Indispensabile

Caro diario,

la prima volta che ho incrociato lo sguardo di Andrea al lavoro è stata quasi un caso. Lui era arrivato per un colloquio al reparto Acquisti, io ero nel frattempo precipitata allUfficio del Personale per firmare un modulo. Ho pensato, Che bel ragazzo, anche autonomo. Ho sentito parlare di un reparto appena, di un nuovo collega, e ho sospirato: Ci dovremo vedere presto.

Il giorno dopo è entrato nellufficio contabilità, ha salutato tutti con un sorriso cordiale e il suo sguardo si è posato su di me. Un brivido mi ha attraversato il corpo; ho capito subito che Andrea non era come gli altri pretendenti. I suoi occhi mi cercavano con dolcezza, senza fretta, risolvendo i problemi senza che gli venisse chiesto, ma senza mai imporsi. Appariva al momento giusto, quando serviva davvero il suo aiuto.

Quel comportamento mi ha colpita in modo indelebile. Mi sono innamorata di lui, senza riserve. Un uomo così potevo solo sognare.

Dopo due mesi abbiamo iniziato a vivere insieme; sei mesi dopo ci siamo sposati. Quando è nato il nostro piccolo Marco, una perfetta replica di Andrea, ho capito davvero cosa fosse la felicità. Di notte, mi stringevo a lui e sussurravo:

Non te ne andrai via, vero? Ti ho legato al mio cuore.

Non avevo intenzione di andare da nessuna parte mi rispondeva, baciandomi sulla fronte.

Sapevo già dallinizio che Andrea aveva una figlia dal suo primo matrimonio. Gli avevo chiesto della bambina, ma lui era reticente. Una volta, quasi per caso, ha detto:

Non parlo più con la madre, Elena, da anni. Quando Sara aveva tre anni, Elena non voleva che ci vedessimo. Ora è una adolescente Non voglio riaprire vecchie ferite.

Ho annuito, pronta a sostenerlo se avesse voluto cercare la figlia.

Un giorno è tornato a casa diverso, quasi assente. Ha tolto la giacca lentamente, senza guardarmi, e si è recato in cucina per prendere dellacqua, fermandosi a guardare il bicchiere come se riflettesse qualcosa di più profondo.

Andrea, che ti succede? gli ho chiesto preoccupata.

Mi ha guardato colpevole e, quasi a voler confessare, ha detto:

Ho trovato Elena sui social. Le ho scritto per sapere come stava la ragazza, la bambina. Sara ha chiesto di parlare con me. Abbiamo scambiato qualche messaggio, anche al telefono

Sono rimasta senza parole. Tutto quel ricordo di Sara mi era tornato a galla, e dentro di me qualcosa si è rotto.

Che bello! ho esclamato, nascondendo limbarazzo, Sono felice per te.

Lui ha sorriso, come se avesse bisogno di sentire quel conforto. Ma io ho avvertito un peso nuovo nella vita.

Allinizio erano brevi telefonate. Si chiudeva la porta della sua stanza dicendo: «Sara è timida». Io rimanevo sola in cucina, udendo la sua voce morbida e affettuosa, quel timbro vellutato che un tempo era solo per me. Poi sono iniziati i messaggi con Elena, prima brevi, poi più frequenti. Le mie dita correvano al suo telefono quando lo lasciava incustodito. Leggevo le foto di una ragazza sconosciuta e tra le righe percepivo un dolce veleno: «Siamo qui, ti aspettiamo».

Ogni volta che Andrea andava in unaltra stanza con il cellulare, mi dicevo: «Sta solo parlando con la figlia, non è nulla». Ma un giorno, passando accanto, ho udito il nome: Elena. Da quel momento il mio inferno ha preso forma.

Mi sono odiata per quello che facevo, ma non riuscivo a fermarmi. Lo osservavo sorridere al telefono, trattenere il respiro per decidere cosa scrivere. Il tradimento sembrava apparire in ogni suo sguardo, gesto, parola. Ero quasi certa che vivesse due vite.

La gelosia mi consumava ogni giorno, trasformandosi in una fiamma che non si spegneva. Una sera, quando ha sfogliato distrattamente il feed del cellulare, ho scoppiato:

Non mi consideri più niente?! ho urlato.

Ginevra, che succede? mi ha guardato con occhi pieni di perplessità.

Non farti gli amici! ho sbottato. So che parli ancora con lei!

Con chi? sembrava davvero non capire.

Ogni squillo del suo telefono era una scossa elettrica. Ogni ritardo al lavoro era prova di tradimento. Mi sono trasformata in una spia nella mia stessa casa, perché lo amavo con una disperazione che mi distruggeva.

Le nostre liti diventavano sempre più frequenti, spesso per nulla. Piccole cose si trasformavano in un grande problema. Io urlavo che Andrea non mi ascoltava più, che il suo sguardo era diverso, che la mia presenza lo opprimeva. Nella mia testa si formava un pensiero oscuro:

«Se lui decidesse di andare via, ci sarebbe un posto dove lo vogliono e lo aspettano».

