Da dove viene questa foto? Lorenzo si sbiancò appena notò, appesa al muro, limmagine del padre scomparso
Quando Lorenzo rientrò dal lavoro, la madre lo aspettava sul balcone a innaffiare i fiori. Con la schiena piegata sui vasi sospesi, sistemava delicatamente le foglie. Il suo volto era avvolto da una luce serena e particolare.
Mamma, sei come una piccola ape, tolse la giacca, si avvicinò e la abbracciò per le spalle. Ancora tutta la giornata in piedi?
Che lavoro è mai, rispose lei con un sorriso. Lanima si riposa. Guarda che bel verde! Lodore è come se non fosse un balcone ma un giardino botanico intero.
Rise piano, con quella dolcezza che la contraddistingueva. Lorenzo inspirò il profumo tenue dei fiori e, senza volerlo, tornò indietro ai ricordi dinfanzia, a quegli anni nella casa comunale dove lunico orto era un vaso di kalanchoe che perdeva costantemente le foglie.
Passarono molti anni. Ora la madre trascorreva gran parte del tempo nella casetta di campagna che Lorenzo le aveva regalato per il cinquantesimo anniversario. Un piccolo edificio, ma con un vasto orto: in primavera i semenzali, in estate le serre, in autunno i raccolti, e in inverno lattesa della primavera.
Ma Lorenzo sapeva bene che, per quanto la madre sorridesse, nei suoi occhi dimorava sempre una tristezza luminosa. Una tristezza che non svaniva finché non si avverasse il suo più grande desiderio: rivedere colui che attendeva da tutta la vita.
Il padre. Una mattina ordinaria si mise in viaggio per andare a lavoro e non tornò più. Lorenzo aveva solo cinque anni. La madre raccontava: quel giorno il padre lo baciò alla tempia, come al solito, strizzò gli occhi al figlio e gli disse: «Sii coraggioso». Poi partì, ignaro che quella sarebbe stata lultima volta.
Seguirono denuncie, la polizia, le ricerche. Parenti e vicini mormoravano: «Forse se ne è andato», «Ha unaltra», «Qualcosa è accaduto». Ma la madre ripeteva sempre la stessa frase:
Non se ne sarebbe andato senza motivo. Quindi non può tornare.
Questa convinzione accompagnò Lorenzo per più di trentanni. Era certo che il padre non avesse potuto abbandonarli, semplicemente non poteva.
Dopo la scuola, Lorenzo si iscrisse al Politecnico, benché nel profondo sognasse di diventare giornalista. Sapeva però che doveva mettere rapidamente i piedi per terra. La madre lavorava come infermiera in ospedale, faceva turni notturni e non si lamentava mai. Anche quando i piedi gonfiavano e gli occhi arrossavano per la mancanza di sonno, diceva:
Va tutto bene, Lorenzo. Limportante è studiare.
E così studiò. Di notte cercava il padre nei registri dei scomparsi, sfogliava archivi, scriveva nei forum. La speranza non si spegneva, anzi, diveniva la sua essenza. Divenne forte, perché doveva essere il sostegno per la madre.
Quando ottenne il primo buon impiego, prima pagò i debiti della madre, poi mise da parte dei risparmi e, infine, comprò la stessa casa di campagna. Disse:
Fatto, mamma, ora puoi riposare.
Lei pianse senza vergogna. Lorenzo la strinse e sussurrò:
Te lo meriti da mille volte. Grazie di tutto.
Lorenzo sognava una famiglia. Una casa dove profumasse il ragù e il pane appena sfornato, dove la domenica tutti i parenti si radunassero e il riso dei bambini riempisse le stanze. Finché non ebbe i mezzi, lavorò sodo, raccogliendo denaro per avviare unattività sua. Le sue mani erano sempre abili, fin da piccolo amava costruire cose.
Nel suo cuore però viveva un desiderio: trovare il padre. Sperava che un giorno, entrando in casa, potesse dire:
Scusami non potevo prima.
