Perché sei così presto? balbettò Andrea, visibilmente smarrito.
Marisa inserì la chiave nella porta di casa, varcò la soglia e accese la luce dellingresso. Il primo elemento a catturare il suo sguardo furono due tacchi rossi, parcheggiati sul pavimento. Li riconobbe subito: erano le scarpe della sua amica Alessia.
Quella mattina, al lavoro, una nausea improvvisa e una vertigine la colpirono dritta. Negli ultimi giorni aveva avvertito un leggero malessere, ma laveva sempre ignorato. Ora, però, la stanchezza la travolgeva.
Che ti è successo? si voltò preoccupata la collega di scrivania, Anna.
Improvvisamente mi è venuta la nausea, la testa gira disse Marisa, slacciandosi il colletto della camicetta e passando la mano sul sudato davanti.
Non sei incinta, per caso? rise Anna, con un sorrisetto beffardo.
No, non dire così! scacciò Marisa. Probabilmente ho mangiato qualcosa di non fresco.
E cosa potrebbe essere non fresco se sei una vera cultore della sana alimentazione? scoppió in una risatina Anna.
Marisa rimase immobile, il pensiero di una gravidanza le attraversò la mente. Forse è vero oppure no.
Senti, Anna, devo fare un test. Se è vero andare in farmacia. disse, alzandosi dal tavolo.
Uscì dallufficio a passo svelto, attraversò il corridoio e si diresse verso il bagno. Dieci minuti dopo, nella piccola cabina, le mani tremanti fissavano le due righe sul test.
Era incinta.
Il cuore le balzò in gola. Lei e Andrea non erano ancora pronti per un bambino. È forse il destino? si chiedeva, mentre i pensieri si accavallavano. Capì che quel giorno non sarebbe riuscita a lavorare normalmente e si diresse verso la direzione, chiedendo un permesso a Irenea Bianchi, la sua capo.
Certo, Marisa, torna a casa, riposati. Domani ti aspetto in ufficio. le sorrise dolcemente Irenea.
Marisa non camminò, ma volò verso lappartamento. Doveva condividere la notizia con Andrea, che quel giorno era in riposo. Immaginava lo shock sul suo volto quando sarebbe comparsa alla porta con quel messaggio.
Aprì di nuovo la porta di casa, accese la luce, e i tacchi rossi la fissarono ancora. Che ci fa Alessia qui a questora? si chiese, entrando nel salotto. Lì non cerano persone, ma dalla camera da letto provenivano voci.
Con il cuore che batteva allimpazzata, Marisa si avvicinò, aprì la porta e si trovò di fronte Andrea e Alessia, immersi in una conversazione animata.
Marisa! balbettò Andrea, sorpreso. Perché sei così presto?
Alessia, avvolta nel suo copertone, agitava gli occhi spaventati.
Il ricordo dei momenti successivi era confuso: urla, oggetti sbattuti, la spinta di Andrea fuori dal letto, il pianto straziante che la sommerso, la caduta sul materasso e il silenzio che la avvolse. Dopo unattesa in cucina, il buio della sera avvolse lappartamento, lasciandola sola e immobile.
Cinque giorni dopo, Marisa si recò in una clinica privata per fissare un appuntamento per un aborto. Nei giorni precedenti aveva deciso con fermezza di terminare la gravidanza. Andrea, che era tornato a casa solo una volta per prendere le sue cose, le comunicò la separazione. Scoprì che lui e Alessia erano stati una coppia da sei mesi.
Non voleva informare Andrea della gravidanza; sapeva che il suo cuore era già lontano, e non voleva trattenere un figlio di chi non la amava più. Con i genitori a Bologna e il salario insufficiente a pagare una tata, la decisione di non portare avanti il bambino sembrava lunica via.
Arrivata alla clinica, si sedette in attesa.
Entra! chiamò una voce dietro la porta.
Marisa entrò. Il dottore, intento a sistemare dei fogli, alzò lo sguardo.
