Quando la suocera offre di trasferirsi nella sua casa: un gesto generoso o una proposta ricca di secondi fini?

La suocera propose di trasferirsi nel suo appartamento, chiaramente con un piano ben preciso

La ringrazio di cuore per la proposta. È davvero generosa. Ma non ci sentiamo.

La faccia della suocera, la signora Anna Leonardi, si fece lunga.

E perché mai? Troppo orgogliosi?

No, non è questione dorgoglio. È che abbiamo la nostra routine. Per i bambini cambiare scuola a metà anno sarebbe uno stress. E poi ormai ci siamo affezionati. Abbiamo fatto lavori recenti, tutto nuovo.

Nel suo appartamento Cristiana si fermò, scegliendo le parole, ma alla fine decise di andare dritta al punto. Lì ci sono i suoi ricordi, oggetti a cui sicuramente tiene moltissimo.

I bambini sono piccoli, sporcano, rompono qualcosa. A che serve agitarsi inutilmente?

Quando Cristiana tornò dal lavoro a casa, il marito, Daniele, la stava aspettando nellingresso.

Lei si tolse le scarpe, attraversò il corridoio in silenzio, si cambiò in camera e si diresse verso la cucina. Daniele la seguì, silenzioso.

Cristiana perse la pazienza:

Vuoi tornare sullargomento? Ti ho detto di no!

Daniele sospirò a lungo.

Mia madre oggi ha chiamato di nuovo. Dice che il cuore batte forte, che lì non ce la fa più, che i nonni sono sempre più deboli e capricciosi. Non ce la fa da sola.

E quindi? rispose Cristiana, bevendo un sorso dacqua fredda per calmarsi. Ha scelto lei di andare in campagna.

Affitta lappartamento, si prende laffitto, si gode laria pulita. Le piaceva stare lì.

Le piaceva, finché aveva energie. Ora si lamenta che è dura, che si annoia. Insomma Daniele prese fiato. Ci ha chiesto di andare a vivere da lei. Nellappartamento grande.

Cristiana lo fissò e sbottò:

No.

Ma perché subito no? Neanche mi lasci parlare! Daniele allargò le braccia. Guarda: il quartiere è perfetto. Un quarto dora dal tuo ufficio, venti minuti dal mio.

La scuola è proprio dallaltra parte della strada, lasilo sotto casa. Niente più traffico!

E il nostro appartamento possiamo affittarlo, laffitto paga il mutuo, ci resta anche qualcosa.

Daniele, ti ascolti? Cristiana si avvicinò. Viviamo qui da due anni e mezzo.

Io stessa ho scelto dove mettere ogni presa di corrente! I bambini hanno gli amici nel palazzo accanto.

Siamo a casa nostra. Finalmente casa nostra!

Che importa dove, se vieni solo a dormire? Due ore ogni giorno intrappolati nel traffico. ribatté lui. La casa di mia madre è depoca, soffitti alti tre metri, mura spesse, silenzio.

E i lavori fatti quando io frequentavo ancora le elementari tagliò corto Cristiana. Hai dimenticato che odore di muffa cè? E in fondo non è casa nostra. È di Anna Leonardi.

Mia madre ha promesso che non si sarebbe intromessa. Resta in campagna, vuole solo la certezza che la casa sia custodita.

Cristiana fece un mezzo sorriso amaro.

Daniele, hai già dimenticato come abbiamo comprato questa casa?

Lui abbassò lo sguardo. Certo che ricordava. Sette anni passati a saltare da un affitto allaltro, ogni euro risparmiato.

Quando misero insieme lanticipo, Daniele andò dalla madre: il piano era perfetto vendere la grande casa in centro e prenderne una più piccola per lei e una adatta a loro due giovani.

Anna Leonardi allepoca sorrideva, annuiva, diceva: «Certo, ragazzi, vi serve più spazio».

Già avevano visto alcune proposte. Sognavano già. Ma il giorno cruciale, Anna telefonò.

Ricordi le sue parole? insistette Cristiana. Ho pensato Il mio quartiere è così esclusivo; i miei vicini sono tutti una meraviglia.

Come faccio ad andare in quella vostra zona nuova piena di proletari? No, non me la sento.

E siamo finiti in banca, a firmare un mutuo pesante, e abbiamo preso questa casa, cinque chilometri da fuori Milano. Da soli. Senza i suoi metri prestigiosi.

Ma sbagliò, aveva paura di cambiare, è letà mormorò Daniele. Ora è diverso. Si sente sola. Vuole i nipotini vicino.

Nipoti vicino? Li vede una volta al mese, quando portiamo la spesa. Dopo mezzora si lamenta che il rumore le dà il mal di testa.

In cucina entrò correndo il piccolo Arturo, dietro sua sorella Elisa, quattro anni.

Mamma, papà, abbiamo fame! strillò Arturo E Elisa mi ha rotto laeroplanino! Ci avevo messo tre ore a montarlo, lha rotto tutta!

Non è vero! pigolò Elisa È caduto da solo!

Cristiana sospirò.

Su le mani, tutti a lavarsi. Ora si cena. Papà ha fatto la pasta?

Sì, pure i wurstel borbottò Daniele.

Mentre i bambini spingevano in giro le sedie e lei preparava la tavola, la discussione si spense. Ne tornarono a parlare la notte, a luci spente.

***

Sabato toccò andare in campagna: Anna Leonardi aveva chiamato allalba con una voce fragile il nonno aveva finito le medicine e a lei stringeva il petto.

Impiegarono unora e mezza. Anna Leonardi li accolse sul portico. A sessantatré anni era impeccabile: capelli ordinati, manicure, un foulard di seta al collo.

