Capisci bene! Quella vecchia non ci serve a nulla! urlii, cercando di convincere la figlia della sua ragione. Ciccina strinse il volto come pronta a piangere, ma poi alzò la testa: Allora per me è la più cara Nessunina del mondo, e non cambierà.
Nel villaggio di San Pietro, la famiglia numerosa di Giovanni e Lucrezia prendeva in sposa tutte le figlie tranne la più piccola, Mariuccia, una ragazza calma e riservata. Il suo promesso sposo non era mai nato, né apparve da qualche parte lontana, così raccontava la madre, Lucrezia, pietosamente. Mariottina rimaneva al fianco dei genitori finché i figli dei loro nipoti, ormai cittadini, non ebbero più bambini.
Il primo fu Marco, figlio della sorella maggiore, che si presentò con un inchino profondo e una grande richiesta: Zia Mariottina, vieni a badare a mia figlia. Non cè posto allasilo e la moglie deve tornare al lavoro. Mariottina, ormai donna adulta, si trovò a un bivio: i genitori invecchiavano, dove li avrebbe lasciati? E le città le facevano paura. Ma Marco implorava, promettendo di non dimenticare i nonni. Di tanto in tanto veniva a piantare patate o a sistemare il tetto.
I genitori, preoccupati, le consigliarono di partire. Forse in città incontrerai qualche uomo, dissero, nonostante fossero quarantenni. Non sapevano che già avevano discusso di come Mariottina sarebbe rimasta da sola una volta che avrebbero dovuto andare via. Così la contadina divenne bambinaia. Marco, riflettendo, mise la zia a lavorare parttime presso una vicina.
La figlia maggiore di Marco andò a scuola, la seconda la seguì poco dopo. I genitori di Mariottina morirono; lei si occupava non più dei nipoti di Marco, ma di un altro pronipote. Il ruolo di bambinaia si tramandava di generazione in generazione: dalla scuola materna alletà scolare. Alla fine sembrava inutile. I nipoti la invitavano a casa e la sopportavano solo per gratitudine. Grazie, Marco! si sentiva.
Qualche anno prima che la zia incominciasse a gravare su tutti, la casa di campagna (circa il bosco di funghi e il fiume vicino) fu venduta dalle sorelle di Mariottina per una bella somma. Marco allora propose: Compagni, compriamo insieme una piccola stanza alla zia, così non dovrà vivere sotto un cespuglio!
Le nipotine, un po spaventate, si chiedevano: Se morirà, a chi andrà la piccola casa? La questione dellappartamento era sempre spinosa. Marco, dal cuore puro, rispose: Chi la servirà, la avrà, o come la signora Mariottina deciderà. Ma Marco non visse oltre i cinquantanni: morì di gastrite, la cui causa fu il cancro.
Con la scomparsa di Marco, la famiglia dimenticò la zia Mariottina. I bambini erano ormai cresciuti, non avevano più bisogno di una bambinaia, e lei, ormai settantunenne, si ritrovò sola. Si trasferì in una piccola abitazione, con solo un tavolo, un armadio e un lettino pieghevole. Abituata a prendersi cura dei piccoli, sentì la solitudine, finché non arrivò unopportunità.
Entrò in un supermercato e, in fila alla cassa, una giovane donna le chiese: Badate ai bambini? Ho una bambinauna bambina pallidache ha subito unoperazione al cuore e non può andare allasilo. Cerco la più buona bambinaia, con alloggio. Mariottina si avvicinò, la bambina rise e disse: Vieni, ti racconterò delle fiabe. Così la zia trovò una nuova affidata.
Ciccinina, ora di quattro anni, era un vero piacere da crescere. Le due divennero inseparabili, condividevano una stanza ampia e luminosa. I genitori della bambina lavoravano molto, così trascorreva gran parte del tempo con Mariottina, che lei chiamava affettuosamente Kasha. La piccola doveva fare esercizi di respirazione, passeggiare lontano dalle strade inquinate e rispettare una routine. Nonostante la mancanza di istruzione formale, la bambinaia osservava scrupolosamente le regole, e Ciccinina cresceva in salute.
Quando arrivava lora di dormire, la piccola chiedeva: KashaMariottina, raccontami una storia. E la zia, con voce seria, narrava avventure semplici, confidandole anche un episodio personale: durante il ritorno in barca con la moglie incinta di un nipote, avevano dovuto prendersi cura di un neonato. La zia fu chiamata a ritirarlo e a portarlo a casa. Lì, la giovane donna, di nome Oliva, la incontrò in cabina. Oliva, studentessa, aveva appena rotto con il fidanzato e si trovava incinta. Non voleva tornare a casa, temeva che i genitori la cacciassero. Mise il bambino, chiamato Alessia, tra le braccia di Mariottina, dicendo: È un dono di Dio, tienilo.
