«Che te la fai con mio marito, scema? Non hai coscienza! Prima hai staccato il figlio unico dal cuore di sua madre, ora vuoi sgozzare anche il marito!» urlò Antonia Serafina, la suocera.
«A che serviva a me! Mi servirebbe solo un marito mio e dei bimbi da sfamare!» ribatté Nicola Andrea, il genero, mentre mangiava una bruschetta.
«E ti è piaciuto il mio modo di cucinare?», chiese Antonia, infuriata.
«Mi piace, ma dopo quarantanni è una noia! Sempre la stessa minestra! Non potresti almeno aprire un libro di ricette!» rispose Nicola, con un ghigno.
«Ti farò aprire il libro così tanto che sarai felice come un bambino a scuola materna! E non è che tu abbia rifiutato il mio cibo perché ti è venuto il naso a causa della zuppa di Gelsomina!»
«Ah, la ho provata!», esclamò Nicola, sorridendo. «Devo sapere come nutre mio figlio e i nipotini!»
«Ti è piaciuta? E ora devo litigare con la nuora?», lanciò Antonia, avvicinandosi minacciosa. «Dovresti aver pulito le sue pentole!»
«Avrei dovuto provare una cucina alternativa! Magari un po di ambrosia con nettare?», replicò Nicola, facendo l intellettuale.
«Chi è?», incrociò le braccia Antonia.
«Sei tu, buio! Non sai neanche cucinare! Per questo non mi porti ai pranzi di famiglia, altrimenti non potrei nutrirmi! E non mi fai entrare da amici, così non mi riempiono lo stomaco!»
«Ti costruirò una cucina da chef stellato! Ti rinchiuderò in soffitta, ti darò solo pane e acqua!», minacciò Antonia. «Allora ti piacerà la tua avena senza sale né zucchero!»
«Che minaccia è questa? A chi la rivolgi? Al mio caro marito!», sbottò Nicola, ferito nellorgoglio. «Se mi sposo di nuovo, ti dirò a tutta la provincia che sei una cattiva cuoca!»
«Oh, se ne andrà!», esclamò Antonia. «Ti aspetta già Giacchina, non vede lora di buttarti fuori dalla sua cucina!»
«Io la faccio entrare perché le porto danni materiali!», replicò Nicola, «e se passo da tuo figlio, pagherò lo stipendio a Giacchina, non a te!»
Antonia, che conosceva bene il carattere del marito, accettò la minaccia e, se fosse finita male, non avrebbe cambiato decisione. Doveva risolvere la questione da unaltra parte.
«Allora! Prendi la tessera e vai a Milano! Compra lì un libro di cucina e poi torna a cucinare per me! E sappi che dovrai anche aiutarmi!», ordinò Antonia.
«Ecco dove cominciava tutto!», rise Nicola, spinto da unondata di entusiasmo. In tre minuti gli fu consegnata la tessera, saltò sul treno e, una volta a Milano, fece una sosta al bar della stazione per uno spuntino.
«Giacchina!», chiamò Antonia al piano di sopra. «Andiamo a litigarci, poi a far la pace!»
«E non possiamo fare subito la riconciliazione?», chiese Giacchina, uscendo dalla cucina comune.
«Le regole del genere lo chiedono», sbuffò Antonia.
«Bene, allora cominciamo», rispose Giacchina, scrollandosi le spalle.
Antonia ripeté, come se nessuno fosse in casa: «Che te la fai con mio marito, scema? Non hai coscienza! Prima hai staccato il figlio unico dal cuore di sua madre, ora vuoi sgozzare anche il marito!»
Le parole tonanti erano possibili perché la casa era vuota e, come dicevano, le regole del genere lo richiedevano.
Giacchina, già pronta, intervenne: «Che mi serve? Ho bisogno di un marito e dei bimbi da sfamare! Ma questo ospite improvvisato ha sconvolto il frigo, e ora devo correre al mercato! Non stampo denaro!»
