Il mio marito mi ha paragonata all’ex moglie e io gli ho proposto di tornare da lei

Mia moglie mi ha paragonato a unexmoglie, e io le ho proposto di tornare da lei

Ecco, Lara aggiungeva sempre un pizzico di zucchero al minestrone. Solo un granello, sul bordo del cucchiaio, e il sapore cambiava, diventava più rotondo, più avvolgente. Il nostro, invece, è aspro, come se avesse versato troppo aceto.

Giulia rimase immobile con il mestolo in mano, osservando Alessandro spostare di lato il piatto di zuppa rubino che fumava ancora. Il profumo di prezzemolo fresco, aglio e brodo corposo riempiva la cucina, creando lillusione di una serata familiare perfetta. Ma un nome, detto con voce ordinaria, frantumò subito quellatmosfera, trasformando il caloroso studio in una cripta di ricordi.

Lara. Lex moglie di Alessandro. Una leggenda, un mito, un fantasma che aleggiava nellappartamento da due anni di matrimonio.

Alessandro, cercò di parlare Giulia con calma, ma dentro sentiva un nodo di rabbia sto preparando il minestrone come faceva la nonna. Ti è sempre piaciuto. Settimana scorsa lo hai mangiato e lhai lodato, chiedendo di aggiungere qualcosa. Cosè cambiato?

Alessandro scrollò le spalle, strappò una fetta di pane casereccio e la masticò lentamente, fissando la televisione appesa al muro.

Niente è cambiato, Giulia. È solo che mi è tornato in mente. Lara aveva il tocco leggero con le spezie. Sentiva lequilibrio, sai? È un talento, non lo si impara. Non prendertela, ci provi, ti vedo impegnata. È solo un fatto. Mangia, il minestrone si raffredderà.

Giulia riposò lentamente il mestolo nella pentola. Lappetito svanì del tutto. Si sedette di fronte a lui, osservando il profilo di Alessandro. Capelli brizzolati alle tempie, spalle larghe, sguardo sicuro: era un uomo evidente. Quando si erano incontrati tre anni prima lo trovava ideale. Divorziato, senza figli, serio, pratico. Parlava poco del suo passato: «non siamo andati daccordo». Giulia, saggia e discreta, non si intrometteva. Capiva che un uomo di quarantacinque anni ha un passato e lo rispettava.

Chi avrebbe immaginato che quel passato si sarebbe dimostrato così tenace?

I primi sei mesi di matrimonio furono paradisiaci. Poi, come se un varco invisibile si fosse aperto, Alessandro cominciò a riversare ricordi. Allinizio furono commenti sparsi: «Ah, Lara aveva una tazza uguale», «Lara adorava quel film». Giulia li ignorava, li considerava normali. Ma col tempo i confronti divennero più frequenti e, peggio ancora, sfavorevoli a lei.

La camicia è stropicciata, osservò Alessandro la mattina successiva, mentre si preparava per andare al lavoro. Si girava davanti allo specchio, scrutando il colletto. La piega è tutta storta. Lara usava sempre uno spray speciale, e il ferro era un modello a vapore, quasi un incantesimo. I bottoni dei pantaloni di Lara non si impigliavano mai. Qui va bene per la campagna, ma

Giulia, che si era alzata alle sei per preparargli la colazione e stirare la giacca, sentì un nodo stringersi alla gola.

Alessandro, ho un ferro normale. Lo sto usando come so fare. Se non ti piace, porta i vestiti a fare la pulizia a secco, oppure stirali tu.

Alessandro la guardò sorpreso, riflesso nello specchio.

Che ti credi? Non è tutta una questione di parole. Sto solo condividendo unesperienza. Forse dovresti comprare quello spray? Voglio che migliori. Lara, per inciso, curava ogni minimo dettaglio. La sua casa era impeccabile, senza una polvere.

Anche io mi prendo cura della casa, replicò Giulia a bassa voce, ricordando le due ore passate a strofinare il bagno. E lavoro a tempo pieno, come te.

Lara lavorava anche lei e riusciva a fare tutto. Ok, devo andare. Stasera sarò tardi, la mamma mi aspetta, devo aiutarla con il rubinetto.

La porta sbatté. Giulia rimase sola nellappartamento silenzioso. Si avvicinò alla finestra, osservando Alessandro salire in macchina. «Lara, Lara, Lara». Il nome si ripeteva nella sua testa come una vecchia canzone. Se Lara fosse stata un angelo in carne, una maga della cucina e una fata della pulizia, perché si erano lasciati? Alessandro fuggiva sempre dalle risposte, mormorando cose vaghe su come «la gente cambiasse» o «la routine fosse insopportabile».

La sera Giulia decise di non preparare la cena. Non aveva voglia, e perché trasformare gli ingredienti se il risultato sarebbe stato sempre «non come quello di Lara»? Comprò dei rotoli di lasagne precotte, li riscaldò e si mise a leggere un libro.

Alessandro tornò verso le nove, furioso e affamato.

