
È stato così veloce e meraviglioso, dissi, mentre laereo si alzava.
Riflettendo su tutto, ho capito che lamore vero trova un equilibrio tra desideri personali e radici familiari. La lezione che porto con me è che rispettare le tradizioni non deve annullare i sogni: bisogna saper negoziare, ascoltare e, soprattutto, non dimenticare mai che il giorno più importante è quello in cui due cuori si promettono felicità, qualunque sia la forma del festeggiamento.




