Non di questo mondo

15 aprile, giovedì Diario

Da piccolo, Ginevra Rossi era una bambina dolce e delicata. Mia madre, la signora Maria, mi raccontava sempre:

La nostra figlia ha ereditato dal padre, Giovanni, il cuore grande di nostro nonno Pietro. Lui era un uomo che non lasciava mai in piedi chiunque avesse chiesto aiuto, anche se la sua vita è terminata prematuramente. Ginevra, ora che è cresciuta, continua quella tradizione: salva persino il più piccolo insetto per strada.

Ginevra ha finito gli studi, ha trovato lavoro e ha preso la sua indipendenza, vivendo in un appartamento al terzo piano del palazzo di Nonno Pietro a Trastevere, Roma. Il suo carattere è rimasto quello di una donna generosa, corretta e sempre pronta a dare una mano sia agli uomini che agli animali, nonostante a volte la sua benevolenza fosse vista con sospetto.

Che mistero, non è una di quelle donne mormoravano i vicini, pensando che fosse fuori dal mondo.

Un sabato dautunno, quando la pioggia cadeva a dirotto, Ginevra tornava dal mercato del Campo de Fiori. Lungo la via ha scorto una signora anziana che trascinava a fatica due sacchetti, non ancora pieni.

Che mani tremano, che schiena si curva ha pensato Ginevra con compassione, immaginando gli anni che quelle ossa avevano sostenuto.

Si è avvicinata e ha riconosciuto la signora Maria Ilenia, la vicina del suo palazzo.

Buongiorno, posso aiutarla? ha proposto Ginevra, prendendo le borse dalle sue mani.

La signora, inizialmente spaventata, ha ricambiato con un sorriso incerto.

Grazie, cara, ma devo salire al quarto piano

Lo so, io abito al secondo ha risposto Ginevra, sorridendo.

Portata le borse al suo appartamento, Ginevra ha notato il disordine: la casa non era stata pulita da tempo.

Maria Ilenia, la aiuto a spolverare, sembra davvero difficile per lei. Tornerò più tardi, devo prima portare a casa la spesa ha detto la giovane.

Oh, non è necessario, non vuoi rubare il tuo tempo a una vecchia come me

Non è un problema, vivo da sola e oggi è giorno di riposo ha replicato Ginevra, con la determinazione tipica di chi ha imparato dal padre a non lasciar indietro nessuno.

Da quel giorno Ginevra ha cominciato a visitare regolarmente Maria Ilenia; la sera condividevano un tè, e Ginevra amava ascoltare il suono del vecchio pianoforte che la signora suonava con le dita tremanti. Il pianoforte le era stato regalato dal marito, morto molti anni prima, quando nacque il loro unico figlio. Ginevra stessa sapeva suonare, avendo frequentato il conservatorio, ma aveva abbandonato quellambizione per soddisfare il desiderio della madre.

Un pomeriggio, scendendo le scale, Ginevra ha incontrato sulla panchina di fronte allingresso la signora Tamara Serafina, la vicina del quinto piano.

Ginevra, vedo che ti sei presa cura di Maria ha detto Tamara, con un tono di voce che mescolava ammirazione e gossip. È triste vedere comè trattata la nonna. Suo figlio e la nuora vivono in Germania, ricchi, e i nipoti a Milano non la vedono quasi mai. Si sparge voce che siano solo interessati al patrimonio…

Ginevra ha annuito, ma dentro di sé pensava:

Che patrimonio ha davvero Maria? Solo un pianoforte e qualche mobile solido Sono solo parole vuote.

Quella sera, Ginevra è andata a casa di Maria con una torta al limone.

Mettiamoci comodi, preparo il tè ha detto allegramente, entrando in cucina.

Non devi preoccuparti, cara ha risposto Maria, gli occhi ancora lucidi.

Il tè è stato servito, e Maria ha raccontato della sua infanzia durante la guerra, del marito scomparso da tempo, del figlio andato in Germania con la moglie. Si è lamentata della loro rarissima visita, come se il figlio avesse dimenticato la madre.

Ha dei nipoti? ha chiesto Ginevra con gentilezza.

I nipoti la voce di Maria si è incrinata mi considerano una vecchia matta. Lanno scorso è venuto Gabriele, il più rude, ma ha portato solo della frutta. Prima di partire ha detto: Oh nonna, sei un peso, è ora che te ne vada. E così è rimasta sola, in attesa della sua morte.

Linverno è arrivato e Maria è caduta malata. Ginevra, finita il turno al lavoro, correva ogni sera a casa sua, portava cibo, medicine e, talvolta, la sua chitarra. Una notte, Maria le ha chiesto:

Cara, suona un po al pianoforte, ho voglia di sentire la musica

Ginevra ha posato le dita sui tasti; una melodia delicata è riempita la stanza. Maria, occhi chiusi, sorrideva come se ogni nota fosse un ricordo tornato a vivere. Da allora è nata una piccola cerimonia: mentre Maria raccontava una storia semplice, Ginevra suonava dolci arie.