La mamma ti manda i saluti, brontolò, togliendosi le scarpe. Anche la signora Antonella ti ricordava. Chiedeva perché non prendessi la sua ricetta di tiramisù, quella che ti aveva proposto. Diceva che Lara cucinava dolci nei weekend, riempiva la casa di profumi, creava unatmosfera accogliente. Qui invece tutto è confezionato.

Giulia chiuse il libro. La calma le sfuggiva.

Antonella può fare i dolci se vuole, rispose. Io non amo impastare.

Ecco! alzò il dito Alessandro, come se avesse colto la sua colpa. Non ami. Una donna deve amare il focolare. Lara

Basta! esplose Giulia, alzandosi e facendo cadere il libro con un tonfo. Basta, Alessandro. Sento quel nome più spesso del mio. Lara cucinava, Lara stirava, Lara puliva, Lara respirava più correttamente! Se era così perfetta, perché non siete ancora insieme?

Alessandro rimase senza parole. Non si aspettava una tale esplosione da parte della dolce Giulia.

Beh ci sono state ragioni. Il suo carattere era difficile. Autoritaria, le piaceva comandare.

E io, dunque, sono solo una comoda? sghignazzò amareggiata Giulia. Sto zitta, sopporto, cerco di fare del mio meglio, e tu continui a spingere il suo nome nella mia vita. Sono stufo.

Non esagerare, scacciò lui, andando verso la cucina. Che cosa cè per cena? Di nuovo roba pronta? Luca, Lara non ti avrebbe permesso di mangiare cibo di supermercato. Si preoccupava del mio stomaco.

Giulia si diresse silenziosa verso la camera da letto. Quella notte non riuscì a dormire, fissando il soffitto. Nella sua mente si formò un piano. Un piano che poteva distruggere definitivamente il matrimonio o salvarlo. Non voleva più vivere in un triangolo con lei, Alessandro e il fantasma di Lara.

Sabato arrivò, giorno tradizionalmente dedicato alle pulizie e alla spesa. Ma quella volta nulla andò come previsto.

Al mattino telefonò Antonella, sua suocera.

Giuliettina, ciao, la sua voce era un misto di miele e veleno. Domani andiamo al cimitero per il padre. Dobbiamo ridipingere il cancello. Preparaci dei cornetti, per favore, ma senza cavolo, che Alessandro soffre di bruciore. Con la carne, meglio. E la pasta sottile, come capisci, come facevamo noi.

Giulia inspirò profondamente, guardandosi allo specchio dellingresso.

Antonella, domani lavoro, ho scadenze, devo consegnare i documenti al cliente. Posso comprare i cornetti in pasticceria vicino alla metro, sono ottimi.

Come lavori? sbottò la suocera. La domenica? È peccato, Giulia. E lasciare il marito affamato è peccato. Lara non si sarebbe mai tirata indietro per la famiglia. Anche di notte poteva alzarsi e fare dei pancake se Alessandro lo chiedeva.

Lascia che sia Lara a cucinare, interruppe Giulia, sorprendente a sé stessa, e chiuse la chiamata.

Alessandro, che aveva sentito lultima frase, uscì dal bagno con lo spazzolino in bocca.

Perché insulti tua madre? È una persona anziana.

Non insulto, stabilisco limiti. Non sono Lara, Alessandro. Sono Giulia. E non cuocerò più torte di notte.

Certo, sputò lui, gettando lacqua nella lavandino. Ti importa solo dei fogli. Non hai femminilità, è tutto. Lara era una vera donna, capace di carriera e di compiacere il marito. E tu sigh.

Con un gesto brusco lanciò la pentola sul fuoco. Giulia rimase al centro della stanza, lidea di un gelo interiore che si solidificava. Ogni frase su Lara era un colpo di martello su quel vaso di cristallo che era la loro relazione. Il vaso era già incrinato, pronto a crollare.

Si diresse tranquilla verso la camera da letto, tirò fuori una valigia capiente con ruote. La aprì sul letto.

Alessandro sbirciò nella stanza, masticando un panino.

Dove andiamo? In vacanza? O forse a casa della mamma?

Giulia non rispose. Con calma meticolosa iniziò a svuotare larmadio: camicie, pantaloni, maglioni, jeans, calzini, tutti gli indumenti che aveva stirato con il suo ferro economico.

Che fai? chiese Alessandro, smettendo di masticare, gli occhi pieni di confusione e poi di panico. Giulia?

Ti aiuto, Alessandro, rispose con voce piatta, piegando il suo maglione preferito. Ho capito che non ti merito. Non so fare il minestrone con lo zucchero. Non riesco a stirare i colletti. Non cuocio torte di notte. Sono una cattiva casalinga, priva di femminilità, e il mio ferro è troppo barato. Non posso competere con un ideale.

Quale ideale? Di cosa parli? sbottò lui, cercando di afferrare la camicia. Smetti questo circo! provò a strapparla, ma Giulia schivò il colpo.

Non interrompermi. Ho riflettuto. Vivi sempre sotto stress. Sopporti i miei difetti, il mio cibo aspro, la mia pigrizia. Soffri ricordando quanto eri felice con Lara. Non voglio essere la causa del tuo dolore. Ti amo, Alessandro, e voglio che tu sia felice. Ma la tua felicità, secondo te, è rimasta nel tuo matrimonio passato.