«Dovreste nutrire meglio il vostro marito, altrimenti ci divora!», sbottò Giacchina, ricordando come il genero assaggiava il suo piatto e poi faceva locchiolino come una mucca che lecca una candela.
«Sei la nuora perfetta, ma il marito torna dal lavoro, e con lamore non si riempie lo stomaco!», lamentò Antonia, mentre i bambini mangiavano con forchette di plastica.
«Se lo prendessi per mano, lo metterei a letto per un mese», disse Nicola, ma Antonia rise.
Antonia amava litigare con la nuora, ma senza cattiveria, quasi fosse una canzone a due voci.
«Giacchina», disse Antonia, accarezzando una sedia vicina, «dobbiamo dare una lezione al nostro operatore!»
«Il tuo marito è da decidere tu,», rispose Giacchina. «Io lo chiamo suocero! Se Stefano scopre che lo insulti, dove resterà la casa?»
«Sei la dottoressa del villaggio! Sai come far stare bene un uomo senza che il sole gli faccia male! Io, dal canto mio, ti sarò grata!»
«Io posso», annuì Giacchina. «E non è finita qui: lo hai mandato a comprare un libro di cucina!»
«E allora lo farò! Ma prima devo farlo staccare dal tuo cibo! Tu sei venuta a lamentarti!»
«Ti offro copertura per una vendetta giusta! È come concedere unindulgenza!»
«Ma non danneggiare il nonno, è un comico, ma è ancora nostro!»
«Va bene», accettò Giacchina. «La controspionaggio funziona! Quando sarà scontento, mi sosterrà!»
«Ti sosterrò e ti ricompenserò!», promise Antonia.
***
Una coppia giovane è amore, tenerezza e pochi soldi. In città tutti sono imprenditori; Stefano e Giacchina erano semplici contadini. Stefano, meccanico di trattori, e Giacchina infermiera di campagna.
Stefano, al ritorno al villaggio, fu assegnato dove non cerano vacche. Fu così che si conobbero nella stalla. Il suo sguardo sul camice bianco di Giacchina lo fece innamorare allistante.
«Ti cercherò ogni giorno finché non accetterai! Se guardi un altro, non avrà più bisogno di te!», disse Stefano, che la corteggiò per un anno fino a quando Giacchina cedette allamore.
Si sposarono con una grande festa; i parenti di Giacchina viaggiarono quattro giorni per arrivare. Vissuti nella casa dei genitori di Stefano, si mise subito la questione:
«Come vivremo? In una casa sola o ognuno per sé?»
«Che ci pensiamo?», intervenne il suocero. «Sono giovani, vivano separati!»
«E dove andiamo?», chiese Stefano al padre.
«Che andare?», rise Nicola. «Questa casa è stata costruita per due famiglie! Quando una è andata via, hanno rimosso le pareti in un colpo solo! È facile separarli! Cucina comune, bagno annesso. Una sola tetto, ma ognuno fa quello che vuole!»
Così fecero, ma dovettero organizzare la vita quotidiana. Giacchina, prima abitava in una mensa del collettivo, quindi non aveva gran cose. La suocera non voleva condividere i suoi risparmi.
«La nuora deve arrivare con il suo patrimonio, non rubare i risparmi della suocera!»
Presero a credito un frigorifero, un microonde e una pila di pentole. Con il tempo comprarono ciò che serviva. Le discussioni in cucina erano inevitabili, ma servivano a sfogare la tensione.
Un giorno, Giacchina preparò la cena e dovette correre a una chiamata durgenza in un paese vicino. Strinse al sacco la polenta, la avvolse in una coperta e volò via.
Al ritorno, Stefano la accolse con una lamentela:
«Hai coscienza? Il lavoro è lavoro, ma non si può dimenticare la famiglia! Sono tornato, ho preso i bambini e non cè nulla da mangiare!»
«Come non cè? Io ho cucinato!», rispose Giacchina.
