Mi sembra che lamore sia svanito
Sei la ragazza più bella di tutta luniversità disse lui, porgendole un mazzo di margherite comprato al mercato di Porta Palazzo.
Giulia rise, accettando i fiori. Le margherite sapevano destate e di qualcosa di inspiegabilmente giusto. Lorenzo le stava davanti con lo sguardo sicuro di chi sa esattamente quello che vuole. E quello che voleva, era lei.
Il loro primo appuntamento fu al Parco del Valentino. Lorenzo arrivò con una coperta, un thermos di tè e panini preparati da sua madre. Rimasero seduti sullerba fino a tardi, finché Torino non si accese di lampioni. Giulia ricordava la risata di lui, roca e allegra, la mano che le sfiorava il polso come per caso, e quello sguardo come se lei fosse lunica ragazza in tutta la città.
Tre mesi dopo, andarono insieme a vedere una commedia francese al cinema Reposi, che Giulia non capì quasi per niente, eppure rise ugualmente con lui. Dopo sei mesi, la presentò ai suoi genitori. Passò un anno, e Lorenzo le propose di andare a vivere insieme.
Ormai ogni notte la passiamo insieme le disse, passando le dita tra i suoi capelli che senso ha pagare per due case?
Giulia acconsentì. Non era certo una questione di soldi. È che con lui, tutto sembrava avere senso.
La loro piccola casa in affitto profumava di minestrone la domenica e di lenzuola stirate. Giulia si era specializzata nel preparare le polpette preferite di Lorenzo, con aglio e prezzemolo, esattamente come le faceva sua madre. La sera, Lorenzo le leggeva ad alta voce articoli di giornali economici, sognando una sua impresa. Giulia lo ascoltava con la testa tra le mani, pronta a credere in ogni suo sogno.
Facevano progetti: prima di tutto, mettere da parte i soldi per lanticipo. Poi comprare una casa tutta loro. Una macchina. E poi i figli, certo. Due, un maschio e una femmina.
Avremo tutto il tempo diceva Lorenzo, baciandole la fronte.
Giulia annuiva. Con lui accanto, si sentiva invincibile.
…Quindici anni insieme avevano costruito una vita di oggetti, abitudini, riti. Una casa a San Salvario con vista sul giardinetto. Un mutuo di ventanni, che estinguevano in anticipo rinunciando alle vacanze e spesso anche alla pizzeria. Una Toyota grigia sotto casa Lorenzo laveva scelta, trattata sul prezzo, e la lucidava ogni sabato fino a vederci la sua faccia.
Lorgoglio le riempiva il petto come un bicchiere di Barbera: tutto, se lerano conquistato da soli. Niente aiuti dai genitori, nessuna spinta. Solo lavoro, risparmi, tenacia.
Giulia non si lamentava mai. Anche se era stanca e si addormentava sul tram per poi risvegliarsi al capolinea. Anche quando sognava di mollare tutto e fuggire al mare. Erano una squadra, diceva Lorenzo, e Giulia ci credeva.
Il suo benessere era sempre la priorità. Questa regola Giulia laveva cucita nella pelle. Se Lorenzo tornava stressato, cucinava qualcosa di caldo, offriva una tisana, lo ascoltava in silenzio. Problemi con il capo? Gli carezzava i capelli, sussurrandogli che tutto si sarebbe risolto. Dubbio su se stesso? Lei trovava le parole giuste per ricostruirlo.
Sei il mio porto sicuro, il mio rifugio diceva Lorenzo.
Giulia sorrideva. Non era forse bello essere il porto di qualcuno?
I tempi duri non sono mancati. La prima volta, dopo cinque anni: lazienda di Lorenzo fallì. Rimase a casa per mesi, sfogliando offerte di lavoro e imbronciandosi sempre di più.
La seconda fu peggio: dei colleghi gli misero i bastoni tra le ruote, Lorenzo perse il lavoro e dovette pagare una grossa cifra. Vendettero la macchina per saldare il debito.
Giulia non lo accusò mai, non con le parole né con gli sguardi. Accettò incarichi extra, lavorò di notte, tagliò ogni spesa. Le interessava solo una cosa: come stava lui. Se avrebbe resistito. Se avrebbe perso fiducia in se stesso.
…Lorenzo si rimise in piedi. Trovò persino un lavoro migliore, ricomprarono una Toyota identica. La vita tornò scorrevole e un giorno, in cucina, Giulia disse a voce alta ciò che pensava da tempo:
Forse è il momento? Non ho più ventanni. Se aspettiamo ancora…
Lorenzo annuì, serio, ponderato.
Dobbiamo prepararci.
Giulia trattenne il fiato. Anni di attesa, di rinunce, di sogni rinchiusi in fondo al cassetto. Ora era arrivato il momento.
Se lera immaginato mille volte: piccole dita intrecciate alle sue, profumo di borotalco, i primi passi in soggiorno, Lorenzo che racconta una favola prima della buonanotte.
Un figlio. Loro figlio. Finalmente.