Allora tutto si sarebbe sistemato. Si sarebbero capiti, avrebbero perdonato, si sarebbero abbracciati i tre. E sarebbe stato vero.
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A volte Lorenzo si scopriva a ricordare ancora la voce del padre. Come quando lo prendeva in braccio e diceva: «Allora, coraggioso, pronti a volare?» e lo lanciava in alto. Poi lo teneva forte
Quella notte Lorenzo lo rivide in sogno. Il padre stava sulla riva di un fiume, con un vecchio cappotto, chiamandolo. Il volto era sfocato, come nella nebbia, ma gli occhi quegli stessi occhi grigi, familiari.
Il lavoro di Lorenzo era stabile, ma con uno stipendio di pochi euro al mese non si poteva sognare nulla di grande, soprattutto se aspirava a una propria impresa. Così la sera faceva piccoli lavori: sistemava computer, impianti intelligenti. In una serata riusciva a visitare due o tre case, a sistemare stampanti, router, aggiornamenti tutto a memoria. Gli anziani lo apprezzavano per la cortesia, la pazienza e la chiarezza con cui spiegava ogni cosa.
Un giorno ricevette un ordine tramite una conoscente: una famiglia benestante, un casale fuori città, con guardie e passaggi. Doveva installare la rete domestica.
Arriviate dopo le sei. La padrona sarà a casa e vi mostrerà tutto, le era stato detto.
Lorenzo arrivò puntuale. Passò il posto di blocco, si avvicinò a una casa bianca con colonne e grandi finestre. La porta le aprì una giovane donna, di circa venticinque anni, delicata, vestita elegantemente.
È il tecnico? Entrate, il studio è del padre. È in trasferta, ma ha chiesto che sistemi tutto oggi, disse con un sorriso lieve.
Lorenzo entrò. La casa era luminosa, spaziosa, avvolta da un profumo costoso appena percettibile. In salotto cera un pianoforte, alle pareti dipinti, scaffali colmi di libri, foto in cornici. Lo studio era austero: legno scuro, lampada verde, tavolo massiccio, poltrona in pelle.
Prese gli attrezzi e si sedette al computer. Tutto procedeva come al solito finché i suoi occhi non si posarono su una foto sul muro. Una giovane coppia: una donna in bianco con fiori tra i capelli, accanto un uomo in completo grigio. Sorridente.
Nonostante gli anni avessero cambiato i tratti, la voce interiore gli gridò chiaro: era lui. Il padre.
Lorenzo si alzò, si avvicinò. Occhi grigi, zigomi familiari, fossetta vicino alle labbra. Non poteva sbagliarsi.
Scusi chi è in questa foto? chiese a bassa voce.
La giovane lo osservò sorpresa.
È mio padre. Lo conosciete?
Lorenzo non seppe cosa rispondere. Guardò la foto come se avesse visto un fantasma. Il cuore batteva così forte che sembrava volesse uscire dal petto. Alla fine riuscì a dir:
Credo forse sì. Soffiò lentamente. Potrebbe… raccontarmi come si sono conosciuti i vostri genitori? Scusi se sembra strano, ma per me è davvero importante.
La ragazza arrossì un po, ma rispose:
Mio padre ha avuto una vita strana. Inizialmente era un ingegnere. Con mia madre si incontrò per caso, in vacanza, e poi si innamorarono
Mi guardò intensamente:
Sembra che si sia sbiancato. Va tutto bene? Ha sete?
Lorenzo annuì in silenzio. La giovane andò in cucina, e lui rimase lì, senza capire perché stesse facendo tutto ciò. Forse era immorale, forse illegale. Aprì Il mio computer e iniziò a cercare.
La cartella Privato era protetta da password. Lorenzo inserì la sua data di nascitae, miracolosamente, funzionò. Dentro cerano vecchie foto, scansioni di documenti e un file di testo senza titolo. Lo aprì.
