La Bambola Magica

Rita ricevette in dono da unamica una piccola gattina grigia, di nome Loredana. La giovane donna la trovò subito adorabile.
Ti chiamerò Loredana, decise Rita. Loredana, disse accarezzandole la testa.
La gattina accettò il nuovo nome, che le piaceva più del semplice gattina. Loredana gironzolò lentamente nella sua nuova dimora, trovandola tutta accogliente, tranne un piccolo inconveniente.

Ogni mattina incontrava in cucina un uomo arrabbiato, il marito Vincenzo, che non sembrava gradire la presenza della gattina. Borbottava continuamente e la cacciava via dal divano, che Loredana aveva scelto come suo posto preferito.
Quando Vincenzo usciva, però, Loredana si divertiva con Rita, giocando con i giocattoli che questultima le aveva regalato. A volte si chiedeva perché la sua padrona, così gentile e splendida, non avesse un bambino maschio o femmina con cui la vita sarebbe stata più animata. Capì allora che con un uomo così scontroso non era certo facile pensare a figli, perché lui si curava solo di sé.

Rita, la tua gattina è ancora sul mio pantalone, è tutto pieno di peli! Puliscilo, altrimenti è imbarazzante andare al lavoro con così, sbottò Vincenzo.
Va bene, lo pulirò, ma non lasciarla più sul divano, rimetti tutto al suo posto, rispose Rita, sistemando i pantaloni con un rullo.

Arrivò la primavera e Rita avvisò Loredana che sarebbero andate al loro casale di campagna.
Ti piacerà, potrai distenderti sullerba, ascoltare gli uccelli e mangiare ogni giorno bacche mature.

Loredana era colma di aspettative. Il casale, immerso nei dintorni di Como, era davvero incantevole. Loredana corse tra i fiori, annusò i primi boccioli primaverili, così profumati! Acciaccò il naso un paio di volte, si rotolò nellerba e inseguì un passero comparso dal nulla, che saltellava da un ramo allaltro come a prenderla in giro. Loredana saltava, ma non riusciva a prenderlo.

Loredana, è ora di pranzo, chiamò Rita.
Sulla soglia cera una tazza di latte e una fetta di salsiccia. Prima che Loredana potesse finire, comparve Vincenzo, nervoso.
Fuori, non intralciare i miei passi, sbottò, spingendo la gattina fuori dalla porta.

Loredana non si offese; era ormai abituata alla durezza di quelluomo. Si rifugiò sotto una pergola, dove Rita le porse un vecchio maglione di lana.
È tuo, sdraiati su di esso e avrai sempre caldo, disse, e se ne andò.

Quella giornata fu piena di lavoro per Rita; Loredana rimase quasi sola, tranne il passero, che era tornato e, nonostante avesse una grande famiglia, preferiva ancora stare con lei.

Il tempo al casale scivolava veloce. Prima di accorgersene, arrivò agosto, il mese delle abbondanti raccolte. Loredana riceveva ogni giorno dolci bacche mature dalla padrona, che la nutrivano con piacere, così come i freschi cetrioli dal orto.

Il marito, però, brontolava ancora, chiamandola gallina pigra.
Presto i topi correranno per casa, e tu non farai nulla. Vai a prenderli! ordinò.

Loredana, ancora cucciola, non sapeva catturare i topi, ma in un solo giorno ne prese due, li pose sulla soglia per far vedere a Vincenzo che non era affatto pigra.

Lautunno si avvicinava e, un giorno, Rita si ammalò gravemente e fu portata in ospedale a Milano. Loredana rimase sola al casale, triste, senza sapere cosa fosse successo alla padrona. Nessuno più si occupava di lei; doveva procurarsi il cibo da sola. Vincenzo veniva di rado, buttava un po di cibo secco nella pergola e se ne andava. I giorni divennero duri, e solo il passero le teneva compagnia.

A novembre ne cadde la prima neve, il freddo si fece pungente. Loredana trascorreva ore nella pergola, spenta, quasi senza speranze. Poi un giorno arrivò Vincenzo, ma non era da solo: un uomo sconosciuto lo seguiva. Dopo aver ispezionato la casa, luomo notò Loredana.
Che fa questa gattina qui? Non sopravviverà al freddo, morirà di fame.
Non ho dove portarla, mia moglie è in ospedale e io lavoro tutto il giorno, rispose Vincenzo.
Luomo scrollò le spalle, sorpreso:
E la povera bestia? Non vi importa? chiese.
Rimarrà qui. Se vuoi, portala via, mormorò Vincenzo, passando le chiavi a quel nuovo proprietario.

Il nuovo proprietario lasciò una fetta di salame secco e un po di pane. Loredana sopravvisse per qualche giorno, ascoltando il cinguettio del passero, ma il suo spirito si affievoliva.

Intanto Marco, che aveva comprato il casale dal consorzio del giardino, decise di trascorrere il weekend lì, sciando e pensando alla gattina abbandonata.
Come sta? Speriamo solo che mi trovi, pensava.

La strada per il consorzio era poco pulita, coperta di neve. Marco parcheggiò lauto sul marciapiede e, con gli sci, si diresse verso la sua nuova casa di campagna. Dopo una lunga camminata, vide il casale quasi sepolto dalla neve e la pergola. Scavò la porta con i piedi e si introdusse.

Loredana, dove sei? Sei viva, piccola? chiamò, aprendo la porta della pergola.

Sul banco cera una vecchia felpa di lana e, spuntava un piccolo coda grigia. Marco la sollevò; la gattina era stremata, senza forze per parlare. Allora udì il cinguettio del passero, che era rimasto sulla soglia. Loredana aprì gli occhi, smarrita ma viva.

Sei viva, tesoro mio, esclamò Marco, le lacrime agli occhi. Vieni, mangia.

Con delicatezza pose davanti a lei un pezzetto di polpettina e un bicchierino dacqua. Loredana, attirata dallodore, iniziò a mangiare timidamente. Il passero, accanto, cinguettava approvando. Marco offrì anche un pezzetto di pane al piccolo uccello.

Dopo il pasto, Marco avvolse Loredana in un asciugamano di spugna, lo stesso che aveva portato da casa, e la strinse al petto.
Addio, amico, salutò il passero, lanciando i briciole sul banco.

Marco portò subito la gattina al veterinario di Como. Il dottore constatà che era molto debole e consigliò di farla ricoverare. Dopo una settimana di cure, Loredana fu dimessa e Marco la portò a casa, dove sua moglie Irene le preparò una cuccia accogliente e nuovi giochi. Finalmente Loredana aveva una famiglia che la amava.

Una settimana più tardi, Rita, ormai guarita, chiamò Marco per sapere della sua gattina. Scoprì della crudeltà di Vincenzo e fu sollevata che Loredana fosse salva. Non chiese di riaverla, perché il suo cuore sapeva che aveva trovato nuovi padroni buoni.

Questa vicenda dimostra che, anche nei momenti più bui, esistono persone dal cuore gentile pronte a tendere la mano a chi è in difficoltà. La vera bontà, come un raggio di sole in una giornata dinverno, trova sempre la via per riscaldare chi ne ha più bisogno.

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