La mia lista dei desideri: I sogni che desidero realizzare

Lista dei miei desideri

Nel corridoio il pavimento era soffocato da scatole ammucchiate. Giorgio, rosso di sforzo, infilava unaltra sopra il vecchio ripostiglio a scomparsa. La polvere si posava sulla sua chioma che iniziava a diradarsi come bruma dinverno.

E perché tenere tutto questo? È solo spazzatura, brontolava, scendendo dalla trabattella traballante.

Non è spazzatura, rispose con voce bassa ma ferma la sua moglie Cinzia. Era seduta sul pavimento, spartendo una valigia vecchia piena di carte. È memoria.

Memoria? sbuffò Giorgio. Da questa memoria mi cade la schiena. Alla fine la butti via tra un anno. Non cè più spazio.

Cinzia non rispose. Le dita scivolarono sul lussuoso cuoio consunto della copertina di un vecchio album. Lo aprì.

Guarda, disse, quasi come se non sentisse il suo mormorio. La bambina di prima elementare. Te la ricordi?

Giorgio si avvicinò a malincuore. Sul fotogramma ingiallito spuntava una ragazzina con i fiocchi bianchi, che fissava il sole.

Sì, la ricordo, borbottò più dolce. Piangevi perché il grembiule ti graffiava.

E questo è il campo estivo

Campo di Val di Fassa, annuì Giorgio, sbirciando oltre la spalla di Cinzia. È lì che hai portato quella conchiglia. Quella che ancora giace da qualche parte in questa stanza.

Riprese a rovistare tra le scatole, ma senza la prima voglia di farlo. Cinzia sfogliava pagina dopo pagina. Gioventù, università, il loro matrimonio Giorgio con una giacca così ampia da sembrare un palazzo, lei in un vestito di pizzo di sua madre. Giovani, lisci, felici. Sorridevano alla lente, ignari di ciò che avrebbero scoperto venti anni dopo: quel piccolo appartamento stipato, i suoi continui brontolii, il suo silenzioso risentimento perché la romantica rimaneva solo su carta.

Attenta! esclamò allimprovviso Cinzia.

Giorgio urtò con la spalla una piccola scatola di cartone e il suo contenuto si sparse sul pavimento. Mentre brontolava e riponeva i libri, Cinzia raccolse dal linoleum una piccola scatolina rivestita di velluto. Ne sollevò il coperchio.

Dentro, su un cuscino di cotone, cera la stessa conchiglia di Val di Fassa, alcuni distintivi sbiaditi, un rametto di mimosa secco e un foglio di quaderno piegato in quattro.

Che cosè? chiese Giorgio, terminata la pulizia.

Cinzia spiegò il foglio. La calligrafia infantile e diligente tracciava: Lista dei miei desideri. 1. Diventare medico. 2. Suonare la chitarra. 3. Andare a Parigi. 4. Sposarsi per grande amore.

Lo porse al marito in silenzio. Lui lo scorse, si addolcì, poi sbuffò:

Il medico non è diventata. Non suoni neanche la chitarra. Parigi non la brami E lamore? si accasciò, massaggiandosi la schiena. Non sei diventata medico, ma ora ho la schiena come quella di un vecchio, per via dei tuoi archivi.

Cinzia gli strappò il foglio dalle mani, fissò il punto quattro, poi lo guardò negli occhi. Lo scrutò sul volto stanco e impolverato di Giorgio, sulle mani che avevano appena sollevato scatole pesanti per liberare un po di spazio nel suo armadio.

Sposarsi per grande amore non significa vivere in una romantica perpetua, Giorgio. Significa che quando il marito ha il mal di schiena, la moglie gli fa un massaggio, e lui, in cambio, lava i piatti.

Ripiegò con cura il foglio, lo rimise nella scatola e chiuse il coperchio.

Va bene, sospirò. Forse hai ragione. Parte di tutto questo può davvero essere smontata.

Posò la scatola accanto a un mucchio di oggetti preziosi, quelli che non verranno mai gettati. Poi si avvicinò a Giorgio, lo abbracciò e appoggiò la guancia contro la sua barba ispida.

Grazie, sussurrò. Per tutto.

Giorgio rimase immobile per un attimo, poi accarezzò timidamente i suoi capelli.

Dai, non ti preoccupare Che ti serve? esitò. Mi farai ancora il massaggio alla schiena?

Lo ricorderò, rispose Cinzia, ancorandosi alla sua spalla.

Capiva che Parigi e la chitarra erano rimasti lì, su quel foglio ingiallito, ma qui, nel corridoio polveroso e angusto, laria era impregnata di vita e non di sogni. Ed era comunque felicità. Quella che non si fotografa, che non si incolla in un album, ma che semplicemente esiste. E questo bastava.

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