Allora il mio matrimonio, che credevo fosse una roccia, si è incrinato. Di notte restavo sveglia, gli occhi aperti, pensando:

«E se un giorno decidesse che il passato è più importante del presente?»

Al mattino cercavo di scacciar via questi pensieri, rimproverandomi: «Siamo una famiglia. No, non è così». Più mi convincevo, più cresceva la paura del suo eventuale abbandono.

Un giorno Andrea ha lasciato il cellulare in cucina e si è diretto a far la doccia al piccolo Marco. Il display è illuminato da una notifica: Elena

Ho sentito le mani tremare, il cuore stringersi, ma non ho aperto il messaggio. La paura di cosa potesse contenere era ormai parte della mia vita.

Perché sei così strana oggi? mi ha chiesto più tardi, dopo aver addormentato il figlio.

Tutto bene ho risposto frettolosamente.

Lui mi ha fissata a lungo, come se avesse colto qualcosa, ma non ha detto nulla.

Quella notte, quando lui dormiva, ho ascoltato il suo respiro regolare, caldo, familiare. Ho pensato che forse qualcun altro lo avrebbe ascoltato. Questo pensiero mi ha bruciato così intensamente che sono uscita lentamente verso la cucina, mi sono seduta su uno sgabello, stringendo le mani.

Per la prima volta mi sono sentita sostituibile.

Allora Andrea è entrato. I miei occhi pieni di lacrime mi hanno chiesto:

Ho paura che tu te ne vada

Mi è seduto in ginocchio, ha preso le mie mani e, lentamente, ha chiesto:

Dove andrei?

Verso loro ho risposto, distogliendo lo sguardo.

Rimase in silenzio. In quel vuoto ho sentito la più spaventosa di tutte le pause: non una protesta, non una risata, solo un silenzio più pesante di qualsiasi risposta.

Poi è arrivata la notte che ha cambiato tutto. Andrea non è tornato a casa, non ha chiamato, né ha mandato messaggi. Il suo cellulare era fuori copertura. Io, seduta in cucina nelloscurità, ho immaginato i nostri momenti felici, la nostra vita senza di me. Al mattino il mio cuore si è trasformato in un pezzo di ghiaccio.

Ho acceso il laptop e le mie dita hanno cominciato a scrivere, a piangere, a digitare una lettera a Elena. Ho pianto senza accorgermi, ho scritto disperatamente, come chi si aggrappa allultima canna di fumo. Ho chiesto la verità. Premendo Invia, ho provato un misto di sollievo e vuoto. Il mio turno era finito; ora dovevo aspettare risposta.

Ho passato lintera giornata in attesa, immaginando il dialogo che avrei avrei avuto con lui al suo ritorno, come avrei potuto mostrargli che sapevo tutto. Ho percorso la casa, toccato gli oggetti, nutrito meccanicamente Marco, ma dentro di me cera solo lattesa del giudizio.

È arrivato a casa tardi, quasi di notte, pallido, sfinito. Si è seduto di fronte a me in silenzio.

Perché lhai fatto? ha chiesto, la voce rotta.

Che cosa ho fatto? ho risposto, tremante.

Ho letto la tua lettera. Hai frainteso tutto.

Davvero?! ho esclamato, perdendo lultimo filo di controllo. Spiegami! Vuoi tornare da loro? Lamore del passato non arrugginisce, vero? Allora perché taci? Non nasconderti con il cellulare! Come hai potuto leggere la mia lettera?! Cosa voleva? Mostrarmi la mia debolezza?

Non ti risponderà Elena, Ginevra ha detto Andrea, più calmo. Ti risponderò io Tutto andrà bene Se non rovinassi tutto tu stessa.

Che comodo ho sorriso amaramente. Va bene, non dirne più nulla. Non mi interessa più. Stupida di averle scritto.

Elena è morta ha sospirato, la voce rotta. Stanotte, al mio fianco. Eravamo insieme fino alla fine.

Il suo annuncio mi ha paralizzato. Il mondo è rimasto immobile. Il freddo è sceso dentro di me, come se tutto il peso delle mie sospetti si fosse trasformato in cenere.

È morta? ho sussurrato, temendo la risposta.

Era malata da tempo ha continuato, il volto segnato dalla tristezza. Non ha voluto rivelarmelo subito, voleva vedere come avremmo reagito. Non cercava di tornare da me, voleva solo che Sara non rimanesse sola. Sto cercando una famiglia che possa accoglierla, magari i parenti di Elena o di me.

Ho alzato la voce:

Non lo fare! La sua figlia vivrà con noi! Capito? Con noi!

Andrea è rimasto immobile, gli occhi colmi di lacrime. Ha chiuso gli occhi per un attimo, poi li ha riaperti.

Lo sapevo Ho creduto che avresti detto proprio questo ha mormorato.

Mi sono gettata tra le sue braccia, nascondendo il volto sul suo petto. Tutte le mie paure e gelosie si sono dissolve nel nulla. Davanti a noi c’era un futuro nuovo, difficile ma da costruire insieme.

Non ho più paura. Ho fatto la mia scelta.

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