Ti ho dato un figlio, ma non vogliamo nulla da te, – la telefonata dell’amante che ha sconvolto la famiglia di Lera

Ti ho dato un figlio, ma non vogliamo nulla da te, ha detto al telefono lamante.

Sergio guardava Valeria con laria di un cane bastonato.
Sì, hai capito bene. Vale, sei mesi fa ho avuto unaltra storia.
Solo un paio di incontri, così, per distrarmi.
E adesso, lei mi ha dato un figlio. Da poco…
A Valeria gira la testa. Che notizia!
Il marito fedele, innamorato, ha messo al mondo un figlio con unaltra!
Ci mette tutte le sue forze per cercare di capire.

Per diversi minuti resta lì, muta, tentando di assimilare la confessione.

Il marito è seduto davanti a lei, le spalle curve, le mani incastrate tra le ginocchia.

Sembra più piccolo del solito, come se tutta laria gli fosse uscita da dentro.

Un figlio, quindi ripete Valeria. Tu, uomo sposato, hai avuto un figlio.

Non dalla moglie. Non da me

Vale, ti giuro che non lo sapevo, davvero.

Non sapevi come si fanno i bambini? Sergio, hai quarantanni.

Non sapevo che volesse tenerlo.
Ci eravamo già lasciati, lei era tornata dal marito.
Pensavo che tra loro andasse tutto bene.
Ieri mi ha chiamato: «Hai un figlio. Tre chili e duecento. Sta benissimo».
Poi ha chiuso la chiamata.

Valeria si alza. Le gambe reggono a fatica, le ginocchia molli come dopo una maratona.

Fuori, lautunno impazza.

Nonostante tutto, per un momento si perde nella bellezza del paesaggio oltre la finestra.

E quindi? domanda senza voltarsi.

Non lo so

Bella risposta da uomo vero. Capofamiglia. Non lo so.

Si gira di scatto.

Hai intenzione di andare lì? Di vederlo?

Sergio, spaventato, alza gli occhi pieni di vergogna.

Vale, lei mi ha mandato lindirizzo della clinica, dice che fanno la dimissione dopodomani.

Mi ha detto solo: «Se vuoi vieni, se non vuoi non importa. Non vogliamo nulla da te».

Orgogliosa

Non vuole niente da me

Non vuole nulla, ripete Valeria con amaro sarcasmo. Santa ingenuità.

La porta dingresso sbatte nel corridoio sono tornati i figli più grandi.

Valeria indossa in un attimo il suo sorriso di facciata.

Ormai è diventata esperta: anni di lavoro in azienda le hanno insegnato a non perdere mai la maschera, nemmeno quando tutto sta andando a rotoli.

Entra Federico, il figlio maggiore, ventenne, alto e robusto.

Oh, ciao mamma, ciao papà. Vi vedo con la faccia lunga
Mamma, cè qualcosa da mangiare? Siamo affamati da morire dopo lallenamento.

In frigo ci sono i ravioli, scaldateli pure, risponde Valeria.

Papà, hai promesso che oggi dai unocchiata al motore della mia vecchia Fiat, interviene Luca, il secondogenito, dando una pacca sulla spalla al padre.

Valeria osserva la scena, e il cuore le si stringe a tal punto che le manca il respiro.

Loro lo chiamano papà. Il vero padre se nè andato tanto tempo fa, lasciando solo qualche assegno e due cartoline allanno.

Sergio li ha cresciuti lui. Gli ha insegnato a guidare, gli ha curato le sbucciature, è andato ai colloqui e ha affrontato mille problemi scolastici.

È lui il loro vero papà.

Sergio si sforza di sorridere:

Certo, Luca, dopo controllo. Fammi finire di parlare con la mamma.

I ragazzi si sistemano in cucina, facendo stridere i piatti.

Ti vogliono bene, dice piano Valeria. E tu

Vale, piantala Anchio li amo. Sono i miei figli. Non me ne vado da nessuna parte.

Lho detto subito: è stato un momento di follia. Un errore.

Con lei… non cera nulla di importante. Solo uno sfizio!

Uno sfizio che ora cambia i pannolini…

Nella stanza entra Iris, la figlia piccola di sei anni. A quel punto la corazza di Valeria si incrina. La bambina si lancia sulle ginocchia del padre.

Papà! Perché sei triste? Mamma ti ha sgridato?