Si avvicinò al comò, prese la biancheria intima di Alessandro e la gettò nella valigia.

Per questo ti propongo lunica soluzione: torna da Lara.

Il silenzio riempì la stanza, interrotto solo dal ticchettio dellorologio a parete e dal respiro affannoso di Alessandro.

Sei impazzita? bisbigliò. Quale Lara? Ci siamo separati cinque anni fa! È sposata da tanto o no? Non lo so!

Non importa, continuò Giulia, chiudendo la cerniera della valigia. La citi così spesso, così dettagliatamente, che sono certa che ti ama ancora. Una donna così perfetta aspetta il suo principe. Tornerai, ti pentirai, la nutrirà con il minestrone giusto, stirerà la camicia con il vapore, e vivrete felici. Senza di me e i miei rotoli di lasagne.

Posò la valigia a terra e tirò la maniglia.

È tutto, Alessandro. Ho messo anche il tuo spazzolino, il rasoio. Puoi partire subito. Antonella sarà felice, parlerete di quanto Lara fosse santa, io sarò solo un errore della natura.

Alessandro rimase immobile, il petto gonfio daria come un pesce fuori dallacqua. Era abituato alla Giulia docile, ai suoi silenzi e alle scuse tranquille. Non aveva immaginato che potesse fare una cosa simile.

Giulia, basta. Ho sbagliato, ma perché mettere subito la valigia? È una scuola materna! cercò di sorridere, ma il sorriso era forzato e storto. Rimettiamolo a posto. Non andrò al cimitero, resto qui, ti aiuto con il rapporto.

Giulia scosse la testa. Nei suoi occhi non cera rabbia, solo stanchezza e delusione.

No, Alessandro. Non è una scuola materna. È rispetto per me stessa. Ho sopportato un anno. Ho cercato di essere perfetta. Ho imparato a cucinare nuovi piatti, a voler essere ideale. Ma ho capito che competere con un fantasma è inutile. Un fantasma non ha difetti; un uomo reale perde sempre contro unidea immaginata. Non voglio più essere il secondo piatto nella mia stessa casa.

Spingendo la valigia verso il corridoio, disse:

Vai via. Stai da tua madre. Rifletti. O prova a riportare Lara. Ma io non ti trattengo più.

Alessandro cercò di sdrammatizzare, poi urlò, poi implorò, poi fece la vittima, ma Giulia rimase ferma. Aprì la porta dingresso e lo aspettò. Alla fine, lanciò la valigia, sputò: «Stupida, ti pentirai!» e uscì di corsa verso le scale.

Giulia chiuse la porta a doppia serratura. Scivolò lungo il muro, cadde a terra e pianse. Ma erano lacrime di sollievo. Lappartamento finalmente taceva. Il fantasma di Lara sembrava essere volato via con Alessandro.

Una settimana passò. Alessandro viveva da sua madre. Antonella lo chiamava ogni giorno, a volte maledicendo Giulia, a volte implorandola di riaccoglierlo. Giulia non rispondeva. Si concedeva la vita che desiderava: insalate leggere, pesce al vapore, pizza ordinata. Nessuno le rimproverava il riso poco salato o la polvere sugli armadi.

Giovedì sera, Giulia tornava dal lavoro. Davanti al portone vide unauto familiare. Alessandro era al volante, la testa appoggiata al volante. Quando la vide, scese correndo, il suo aspetto era logoro: camicia stropicciata (probabilmente Antonella non possedeva il vapore magico), barba di tre giorni, occhi spenti.

Giuliettina, dobbiamo parlare.

Parla, lo fermò, senza aprire la porta.

Sono stato uno stupido. Ho capito tutto.

Cosa hai capito? Che Lara non ti ha preso indietro? rise Giulia.

Alessandro arrossò, abbassò lo sguardo.

Lho chiamata, confessò a bassa voce. Per sapere come stava. Pensavo forse

E?

Mi ha mandato via. Ha detto che sono un noioso, un tiranno, che ha fatto la croce quando abbiamo divorzato e che ora il suo nuovo marito la tiene tra le braccia, senza rimproverarle una sola polvere. Ha detto che ho rovinato cinque anni della sua vita con le mie lamentele.

Giulia scoppiò a ridere, forte, sincera. Il puzzle si completò.

Quindi la Lara perfetta era solo un frutto della tua immaginazione? Hai creato quellimmagine per non vedere i tuoi difetti? Per giustificare il tuo eterno malcontento?

Forse, balbettò Alessandro. Vivere da mamma è impossibile. Mi critica dal mattino alla sera: la tazza fuori posto, il russare forte. Lei stessa ricorda sempre il padre, comera perfetto, mentre io ricordo solo le loro litigare. Giulia, fammi entrare. Giuro di non nominare più Lara. Ho capito quanto sei fortunata ad avere me. Ti prendi cura di me, sei calda,Mentre il tramonto dipingeva di rosso il cielo sopra il loro balcone, Giulia sorrise, accettò la sua mano e, per la prima volta da tanto tempo, sentì che il futuro poteva essere davvero loro.

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