Il mio ultimo voto. Tu, figlia mia, potrai offenderti per quanto vuoi del padre.
Solo la sua anima è marcia. Non contraddirlo, Ginevra. Vai da Marco e basta. Con lui passerai la vita protetta da una muraglia di pietra, non sentirai più parole cattive da parte sua.
Il mio voto è lultimo. Tu, bambina, potrai rimproverare il papà a piacere. Ma non ti darò a Giuliano. Stai ferma, non spiegare nulla. So già tutto. È bello, canta, incanta. Solo la sua anima è marcia. Non contraddirlo, Ginevra. Vai da Marco e basta. Con lui vivrai come dietro una parete di marmo, non sentirai più parole brutte. È un uomo buono, capisci? disse il signor Anatolio Tarsovico, cercando di abbracciare la figlia.
Ginevra sapeva che non poteva andare contro la volontà del padre. Strinse la sua mano, pianse e gridò: «Non cè forza senza pazienza!»
Anatolio osservò gli occhi azzurri della figlia amata, così testarda e volitiva. Non avrebbe permesso che fosse infelice, così dichiarò con decisione: «Non ti farò più nulla di male! Vai, Ginevra!».
Sulla riva del Po attendeva Giuliano, e il cuore di Ginevra battere di nuovo. Quello era un giovane splendido, con cui sognava di passare tutta la vita.
In quel momento la ragazza odiava il padre con una foga che non avrebbe mai immaginato di provare. Lui era il suo modello, il suo sostegno. Né le suppliche né le lusinghe riuscirono a cambiare nulla.
Che vuole il padre? È crudele o è cambiato? accarezzò i ricci neri con la mano, fissandola con i suoi occhi scuri incorniciati da lunghe ciglia, e chiese Giuliano.
Ha detto che non possiamo stare insieme. È tutto inutile Non lo convinco più rispose Ginevra, piangendo amaramente.
Prova ancora! E non mi conviene nessun fidanzamento! Abbiamo la casa, la fattoria Eppure lui è ostinato ribatté Giuliano, sbattendo il piede con rabbia e calpestando unanatra che strisciava sulla riva.
Attenta, anatra! urlò Ginevra.
Ah, ho trovato qualcosa su cui pensare. Unanatra, unanatra Non toccarla, si riprende presto. Andiamo a fare una passeggiata, disse e condusse la ragazza verso il bosco.
Ritornando a casa poco dopo, Ginevra incontrò Marco. Il giovane, vedendola, arrossò subito.
Era basso, con lentiggini sul viso, capelli biondi e occhi azzurri trasparenti che Ginevra scherzosamente chiamava «sbiaditi». Non era affascinante come Giuliano. Il padre insisteva, ma Ginevra voleva rispondere con un insulto, finché non vide che Marco teneva unanatra in braccio.
Dove vai? sorrise lei.
Sono andato al fiume a fare il bagno. Ho trovato unanatra ferita, strillava. Credo si sia spezzata una zampa. La porterò al papà, lui sa curare gli animali rispose Marco, guardando intensamente gli occhi di Ginevra.
Capì subito che lanatra era stata colpita da Giuliano. Nessuno laveva aiutata. Ginevra arrossì profondamente e si allontanò di corsa.
Il rimorso per aver ferito il cucciolo, mentre una persona odiata lo salvava, la angosciava. Perché?
Da quel giorno lanatra divenne fedele a Marco, lo seguiva ovunque nel villaggio, dormiva accanto al fienile e canticchiava mentre luomo la accudiva, controllando che non si perdesse.
Ci sono i macellai, ma questo è un anatroccolo, un idiota. Sono buoni solo per la tavola scherzava Giuliano, ma Marco non rispose, passando oltre.
Arrivò il giorno del matrimonio. Marco e Ginevra avrebbero dovuto sposarsi. Lei piangeva senza sosta. Giuliano la invitava a fuggire, ma lei, nonostante amasse ancora lui, rifiutò, ricordando il volto furioso del padre.
Allora il padre la bloccò sul soglio. La madre non aveva parole contro il padre. Ginevra era figlia unica, la madre era malata, i due fratellini della sua infanzia non erano più. Se tutti avevano cinque o sei figli, lei era lunica.
Nel giorno del matrimonio, Ginevra si guardò allo specchio. Il padre, commosso, ammirò il vestito bianco splendente e le sue chiome doro.
La sposa più bella! baciò la figlia Anatolio Tarsovico, aggiungendo: Sei arrabbiata con me, piccola? Ti auguro felicità, tesoro mio! Ringrazierai dopo!
Mai! Ho fatto come volevi. Ma ringraziare No, papà ribatté Ginevra, voltandosi verso la finestra.