Sergio la stringe forte, poggia il naso sui suoi capelli chiari.

Per lei lui vivrebbe tutta la vita.

Valeria lo sa: per Iris sarebbe capace di affrontare chiunque. Un amore paterno assoluto.

No, principessa. Stiamo solo parlando di cose da grandi. Vai a vedere i cartoni, arrivo subito.

Quando la bimba esce, il silenzio ricade in cucina.

Capisci che tutto cambia, adesso? domanda Valeria, tornando a sedersi.

Non me ne andrò, Vale. Amo te, i ragazzi Senza di voi non posso vivere.

Sono solo parole, Sergio. La realtà è che là cè tuo figlio. Ha bisogno di un padre.

Quella donna adesso dice che non vuole nulla.

Forse è leuforia, gli ormoni, o magari è tutto calcolato.
Tra un po il bambino si ammalerà, crescerà, serviranno soldi.
Lei ti chiamerà: «Sergio, non abbiamo la tuta invernale». Oppure «Sergio, serve il pediatra».
E tu correrai da loro. Sei buono, troppo.

Sergio resta muto.

E i soldi, Sergio? Valeria abbassa la voce. Dove li prenderai?

Lui scatta come punto da un insetto ha toccato il suo nervo scoperto.

La sua azienda è fallita due anni fa, hanno saldato i debiti con i soldi di Valeria.

Adesso lavora, si arrangia, qualcosa mantiene, ma sono spiccioli rispetto a quello che porta lei.

La casa, le auto, le vacanze, listruzione dei figli tutto sulle sue spalle.

Lui nemmeno una carta propria decente ha più; sono tutte bloccate dai creditori. Usa le contanti o la carta collegata al conto di Valeria.

Mi arrangerò, brontola.

Dove? Vai a fare il tassista la notte? O prelevi dal mio comodino per aiutare quella famiglia?

Ti rendi conto che assurdo? Mantengo tutti io, e tu con i miei soldi mantieni una donna che ha avuto tuo figlio!

Non è una sbandata! sbotta Sergio. Era già tutto finito mesi fa!

Un figlio lega più di qualsiasi firma in Comune.

Vai alla dimissione?

La domanda resta sospesa. Sergio si copre il viso con le mani.

Non lo so, Vale. Davvero. Umanamente… dovrei. Il bambino non ha colpa.

“Umanamente”, Valeria sorride amara. Umanamente rispetto a me? E Iris? E Federico e Luca?

Se vai lì, lo prendi tra le braccia. E sei finito.
Ti conosco, Sergio, sei troppo sentimentale.

Allinizio andrai una volta a settimana, poi due, poi ogni weekend.
Racconterai bugie sul lavoro, mentre noi aspetteremo a casa.

Valeria va al rubinetto, apre lacqua e la fissa scorrere.

Lei ha trentadue anni, Sergio. Otto meno di me. E adesso ha tuo figlio. Proprio suo, di sangue.

I miei ragazzi non sono tuoi di sangue, anche se li hai cresciuti. Ma lì sì, è tuo, è carne tua.

Pensi che non conti nulla?

Stai dicendo sciocchezze. I ragazzi sono miei, io li ho tirati su.

Ma smettila! Gli uomini desiderano sempre lasciare un erede. Di sangue.

Abbiamo Iris!

Iris è una bimba…

Sergio scatta in piedi.

Basta! Vuoi cacciarmi già? Ho detto che resto. Ma non sono nemmeno di ghiaccio.

Lì è nato un bambino. Mio, sì.

Ho torto ovunque con te, con tutti.

Se vuoi cacciarmi, fallo subito. Raccolgo le mie cose e me ne vado. Da mia madre, in qualunque posto. Ma non ricattarmi!

Valeria si blocca, improvvisamente spaventata.

Se glielo dicesse davvero, lui se ne andrebbe.

Orgoglioso. Sciocco, ma orgoglioso. E così finirebbe dritto tra le braccia dellaltra.

Lì lo accoglierebbero, sarebbe il loro salvatore, il papà. Magari povero, ma il vero padre. E allora lo perderà per sempre.

E lei non vuole perderlo. Nonostante il dolore, la rabbia che la brucia, lo ama ancora. E anche i figli lo amano.

Distruggere è facile. Basta un attimo per cacciarlo. Ma poi? Come si vive in una casa vuota, dove ogni angolo lo ricorda?

Siediti, sussurra. Nessuno ti caccia.