Il piccolo piagnicò. Mariottina, non madre ma esperta, avvolse il neonato in una coperta, cantò un canto ninnananna. Trovo anche un biglietto in cui Oliva chiedeva perdono per averla lasciata, firmandosi Alessina. Nella borsa cerano vestitini, latte in polvere e un thermos con acqua calda, ma nessun certificato di nascita. Probabilmente Oliva aveva partorito fuori dallospedale.
Il battello si allontanò dal molo, e Mariottina continuò a cullare Alessina. Dio lha mandato, pensò, immaginando di portare la bambina al villaggio. Ma la moglie del nipote intervenne, chiedendo: Perché dovrei accudire un bambino che non è mio? Il capitano intervenne, e la bambina fu rimossa. Mariottina rimase con il rimorso di non aver accettato quella piccola vita.
Ciccinina, ascoltando la triste storia, la abbracciò forte: Almeno ti ho io, bambinaia. E la zia rispose: Sei la mia, piccola.
Il ruolo di Mariottina nella famiglia divenne incerto. Allinizio era considerata una membro a pieno titolo, partecipava alle faccende domestiche, riceveva cibo e qualche soldo, che metteva da parte con la pensione. Un giorno, Ginevra, la figlia di Marco, propose: Mariottina non ha più lavoro, affittiamo la stanza. Con i soldi potremo pagare una maestra di pianoforte per Ciccinina. Il vecchio pianoforte polveroso della casa poteva così servire a dare lezioni private.
Sette anni dopo, Ginevra ereditò una parte di un appartamento a Bologna e, con il consenso di Mariottina, trasformò la piccola casa in un appartamento monolocale, intestato a Ciccinina e alla zia in parti uguali. A quel punto la parentela non si curava più di lei e tutto procedette senza intoppi.
Gli anni volarono. Ciccinina divenne una giovane donna attraente e in ottima salute, terminò il liceo e si iscrisse alluniversità a Napoli. Mariottina le lasciò un risparmio decente per le spese di studio, laffitto e forse un po per il matrimonio. Nel frattempo, la zia cominciò a perdere la vista, zoppicava per casa, emanava lodore della vecchiaia. La madre di Ciccinina, Elisabetta, viveva a Milano e non richiedeva cure; così la nonna rimaneva una presenza strana nella vita di Ginevra.
Elisabetta spostò Mariottina dalla stanza luminosa a una cantina buia, giustificando che chi è cieco non sente la differenza. Rispose bruscamente: Andate tutti via, per Dio! Passò da voi a lei, trattandola come nessuno.
Alla fine, fu Ginevra a raccogliere i documenti per far ricoverare Mariottina in una casa di riposo, usando il suo contatto influente. Ciccinina, presa dallo studio, chiedeva per un attimo se la nonna fosse davvero necessaria, ma presto tornò al suo mondo universitario, dove condivideva lappartamento con un compagno e dove laiuto della zia era ancora fondamentale per le bollette.
Con la laurea in tasca, Ciccinina tornò a casa con una notizia: Mamma, Andrea mi ha chiesto di sposarmi! Verrà a conoscerti con i suoi genitori. Non vogliamo un grande matrimonio, ma il vestito bianco è dobbligo dove è la bambinaia? Corse nella vecchia stanza dove un tempo abitava Mariottina. Elisabetta, un po imbarazzata, rispose: È qui, nella cantina. Papà ha spostato gli scaffali. Non importa, è cieca, così è più tranquilla per tutti.
Ciccinina aprì la porta della cantina e trovò il letto e la vecchia bambinaia, KashaMariottina, avvolta da una coperta logora. Elisabetta, rifiutando di testimoniare lincontro, si diresse in cucina, irritata dal clamore. La nonna, ormai quasi cieca, fu accolta con parole affettuose: Nessuna, bambina mia, sei il mio frutto maturo. La bambinaia, con voce fioca, rispose: Ciccinina, cara. Sì, ci siamo incontrati.
Due ore più tardi, Mariottina, accudita da Ciccinina, mangiava il pranzo nella vecchia stanza. Sul suo grembo cera una piccola scatola profumata: oli essenziali e erbe secche che Ciccinina le aveva portato in regalo, trasformando la stanza in un prato fiorito per i sensi di chi non vede più.
Mentre la cucina era piena di discussioni tra madre e figlia, Elisabetta lamentava: È difficile prendersi cura di una cieca, soprattutto con il marito di Ciccinina che sembra in crisi di mezza età. Ciccinina rispose quasi sussurrando: Se ti chiudessi in cantina per quarantanni, capirai?
Alla fine, la storia si chiuse con la nonna Mariottina che, a novantadue anni, morì serenamente, senza più lamenti. Lultimo anno rimase a letto, piena di gratitudine per una vita semplice, buona e luminosa.






