Quando ami veramente, perdi la testa e il cuore

Quando ami davvero, perdi la testa

Ginevra, che ne dici di tornare a vivere in campagna? Non riesco più a ambientarmi in città, sono tre anni che siamo qui e mi sento ancora straniera. Allaria aperta è tutto più sano, e chissà, magari potremmo anche avere un bambino proponeva Giovanni alla moglie.

Davvero, Giovanni, ieri ho pensato anchio a questa cosa. Tornerò a insegnare alla scuola di nuovo, e forse un cambiamento di scenario ci farà bene rispondeva Ginevra.

Ginevra, sei la mia vita, è deciso!

Giovanni e Ginevra si erano sposati quattro anni prima. Dopo la laurea, Ginevra era venuta a vivere con lui nel piccolo borgo di Montelupo e aveva cominciato a insegnare nella scuola del paese. Lì è sbocciato il loro grande amore e poi si sono uniti in matrimonio.

Dopo un anno trascorso insieme in campagna, Ginevra ha dovuto tornare in città perché la madre, gravemente malata, ha chiesto aiuto. Un anno fa la madre è venuta a mancare.

Giovanni e Ginevra vivono serenamente, si vogliono bene, ma il nodo è lassenza di figli, desiderio di entrambi. Ginevra ha fatto tutti gli accertamenti, i medici assicurano che tutto è a posto.

Così hanno fatto le valigie in fretta, hanno affittato un furgone e si sono trasferiti nella casa di campagna della madre di Giovanni, che viveva sola.

Grazie al Signore, esclamò con gioia Silvana, la suocera, non ci volevate più? Ho pregato Dio e finalmente mi ha ascoltata. La stanza è libera, potete occupare, cè spazio per tutti. Qui abbiamo vissuto bene, ma tuo padre, Giovanni, è morto un anno fa Mi manca. Ho chiesto al Signore di farvi tornare, e guarda dove siete ora.

Giovanni ha trovato di nuovo lavoro nelle officine agricole del villaggio, è stato accolto a braccia aperte; Ginevra è tornata a insegnare.

Buongiorno, Prof.ssa Anna Bianchi, salutò con entusiasmo il direttore della scuola, il signor Federico De Luca. Che bello rivedervi! Cè un posto libero, non tutti vogliono trasferirsi in provincia.

Il venerdì sera Silvana ha organizzato una cena a casa sua, sapendo che i vicini, gli amici di Giovanni, la gente del paese e i genitori degli alunni avrebbero partecipato. Tutti erano contenti del ritorno della cara Ginevrina, così la chiamavano affettuosamente. Il più felice di tutti era Sergio, un vecchio compagno di scuola che Ginevra aveva salvato dal barile, cioè dallalcolismo.

Nessuno al villaggio credeva davvero che Sergio avrebbe smesso di bere, ma Ginevra ha creduto in lui e lha aiutato. Sergio è sbucato nel cortile di Silvana, ha visto Giovanni e suo fratello maggiore, li ha abbracciati forte, dimenticandosi persino di salutare.

Giovanni, è vero? La voce ha girato per il villaggio, che siete tornati con Ginevrina. Capisco, sei un figlio di questa terra, ma lei è una maestra di città!

Sì, torniamo per sempre, rispose Giovanni battendo la spalla di Sergio.

E dove è Ginevrina? chiese Sergio entro la casa.

Giovanni annuì, Sergio entrò di corsa, vide subito Ginevra, la prese in braccio, la girò un paio di volte e la posò delicatamente sul pavimento.

Ginevrina, Ginevrina Bianchi, che gioia rivederti! esclamò.

Giovanni, appoggiato alla porta, sorrise.

Finalmente ho capito tutto, vi aspetto a casa nostra per una visita. La nostra Viola sarà felice. Devo correre a casa, ho promesso alla moglie di stare con la figlia. Domani vi aspettiamo, non mancate, salutò, uscendo di corsa.

Non beve più? chiese Ginevra alla suocera.

No, da quel giorno non ha più toccato una bottiglia. Ama la sua bambina, quasi due anni ormai.

Come lhai chiamata? domandò Silvana.

Ginevra, non è difficile indovinare, rise Silvana. E la stessa per me?

Non come te, ma in tuo onore, rispose Sergio, ti sei dimenticata di come ti prendeva cura Nessuno credeva che potessi trasformarlo in un uomo onesto.

Il giorno dopo Ginevra e Giovanni andarono a far visita a Sergio. La moglie di Sergio, Maria, era già occupata a apparecchiare la tavola, e da una piccola stanza uscì una bambolina dai riccioli simili a quelli di Sergio, occhi azzurri e guance paffute, timida ma curiosa.

Guarda, figlia, chi è venuto a trovarci, disse Sergio, lo zio si chiama Giovanni, e la zia, come te, Ginevrina.

Ciao, Ginevrita, si sedette accanto a lei Ginevra, porgendole la bambola.