Sergio resta in piedi qualche istante, ansimando, poi si siede.

Vale, scusami. Sono un idiota…

Sì, sei un idiota, annuisce lei. Ma sei il nostro idiota…

La sera passa nella nebbia.

Valeria aiuta Iris con i compiti, corregge i report di lavoro, ma la testa è altrove.
Si immagina quella donna. Comè? Bella? Sicuramente giovane.

Starà guardando il neonato convinta di aver vinto.

«Non voglio niente!» Ma dai, questa è la mossa più furba. Niente scenate, solo mostrare: hai un figlio, noi ce la facciamo da soli.

Così si colpisce davvero lorgoglio di un uomo. Subito scatta il desiderio di esserci.

Sergio si gira e si rigira, sospira, dorme a sprazzi. Valeria invece fissa il buio con gli occhi spalancati.

Ha quarantacinque anni, bella, curata, di successo, ma la vecchiaia è dietro langolo.
E lì cè la giovinezza…

***
La mattina dopo Valeria sta peggio non riesce a darsi pace.

I ragazzi fanno colazione in fretta e scappano, Iris invece fa i capricci.

Papà, fammi la treccia! chiede decisa. Mamma la fa male.

Sergio prende la spazzola. Le sue grandi mani, abituate al volante e al martello, si muovono dolci tra i capelli fini della bambina.

Intreccia con cura, la lingua fuori per la concentrazione.

Valeria beve il caffè e lo guarda.

Eccolo, suo marito. Quello vero, presente, di casa. Eppure là fuori cè un altro bambino che ha il diritto di chiamarlo papà.

Come si fa?

Sergio, gli dice quando Iris è andata a vestirsi, dobbiamo decidere. Subito.

Lui posa la spazzola.

Ci ho pensato tutta la notte.

E allora?

Non vado alla dimissione.

Dentro, a Valeria qualcosa si stringe, ma non lo fa vedere.

Perché?

Perché se vado, do speranza a lei, a me, a quel bambino.

Non posso essere papà di due famiglie. Non voglio, Vale! Non voglio mentirti, rubare tempo a Iris, a Federico, a Luca.

Ho già scelto undici anni fa. Tu sei mia moglie e questa è casa mia.

E laltro bambino? le scappa, a sorpresa.

Aiuterò con i soldi. Ufficialmente, con un bonifico o quello che serve.
Ma andare da loro no. Meglio che cresca senza conoscermi, piuttosto che aspettarmi inutilmente ogni fine settimana.

È più giusto così.

Valeria tace, fa girare la fede al dito.

Sei sicuro? Non te ne pentirai?

Me ne pentirò, ammette Sergio. Mi domanderò sempre come sta. Ma se comincio ad andare da loro, perdo voi.

Lo sento, perché tu non lo sopporteresti. Sei forte, Valeria, ma non di ferro.

Cominceresti a odiarmi, e io non voglio il tuo odio.

Oddio, sono confuso

Sergio la raggiunge, le mette le mani sulle spalle.

Vale, non voglio unaltra vita. Ho te, i nostri figli.
Il resto è solo il prezzo della mia stupidità.
Pagherò con i soldi, solo con quelli.
Né tempo, né cure, né attenzioni: non riesco a condividere nulla di più.

Valeria copre la sua mano con la propria.

I soldi, eh? sorride amaro.

Li guadagnerò. Mi spaccherò la schiena, ma pagherò io. Mai più userò i tuoi risparmi per le mie cavolate.

È solo affar mio, Vale.

Valeria si sente più tranquilla.

Forse non è stato corretto con lei, ma era proprio questo che voleva sentirsi dire.

Il marito non ha nessunaltra e lei non condivide il marito con nessuno, dei sentimenti dellaltra non le importa.

Ha avuto un figlio da un uomo sposato? Problema suo.

***
Alla dimissione Sergio non si presenta.

Laltra rompe il telefono con mille chiamate: urla, impreca, domanda perché non sia venuto.

Sergio lavverte chiaramente: può contare solo sul suo aiuto economico, incontri non ce ne saranno.

Laltra riattacca e nei sei mesi successivi non si fa più viva. Il suo telefono rimane spento.

E a Valeria va benissimo così.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

eight + 7 =

Ti ho dato un figlio, ma non vogliamo nulla da te, – la telefonata dell’amante che ha sconvolto la famiglia di Lera