Il tempo è passato e la salute di Maria peggiorava. Un giorno, mentre Ginevra puliva il pavimento, Maria ha rivelato con voce flebile:

Ho scritto un testamento. Lappartamento lo lascerò ai figli, ma il pianoforte voglio sia tuo.

Ginevra è rimasta senza parole.

Non ho bisogno di nulla, signora, non sono di parte e non voglio che i suoi figli mi incolpino ha esitato.

Non preoccuparti, ho già sistemato tutto, cara ha rassicurato Maria.

Primavera è arrivata, e Maria non riusciva più a alzarsi da sola. Ginevra le somministrava le medicine prescritti dal medico di zona, vegliava il suo respiro. La notte della sua scomparsa, Maria, con voce quasi un sussurro, le ha detto:

Non dimenticare il pianoforte, rimarrà tuo. È il mio ultimo regalo.

Il mattino dopo, Ginevra è corsa a chiamare Gabriele, il figlio, sul cellulare di Maria. Alla cerimonia funebre, ha pianto come se avesse perso una nonna, e i nipoti, arrivati per sistemare gli arredi, lhanno invitata a guardare lappartamento vuoto. Al centro della stanza troneggiava il pianoforte.

I traslocatori lo porteranno a casa tua ha detto Gabriele, giovane con aria altezzosa, ma con un accenno di rispetto. La tua buona cura è stata notata, anche se noi lo consideravamo solo un mobile.

Ginevra, colta alla sprovvista, ha sentito dentro di sé una strana mescolanza di gratitudine e tristezza.

Il pianoforte è stato posizionato nel suo monolocale a Trastevere. Ha spolverato la cassa, le lacrime scivolavano sul suo viso, forse per il ricordo di Maria, forse per lonore di aver mantenuto una promessa.

Per giorni non ha voluto sedersi al pianoforte. Una sera, dopo cena, ha aperto il coperchio e ha toccato i tasti. Tra le corde, ha scoperto un piccolo involucro avvolto in un panno di seta. Era una piccola cozza contenente gioielli e una nota:

Ginevra, cara, questi sono per te. Grazie per aver reso felice lultimo anno della mia vita. Se vuoi vendere, fallo, ma conserva almeno un anello come ricordo di me.

Dentro la cozza cerano anelli, orecchini, braccialetti, due collane e una foto depoca di una giovane Maria Ilenia. Il cuore di Ginevra si è riempito di emozioni: una ricchezza inaspettata, ma anche il peso di una storia di vita.

Ha scelto di tenere solo un anello, lha messo al dito e, con dolcezza, ha suonato ancora una volta. Il suono riempiva la stanza, come se la voce di Maria la guidasse.

Il giorno seguente, ha portato la cozza al banco di un negozio di pegni.

Sono vostri gioielli di famiglia? ha chiesto limpiegato, sorpreso.

Sì, sono molto pregiati ha risposto Ginevra, accettando la valutazione.

Con i soldi in tasca, ha deciso di investirli. Ha comprato una vecchia dimora abbandonata nei pressi di Ostia, una villa a due piani con giardino trascurato, mattoni solidi sotto lintonaco scrostato. Ha iniziato i lavori di ristrutturazione, trasformandola in unoasi di pace per gli anziani soli.

Dopo otto mesi, la casa è diventata un piccolo ricovero per persone anziane. Nella spaziosa sala dattesa troneggia ancora il pianoforte, circondato da comodi divani. I primi ospiti sono arrivati: il signor Giovanni Semprini, il signor Ignazio, e le signore Anna e Gilda, due sorelle che avevano perso la casa in un incendio. Con il tempo, il luogo è stato popolato da molti altri.

Spesso Ginevra suona musica classica su richiesta:

Signora Ginevra, suoni qualcosa…

Le note scivolano nellaria e, talvolta, sembra percepire il sussurro di approvazione di Maria: «Bravo, cara»

Ora gestisco quella casa che tutti chiamano La Casa del Cuore. I giornalisti la visitano, scrivono articoli e restano colpiti.

Hai venduto i gioielli e hai aperto questo ricovero? Non ti penti? mi chiedono.

Per niente rispondo con un sorriso. Vedere quegli occhi felici, le mani delle nonne che lavorano a maglia, il signor Semprini che gioca a scacchi con il suo amico Ignazio, mi riempie il cuore. So che Maria è contenta di come ho usato i suoi doni. Io ho guadagnato qualcosa di più: amore, gratitudine e la certezza che la gentilezza non muore mai.

Due anni fa ho sposato Stefano, un uomo dal cuore grande che mi aiuta a gestire la casa. Insieme continuiamo a custodire questa piccola comunità.

Lezione personale: la generosità è un seme che, se piantato con cura, germoglia in forme inaspettate; non è il valore materiale a misurare il nostro impatto, ma la capacità di trasformare il dolore altrui in speranza condivisa.

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