Il testo iniziava bruscamente, come una lettera che qualcuno non aveva osato più scrivere:
«Dal primo giorno sapevo che era sbagliato. Eri bella, intelligente, benestata e innamorata. Io nessuno. Solo allinizio. Ho mentito dicendo di essere single, di non avere legami. Pensavo fosse una storia breve. Ma tutto è cambiato: mi presentasti ai tuoi genitori come il tuo futuro sposo, cominciammo a preparare il matrimonio Volevo fuggire, ma non potei più. La tua fiducia, i soldi di tuo padre mi hanno legato. Mi hanno fatto nuovi documenti. Un passaporto senza annotazione di matrimonio. Non ne sono fiero. Credevo fosse più facile per tutti. Lina dimenticherà. Il figlio è ancora piccolonon capirà. E ora non mi riconosco più. Vivo nel benessere, ma ogni mattina bevo il caffè sapendo di essere un traditore. Non cè via di ritorno»
Gli occhi di Lorenzo si offuscarono. Si lasciò cadere sullo schienale della sedia e fissò un punto immobile, senza sapere quale emozione provare. Rabbia? Disprezzo? Rimpianto?
Davanti a lui si dipanava una tradizione di tradimento lungo decenni. Una madre che tutta la vita aveva raccolto spiccioli, non si era risposata, viveva solo per il figlio. E il padre immerso nel lusso, che aveva dimenticato, rifiutato, riscritto la sua vita.
Lorenzo concluse il lavoro in fretta, ricevette una busta bianca con soldi e se ne andò. Non ricordò come arrivò allauto. Si sedette, chiuse la portierale mani tremavano.
Per tre giorni non trovò parole, cercava un modo per dire la verità. Ma la madre, come sempre, percepì subito:
È successo qualcosa, Lorenzo? Sei come non te stesso
Lui le raccontò tutto: la casa, la foto, il laptop, la storia letta.
Lei ascoltò in silenzio, senza interrompere. Solo una volta chiuse gli occhi e strinse i pugni finché le nocche non diventarono bianche.
Quando lui si fermò, lambiente si fece silenzioso. Poi la madre si alzò, si avvicinò alla finestra e fissò lontano, verso lorizzonte. Dopo un lungo sguardo disse placidamente:
Sai mi ha sollevata.
Lorenzo, sorpreso, chiese:
Sollevata?
Sì. Ho vissuto per anni con la domanda: Perché? chiedermi. Forse è in difficoltà? È malato? E se? giorno dopo giorno, il giro si chiudeva. Ora so. Non è in difficoltà. Ha semplicemente scelto unaltra vita.
Si sedette al tavolo, appoggiandosi alle mani. Nei suoi occhi non cerano lacrime, solo stanchezza, quella che arriva dopo un lungo cammino.
Non devo più aspettare, Lorenzo. Non devo più temere di aver perso qualcosa. Sono libera.
Scusa se se ho trovato tutto questo, sussurrò lui.
La madre scosse la testa.
Non servono scuse. Tutto nella vita può andare per il meglio. Solo che non lo capiamo subito.
Lo abbracciò, come faceva quando da bambino si era sbucciato dal ciclomotore.
Sai, sei il mio più grande dono. E persino lui esitò, mi ha regalato te. Quindi nulla è stato vano.
Quella sera Lorenzo era seduto accanto a uno stagno, a guardare il cielo tingerarsi di rosa al tramonto.
Capì che non voleva più vedere il padre. Non cercava parole, spiegazioni o scuse vuote.
Il suo papà non era più quel signore di una villa lontana. Era limmagine di un bambino, calda, pura, priva di inutili ornamenti. Che rimanga dove è, nei ricordi.
Vivere non è tenere rancore. Non è trascinare un passato che non cammina più accanto a noi. Vivere è saper lasciar andare.
E proprio in quella sera Lorenzo lasciò andare tutto, definitivamente.