Finalmente! si fece dare un bacio. Cristiana, sei ingrassata? O è la camicetta nuova?

Buongiorno anche a lei, signora Anna. È la camicetta larga, Cristiana fece finta di nulla.

Entrarono. In salotto, i suoceri di Anna, ormai molto anziani, dormicchiavano davanti alla TV.

Cristiana li salutò, ma loro non staccarono gli occhi dallo schermo.

Prendete un tè? suggerì la suocera, spostandosi in cucina. Ho dei biscotti, anche se sono un po secchi Non vado più in negozio, mi fanno male le gambe.

Noi abbiamo portato una torta, Daniele posò la scatola sul tavolo. Mamma, parliamo della casa Dicevi che

Anna Leonardi parve riprendere vita.

Sì, Daniele, sì. Non ce la faccio più. Qui che aria, che natura, certo E i miei genitori hanno bisogno.

Ma dinverno? La noia. E la mia casa lì sta ferma, con gente estranea dentro, rovinano tutto. Mi si spezza il cuore!

Ma gli inquilini sono una brava famiglia, provò a dire Daniele.

Brava! sbottò la suocera. Lultima volta la tenda era storta. E quellodore Non è più casa mia.

Per questo dico: che ve ne state a fare lì fuori? Venite qui! Cè posto per tutti.

Cristiana lanciò uno sguardo al marito.

Ma lei dove vuole abitare? domandò decisa.

La suocera sollevò le sopracciglia sorpresa.

Come dove? Qui, coi miei. Magari ogni tanto torno in città, per un controllo, qualche analisi. Nel poliambulatorio conosco tutti i dottori.

Ogni tanto quanto? chiese Cristiana.

Boh, magari due volte la settimana. Oppure mi fermo una settimana se piove. Ma la mia camera resta mia, la camera da letto. Non metteteci i bambini, fateli stare nel soggiorno grande. La mia stanza va tenuta a modo. Non si sa mai.

Cristiana sentì il sangue ribollire.

Quindi lei ci propone di trasferirci in una casa di tre camere, ma una resta solo sua? Staremmo in due camere con i bambini?

Ma no! rise Anna Leonardi Usatela pure, ma non toccate le mie cose. E la credenza. Cè il mio cristallo, i libri.

Daniele, te lho detto: la libreria non si tocca!

Daniele si agitò sulla sedia.

Mamma, se ci trasferiamo, dovremo sistemarci fare una cameretta, mettere i letti

I letti? Ma cè il divano di papà, è perfetto! Perché spendere?

Cristiana si alzò.

Daniele, due minuti fuori.

Uscì senza aspettare il marito, che la raggiunse appena poteva, lanciando occhiate impacciate verso la porta.

Hai sentito? sussurrò Cristiana. Il divano non si tocca, la mia stanza, faccio avanti e indietro quando voglio. Capisci cosa vuole?

Cristiana, ha solo paura di cambiare

No, Daniele! Vuole che custodiamo gratis casa sua! Non potremo neanche spostare un armadio.

Lei può venire e andarsene quando vuole, con la sua chiave, insegnarmi come si stirano le tende e come si fa la minestrina!

Però saremmo più vicini al lavoro tentò lui.

Non mi importa! Preferisco stancarmi due ore nel traffico che perdere la mia libertà in casa di tua madre!

Daniele guardava le scarpe. Lo sapeva, lo sentiva. Ma la tentazione di una scappatoia era forte.

E poi, Cristiana si incrociò le braccia, ricorda cosa ci fece con la vendita della vecchia casa. Allepoca pensava solo al prestigio.

Ora ha solo bisogno di compagnia. Siamo il suo passatemponon ha di meglio che tenerci sotto il naso.

In quel momento Anna Leonardi spuntò sulla porta.

Che cè da confabulare?

Cristiana si voltò decisa.

Non la disturberemo più, signora Anna. Noi qui non ci trasferiamo.

Baggianate! sbuffò la suocera. Daniele, ma parli solo quando decide tua moglie?

Daniele alzò la testa.

Mamma, Cristiana ha ragione, disse fermo. Restiamo a casa nostra.

Anna Leonardi serrò le labbra. Aveva perso, ma non lo voleva ammettere.

Peggio per voi! Io volevo solo aiutarvi. Fate come sapete, restate bloccati nel traffico. Ma poi non lamentatevi.

Non lo faremo, promise Daniele. Ora andiamo, mamma. Hai ancora bisogno di medicine?

Non mi serve nulla da voi, rispose lei, facendo sbattere la porta dietro di sé.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso. Ormai il traffico in città scorreva; solo uninterminabile scia rossa dal navigatore vicino al loro quartiere.

Sei arrabbiato? chiese Cristiana, al semaforo.

Daniele scosse la testa.

No. Mi sono immaginato Arturo che saltava su quel divano di papà, e mamma che sveniva. Hai ragione, era una pessima idea.

Non mi oppongo ad aiutare, Daniele, sussurrò lei, posandogli una mano sul ginocchio. Spese, medicine, va bene tutto.

Se serve, troviamo una badante. Ma la nostra casa non si tocca.

La distanza è il segreto di buoni rapporti.

Soprattutto con mia madre, rise lui.

***

Anna Leonardi, ovviamente, non dimenticò il volto.

Aveva già sfrattato i coinquilini, convinta che il figlio e la nuora si sarebbero trasferiti.

Per quasi un mese tormentò Daniele di telefonate.

Ma lui resistette: a volte basta un no deciso, quando è il caso.

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