Il cambiamento fu immediato. Giulia rivoltò la dieta, la routine, le abitudini. Visite da medici, esami, vitamine. Il lavoro passò in secondo piano, proprio mentre le avrebbero proposto una promozione.
Sei sicura? le chiese la direttrice, occhiali calati sul naso. Non capita tutti i giorni.
Giulia era sicura. Il nuovo posto prevedeva trasferte, orari folli, tensioni. Non lideale per una gravidanza.
Preferirei il trasferimento nella filiale rispose.
La direttrice sospirò.
La filiale era a un quarto dora da casa. Il lavoro era monotono, privo di stimoli. Ma si usciva alle diciotto e nei weekend spariva ogni pensiero.
Giulia si adattò in fretta. I nuovi colleghi erano gentili, seppure poco ambiziosi. Si portava il pranzo da casa, passeggiava durante la pausa e andava a letto presto. Tutto per il futuro figlio. Tutto per la famiglia.
Il gelo arrivò piano. Allinizio Giulia non ci fece caso. Lorenzo lavorava molto, era stanco. Capita.
Poi smise di chiederle comera andata la giornata. Non la abbracciava più prima di dormire. E non la guardava più come una volta, quando la chiamava la più bella di tutta luniversità.
La casa era silenziosa. Un silenzio storto. Prima parlavano per ore, di lavoro, di sogni, di stupidaggini. Ora Lorenzo stava sempre al cellulare. Rispondeva a monosillabi. Andava a dormire voltandole le spalle.
Giulia rimaneva sveglia, fissando il soffitto. Tra loro, una voragine larga mezzo materasso.
Lintimità svanì del tutto. Due settimane, tre, un mese. Giulia smise di contare. Lorenzo trovava sempre una scusa:
Sono stanco. Facciamo domani.
Ma il domani non arrivava mai.
Un giorno, raccolto il coraggio, Giulia gli sbarò la strada verso il bagno.
Che succede? Dimmi la verità.
Lorenzo guardava altrove, verso lo stipite della porta.
Niente, va tutto bene.
Non è vero.
Te la stai immaginando. È solo un periodo. Passerà.
La scansò e si chiuse in bagno. Lacqua iniziò a scorrere.
Giulia rimase nel corridoio, la mano sul petto. Faceva male. Sordo, costante, infinito.
Durò ancora un mese. Poi Giulia non ce la fece più. Chiese:
Ma tu mi ami?
Il silenzio cadde pesante, eterno.
Io… non lo so più.
Giulia si lasciò cadere sul divano.
Non lo sai?
Lorenzo finalmente la guardò negli occhi. Cerano solo vuoto e smarrimento. Nessuna delle scintille di quindici anni prima.
Credo che lamore sia finito. Da tempo. Ho taciuto, non volevo ferirti.
Per mesi, Giulia aveva vissuto in quellinferno senza sapere la verità. Cercava nei suoi sguardi, interpretava ogni parola. Forse aveva problemi al lavoro. Forse crisi di mezza età. Forse solo un brutto periodo.
E invece era solo che non la amava più. E taceva, mentre lei progettava il futuro, rinunciava alla carriera, preparava il corpo alla maternità.
La decisione arrivò allimprovviso. Niente più forse, niente più tentativi. Basta.
Chiederò il divorzio.
Lorenzo impallidì. Lei vide il pomo dAdamo che gli sobbalzava.
Aspetta, non così in fretta. Possiamo provarci
Provarci?
Facciamo un figlio, dai. Forse cambia tutto. Si dice che i bambini uniscano le coppie.
Giulia rise amaro, brutto, senza grazia.
Un figlio peggiorerebbe solo le cose. Tu non mi ami. Perché mettere al mondo un bambino? Per poi divorziare con un neonato in braccio?
Lorenzo taceva. Non poteva rispondere.
Giulia se ne andò il giorno stesso. Mise lessenziale in una valigia, affittò una stanza da unamica. Dopo una settimana, quando le mani non tremavano più, presentò i documenti per il divorzio.
La divisione dei beni fu un incubo: la casa, la macchina, quindici anni di acquisti condivisi. Lavvocato parlava di stime, quote, trattative. Giulia annuiva, prendeva appunti, sforzandosi di non pensare che ora la loro vita era ridotta a metri quadri e cavalli fiscali.
Presto trovò una nuova casa in affitto. Si esercitava a vivere sola. Cucinava per una persona sola. Guardava le serie tv senza commenti altrui. Dormiva di sbieco su tutto il letto.
Di notte arrivava il dolore. Si rannicchiava sul cuscino, ricordando le margherite del mercato, la coperta al Valentino, la voce di lui che sussurrava sei il mio porto sicuro.
Il dolore era insopportabile. Quindici anni non si cancellano come una vecchia maglietta.
Ma in quella ferita si apriva altro: sollievo. Un senso di giustizia. Era arrivata in tempo. Aveva evitato di legarsi a quelluomo con un figlio. Di impantanarsi in un matrimonio vuoto per il bene della famiglia.
Trentadue anni. Tutta la vita davanti.
Fa paura? Da morire.
Ma ce la farà. Non ha altra scelta.