La bambina strinse la bambola al petto, prese la mano di Ginevra e la condusse nella sua stanza.

Hai fatto perdere la testa a Giovanni, rise Sergio, la nostra piccola ladora. Si nasconde dietro di noi, ma tu, Ginevra, hai portato luce nel suo cuore.

Nel pomeriggio arrivarono altri parenti di Sergio e Maria; erano otto intorno al tavolo, poi si unirono gli abitanti del villaggio, che non avevano mai rifiutato un pranzo al centro del paese. Alcuni portarono focaccine, altri marmellate, salumi, vino e addirittura qualche fisarmonica. Latmosfera era allegra nella casa di Sergio.

Sergio si alzò, prese un calice di vino ma non lo bevve, perché ormai tutti sapevano che aveva smesso di bere.

Io, più di chiunque altro qui presente, devo tutto a Ginevra Bianchi, la nostra Ginevrina. Tutti conoscono il ruolo che ha avuto nella mia vita vuota. Sì, cerano pettegolezzi: «Lì va di nuovo alla maestra, sotto il sole di mezzogiorno, senza vergogna. È una giovane donna istruita, ma con chi si è legata?». È vero, ma pochi capiscono che tra uomo e donna esistono amicizie sincere, non solo flirt. E in quel periodo, nel mio cuore, cera un amore segreto per Viola, la moglie di Sergio, che nessuno conosceva.

È vero, confermarono gli abitanti, quelle erano le chiacchiere dellepoca.

Ricordo la prima volta che la Prof.ssa Anna Bianchi mi chiese di aiutarla a costruire dei nidi per gli uccelli, e mi ordinò di rimanere sobrio. Io volevo bere, ma le promisi di mantenere la parola. Costruii due nidi, pensai che non fosse un problema, ma temetti di deluderla di nuovo se fossi stato incapace. Allora mi misi a studiare, passai al corso di autista, trovai lavoro e da quel giorno girai la chiave della vita senza più alcol. È così che sono tornato alla sobrietà, concluse Sergio, con un occhiolino a tutti.

Solo quando Ginevra è tornata in città, ho capito che quei piccoli lavori potevano essere fatti da chiunque, ma lei li trasformava in una luce che mi guidava fuori dal tunnel, passo dopo passo, aggiunse il marito di Maria.

Ho capito che ogni persona ha un angelo custode; il mio è Ginevra. Per mesi mi ha osservato, mi ha creduto, mi ha dato speranza. Grazie di cuore, disse Sergio, mentre tutti applaudivano.

Quando ho messo i primi passi, Dio mi ha messo alla prova, ma ho dovuto imparare a camminare da solo, raccontò il vecchio, e ora devo tutto a Ginevra Bianchi. Senza di lei non avrei potuto stare con Viola né avere la nostra bambina. Dobbiamo tutti amarla e proteggerla, perché ha un cuore doro. Giovanni, sei un esempio, ti ammiro. Ami Ginevra, e lei ti ama. Andrà tutto bene.

Il tempo passò. Giovanni continuava a lavorare nei campi, Ginevra insegnava ai bambini. Un giorno tornò a casa dal lavoro pallida, con le gambe deboleggianti, e si adagiò sul divano.

Ginevrina, che ti è successo? chiese Silvana, non ti ho mai vista così a riposo. Ti senti male?

Non lo so, ho nausea, mi sento strana.

Silvana capì subito.

Aspetti un bambino, cara? propose.

Non lo so più, forse non è più possibile

Non perdere la speranza, domani andiamo dal dottore di zona, la incoraggiò Silvana.

La settimana dopo Ginevra tornò dal medico di città, e la notizia fu confermata.

Congratulazioni, avrete un bambino. disse il dottore. Ti avevo detto che era possibile.

Giovanni, che tornava dal lavoro, entrò in casa, vide la moglie radiosa e la abbracciò.

Che gioia! Il tuo viso lo dice tutto, esclamò, non cè bisogno di parole.

Qualche mese dopo, la portarono in ambulanza al reparto maternità del distretto; Giovanni laccompagnò. Quella notte Ginevra diede alla luce un maschietto. Al mattino presto Silvana, seduta su una panchina del villaggio, lo accarezzò.

Mamma, è tutto vero, ha dato alla luce il nostro figlio. piangeva Ginevra, non riesco a credere che tutto questo stia succedendo. Amo Ginevra con una forza che a volte mi spaventa. È normale?

È normale, figlio mio, quando ami davvero, perdi la testa, rispose Silvana con un sorriso.

Portarono Ginevra e il bambino a casa, e tutti la aiutarono. Silvana osservava il piccolo e pensava: Allesterno sembra un uomo, ma dentro è ancora un bambino.

Qualche anno più tardi Ginevra diede anche una bambina; la gioia fu immensa.

Giovanni, che aveva finito gli studi per corrispondenza, era diventato agronomo capo del consorzio locale. A Ginevra gli proposero di diventare direttrice della scuola, ma lei non era interessata.

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