Quando compii quindici anni, i miei genitori decisero che era assolutamente il momento di avere un altro bambino.

Quando compi quindici anni, i miei genitori decidono che è indispensabile avere un altro figlio. Così nasce Luca, il mio fratellino, e subito tutta la responsabilità di curarlo e di tenere in ordine la casa ricade su di me. Non ho più tempo per i compiti, gli insegnanti mi rimproverano per i voti bassi e, nella più crudele delle battute, mio padre mi lancia: Finché Luca non avrà finito la scuola, non pensare nemmeno a uscire con un ragazzo!. Devo prendere una decisione radicale.

Il giorno del suo arrivo, tutti ci fanno i complimenti, ma io non riesco a sentire festeggiamenti. Preferisco non rivivere questo ricordo, eppure è quello che devo raccontare. La madre è felice di avere una figlia, ma non per amore: mi vede come una babysitter gratis. Quando Luca compie un anno, lei smette di allattarlo da un giorno allaltro e parte a lavorare a tempo pieno. La nonna arriva al mattino, ma al mio ritorno da scuola è già addormentata o è tornata a casa. Luca è nelle mie mani, piange incessantemente e io non riesco a calmarlo.

Non ho più un attimo per me. Devo cambiare i pannolini, lavarlo, nutrirlo e preparare cibo fresco ogni giorno. Quando i genitori tornano la sera e vedono piatti sporchi o vestiti stropicciati, mi accusano di pigra e di sfruttatrice. Solo allora, finalmente, riesco a sedermi sui compiti, ma a scuola i risultati sono pessimi. Per pietà gli insegnanti mi regalano solo dei tre, e io ricevo ancora più rimproveri.

Lavatrice lava, lavastoviglie lava, e tu cosa fai tutto il giorno? Pensi solo alle feste! urla mio padre, mentre mia madre annuisce, come se avesse dimenticato cosa significhi trascorrere qualche ora con un bambino agitato e fare la casa.

È vero, la lavatrice lava, ma bisogna ancora avviarla, stendere i panni e stirare quelli di ieri. Il lavastoviglie non lo possiamo usare di giorno: consuma troppa elettricità, così i piatti dei bambini li lavo a mano. Nessuno invidia il mio continuo pulire il pavimento, perché Luca è sempre in movimento, gattonava e correva dappertutto.

Le cose migliorano un po quando Luca inizia lasilo. I genitori insistono che lo prenda e lo nutrisca al ritorno a casa, così riesco a rubare qualche ora pomeridiana per me stessa. Mi impegno di più a scuola e riesco a diplomarmi senza più quei tre.

Sogno di studiare biologia, lunica materia che mi appassiona. I genitori, però, non approvano. Luniversità è nel centro di Milano, ci metti unora e mezza di treno. E quando torni? Luca deve essere preso, e poi devi prenderti cura di lui. Non parlare di nulla! mi rispondono, senza lasciare spazio a negoziati.

Così, il loro rigido volere mi spinge verso la scuola più vicina: una scuola professionale di cucina, dove divento pasticcera. Ricordo a malapena il primo semestre, mi sentivo schiacciata. Poi però mi sono applicata, ho iniziato ad amare la preparazione di torte, biscotti e dolci vari.

Dal secondo anno lavoro parttime, nei weekend, in un bar vicino al nostro appartamento. Allinizio i genitori si lamentavano perché non ero a casa, ma il piccolo spazio di libertà mi bastava. Dopo la maturità, vengo assunta a tempo pieno.

Poco dopo arriva un nuovo chef al bar. Iniziamo a vederci più spesso la sera, e i genitori tornano a inveire, a sbraitare. Diverse volte mio padre, al termine del turno, mi segue per impedirci di uscire insieme. Un giorno organizzano un raduno di famiglia: invitano la nonna, la zia e il marito della zia, mi mettono al centro della stanza e mi comandano di dimenticare fidanzati, uscite e qualsiasi conversazione.

Ti licenzi dal bar! sgrida la zia. Ho trovato per te un lavoro come aiuto cucina nella scuola di Luca.
La notizia migliore di oggi! esclama la madre, felice. Luca sarà sempre accompagnato, e il pomeriggio potrai tornare subito a casa. Avrai tempo per aiutarci.

Abbandonare il bar dove ero stimata, pagata e dove il mio ragazzo lavorava? Immagino la mia vita futura: una mensa scolastica triste, con spezzatino scivoloso e lasagne appiccicose, serate di faccende domestiche, tutta dedicata a Luca.

Finché Luca non avrà finito la scuola, non sognare neanche di un ragazzo! ribadisce mio padre, con la voce di un giudice.

Il giorno dopo racconto tutto al mio ragazzo e tramiamo un piano. Da tempo vuole aprire il suo caffè, ma gli mancano i fondi. Cerchiamo un prestito in banca o investitori, ma i genitori mi chiedono di finire due settimane di lavoro prima di dare le dimissioni. Accettano il periodo di preavviso.

Il credito non arriva, ma un amico del ragazzo, manager di un grande ristorante, gli propone un progetto a Roma. Si reca lì per un colloquio, convince il capo e, tramite videochiamata, mi presenta. Durante la chiamata, il mio amore mi manda le sue torte in una borsa termica per assaggiarle.

Lultimo giorno di lavoro la tiro prima. Torno a casa, prendo una valigia, metto i documenti e i risparmi, e prendo il treno per Roma.

Ora vivo la mia vita, dedicata a chi scelgo, non più a chi mi ha obbligata. Amo ancora Luca e spero davvero di costruire un rapporto migliore con lui. Non porto rancore verso i genitori, ma so che se avessi continuato a vivere sotto lo stesso tetto, sarei rimasta intrappolata nella loro tirannia. Non sono più abbastanza forte da difendermi, perciò ho dovuto fuggire. Confido che nella nuova città tutto si sistemerà e che, finalmente, saremo felici.

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