Giuliano, al suo matrimonio, ballava con Caterina, la donna che Ginevra invidiava sempre, osservando come la ragazza fissasse Giuliano. Ora Ginevra era sposata.
Rimaneva solo il morso dellorgoglio, guardando lex amante con unaltra Ginevra lanciò occhiate furiose a Marco, che stava bevendo, lanatra girava attorno a lui.
Che sciocco! pensò, rabbiosa.
La madre laiutò a svestirsi. Con terrore osservava la porta, temendo larrivo di un uomo indesiderato. Lui entrò, si fermò, guardò le labbra strette di Ginevra e se ne andò.
Cosa vuoi? E vai? Che dirò alla gente? Non mi piaci più? Ginevra saltò dal letto e corse verso luomo.
Lui rimase fermo, la osservò e le pose una sciarpa sulle spalle.
Ti piaccio. Molto. Sei la mia dolcezza, la migliore. Se ti sembra disgustoso, è così Niente, vivremo come possiamo. Ma finché non verrà da te, non potrò e Marco se ne andò.
Questo non accadrà mai! urlò Ginevra, seguendolo.
Il giorno dopo incontrò Giuliano. Lui, con lalito di vino, cercò di attirarla nel bosco, bacandola.
Che fai? Sei impazzita! Come ti permetti? rispose Ginevra.
E allora? Hai un marito ora. Posso stare anche con me, no? disse Giuliano, arrabbiato.
Ma lei se ne andò
Il tempo passò. I due sposi vivevano separati, e Marco era sempre occupato. Un giorno andarono nel bosco a raccogliere funghi; Ginevra si slogò il piede. Marco la sollevò in braccio.
La sera passeggiavano, lui la cullava su una dondola sopra il lago, lanatra strillava dietro di loro. Il rancore verso Giuliano lentamente svanì.
Lei sapeva che Giuliano stava ancora frequentando Caterina e che la loro storia si avvicinava al matrimonio, ma la gelosia non era più. Marco non cercava più di avvicinarsi.
Una notte la casa della vicina prese fuoco. Ginevra si svegliò, corse fuori, trovò la gente radunata. La vicina aveva tre figli; il più grande, Alessandro, era in visita dal villaggio vicino.
Sei un eroe, hai salvato tutti! Hai portato il primo soccorso, sei un ragazzo doro lo lodò la vicina, accarezzando la mano di Ginevra.
Marco? Dovè? chiese, sentendo il cuore raffreddarsi.
È dentro. Il nostro cane, Lola, è sparito. Lho chiamato ma non risponde. rispose la vicina, asciugandosi le lacrime.
Allimprovviso il tetto cedette. Ginevra urò, svenne.
Riaprì gli occhi grazie a una mano che le accarezzava la guancia. Un uomo la guardava.
Sei come stai? È caduto, balbettò lei.
Sono riuscito a passare dalla finestra. Ho trovato Lola sotto il letto, quasi intrappolata. disse Marco, sorridendo.
Ho avuto paura per te. Ti amo! pianse Ginevra, abbracciandolo.
Nove mesi dopo nacque il loro figlio, Marco. Marco, ereditando labilità del padre, curava mucche, cavalli, animali feriti, anche nei casi più disperati. Gente da ogni dove veniva da lui.
Ginevra amava suo marito. Non riusciva a capire come avesse potuto innamorarsi di Giuliano, che si era sposato con Caterina, beveva, abusava della moglie, e alla fine era diventato un invalido. Guardando la loro vita, Ginevra temeva di finire come Caterina, se non fosse stato per la ferma volontà del padre.
Uscì fuori. Anatolio Tarsovico giocava con il piccolo Marco.
Papà volevo dirti grazie. Per non avermi spinto a sposare Giuliano. Per aver visto quello che era meglio per me. Mi perdoni? Ginevra si avvicinò e baciò il padre.
Ah, gioventù. Va bene, ho capito. Dalletà avanziamo a vedere chi è davvero una persona. Non potevo dare la mia unica figlia a quel mostro. Sapevo che eri arrabbiata, ma è passato. Ascolta i più anziani, figlia. Abbiamo vissuto, vediamo tutto. Che Dio vi dia felicità! sorrise Anatolio.
Ginevra visse fino a vecchiaia, insieme a Marco, condividendo ogni lavoro nei campi. Ebbero cinque figli e numerosi nipoti. Una famiglia felice. Il proverbio «Chi non ha pazienza non ha forza» assunse un nuovo significato: la pazienza del padre salvò una vita.
Solo così si scopre che la vera forza sta nel saper attendere il momento giusto e proteggere chi amiamo, anche a costo di sacrifici dolorosi.