«Non so cosa hai cucinato, ma abbiamo cercato nel frigo dei panini e cera nulla: niente salame, niente formaggio, nessun burro! Giacchina, dove era la tua attenzione?»
Stefano, che quel giorno aveva ricevuto lo stipendio, era andato al centro per riempire il frigo, spendendo molto.
«Il frigorifero è pieno di salumi e formaggi per tre giorni! Chi pensa a questo? Non è per gli ospiti, ma per noi!»
Nicola Andrea, il genero, reagì a gran voce: «È una calunnia e una provocazione! Non ho né sonno né spirito per questa storia!»
«Dove sono le prove?», chiese.
«Se non ci sono prove, perché ti dispiace? È per il suocero, non per un estraneo!»
«Allora avresti dovuto mettere qualcosa nel frigo, così non lo rubi senza vergogna!», ribatté Giacchina.
«Chi non è beccato non è ladro!», replicò Nicola. «E lavarizia è cattiva!»
Giacchina, senza altra scelta, andò dalla suocera.
«Non nuotiamo nei soldi! Se cerco di comprare qualcosa di prelibato per mio marito e i bambini, è per loro, non per tuo marito!»
Antonia Serafina, con voce ferma, rispose: «Se ti dispiace, dillo!»
«Sì, mi dispiace», ammise Giacchina. «Lavoro, Stefano lavora, abbiamo due figli, i vostri nipoti, e tuo marito li ingozza! È normale?»
Si allontanarono con rancore.
Il suocero, infine, puntò il dito contro la nuora, dicendo che cucinava male. Antonia, decisa a mettere il marito a posto, pensò di allontanare i giovani, ma era troppo tardi.
***
Se Giacchina non fosse diventata infermiera, sarebbe stata una soldatessa. Con la sua mente strategica, avrebbe potuto creare una magia culinaria così potente da far tremare qualsiasi organismo.
Disegnò sul frigorifero una pentacolo e proclamò a gran voce:
«Lancio un incantesimo! Chi mangia dal frigo senza il mio permesso subirà una fine terribile! Solo mio marito e i miei figli sono esenti!»
Accese due candele, bruciò un po di erba santa e, per effetto drammatico, colpì per cinque minuti il ferro di una pentola con un mestolo.
Nicola Andrea si crocifisse, sputò sul sinistro, infilò una spilla sotto la camicia e girò i pantaloni al contrario. Con quel aspetto, prese la maniglia del frigorifero della nuora e del figlio, afferrò una cotoletta, un pomodorino, una mozzarellina e la ingoió a bocca chiusa, chiudendo gli occhi per il piacere.
«Non mi succederà nulla!», disse con arroganza.
«Ah, certo», gli lanciò Giacchina con sguardo gelido.
Tolse gli alimenti carichi dal frigo e pronunciò:
«Che la dea della Farmacologia ti punisca!»
Il suocero, per forza di cose, trovò un rimedio: un lassativo, un vomitivo e una pillola per il battito accelerato.
Mentre Nicola Andrea veniva sciacquato da ogni lato, attraversò la porta per una passeggiata notturna. Giacchina, vedendo che non gli rimaneva nulla di pericoloso, commentò:
«Non accetti il cibo stregato? Ti avevo avvertito!»
Nel bagno, Nicola si faceva il bagno da solo, lavava i vestiti e cantava in onore della madre, della nonna e della bisnonna, ricordando che la nuora era della sua stessa stirpe.
Antonia Serafina mantenne la sua promessa. Da dove non sapeva, tirò fuori due milioni di euro e li diede a Giacchina, così che lei, il marito e i figli potessero costruire una casa.
«Preferibilmente in un altro villaggio!», suggerì la suocera. «E ti darò ancora più soldi quando scadrà il mio deposito!»
E tutto finì bene. La suocera andava a far visita alla famiglia di Stefano, mentre il suocero promise di non impiccare più la nuora.
«Preferisco mangiare terra che accettare qualcosa dalle sue mani! È una strega, una vera strega!».