Anton? esclamò, sorpresa. Sei tu?
Anton, il suo compagno di classe e primo amore, era lì. Da quellundicesimo anno di scuola, Marisa aveva custodito un segreto: era segretamente innamorata di lui, ma non aveva mai avuto il coraggio di rivelarlo. Lui le aveva chiesto di ballare al ballo di fine anno, poi laveva baciata sulla guancia. Il ricordo le fece battere il cuore, ma linsicurezza laveva portata via da casa sua quella sera. Dopo il diploma, Anton si era trasferito a Firenze per studiare medicina e non si erano più rivisti.
Ora, davanti a lei, il suo volto era cambiato, ma la bellezza rimaneva.
Marishka! Che sorpresa! esclamò Anton, abbracciandola.
La loro conversazione si fece vivace, ma poi Anton, ricordando il suo ruolo, le chiese:
Allora, cosa ti porta qui?
Marisa, con un sospiro, raccontò tutto: linfedeltà di Andrea, il tradimento di Alessia, la gravidanza inaspettata.
E hai deciso di abortire? le chiese Anton, osservandola attentamente.
Sì. rispose con fermezza.
Dopo lesame, Anton propose:
Perché non andiamo a prendere un caffè stasera? Parliamo, ti aiuto a riflettere. Laborto è una decisione importante, non si prende alla leggera.
Marisa accettò, desiderosa di confidenza.
Quella sera si ritrovarono in un piccolo bar di Brera, tra risate e ricordi di scuola. Per la prima volta in una settimana, Marisa si sentì leggera. Anton, però, cambiò tono:
Non vuoi tenere il bambino? chiese.
Hai figli? Sei sposato? la interruppe.
Era la mia moglie mi ha lasciato quando ho scoperto di non poter avere figli. rispose Anton, abbassando lo sguardo.
Un silenzio pesante si fece strada. Anton la guardò negli occhi, le lacrime le rigavano le guance.
Sai, io… vorrei che quel bambino fosse mio, anche se non potrei mai essere il padre biologico.
Marisa, tremante, ammise:
Ho paura di non farcela, ma dentro di me desidero questo bambino.
Anton le sorrise, stringendole la mano.
Quella notte, per la prima volta da giorni, Marisa dormì serena, come se un peso si fosse sollevato dal suo cuore.
Il giorno successivo, mentre il sole filtrava tra le persiane, Marisa si addormentò pensando:
Se avessi avuto più coraggio al ballo di fine anno, forse ora saremmo insieme
Il tramonto portò una sorpresa: il campanello suonò e Marisa, aprendo la porta, trovò Anton con una borsa di frutta fresca.
Sono venuto a vedere la mia paziente! disse, timidamente. Come hai trovato il mio indirizzo? chiese Marisa.
Era nella tua cartella clinica! rise Anton.
Entrò, e i due si sedettero in cucina a bere un tè.
Sai, Marishka, fin dallinizio della scuola ho provato a dirti quello che provavo. Al ballo, avevo sperato in unopportunità, ma sei scappata via. raccontò Anton.
Oh, se solo sapessi quanto mi rimproveravo per quello! rispose Marisa, arrossendo. Anche io ti volevo, ma ero troppo timida. Ti ho sempre rimpianto.
Dopo un momento di silenzio, Anton fissò Marisa negli occhi e, con tono serio, disse:
Forse il destino ci sta ancora dando una possibilità.
Ma io sono incinta di un altro. balbettò Marisa. Perché vuoi un bambino che non è tuo?
Perché, anche se non sarò mai padre biologico, voglio essere quello che lo ama. rispose Anton, sorridendo dolcemente.
Marisa, ancora incerta, concluse:
Daccordo.
Anton la avvicinò, la strinse e la baciò. Le lacrime di Marisa scesero ora di gioia, mentre la stanza si riempiva di una speranza nuova, pronta a riscrivere il loro destino.






