Non riesci proprio a trovargli la chiave giusta
Io non lo faccio! E poi basta comandare! Tu non sei nessuno per me!
Daniele lanciò il piatto nel lavello, facendo schizzare acqua e sugo su tutta la cucina come in un film comico di serie B. Giulia, per poco, non si mise a fare respiri yoga improvvisati. Il quindicenne la fissava con un odio così acceso che pareva lavesse cacciato di casa e bruciato la maglia della nazionale.
Ho solo chiesto una mano con i piatti, Giulia cercava di mantenere la voce piatta. È un favore come un altro.
Mia madre non mi ha mai fatto lavare i piatti! Non sono mica una femmina! E poi tu chi ti credi di essere per comandare qui?
Daniele girò sui tacchi e scomparve. Un istante dopo, dalle sue casse, partiva un trap napoletano da far tremare le mura.
Giulia si accasciò al frigo, occhi chiusi, respirando mozzarella e sconforto.
Un anno prima, era tutto così diverso…
Massimo era capitato nella sua vita quasi per sbaglio. Ingegnere in una ditta edile lì accanto allufficio di lei, finivano sempre seduti accanto nei meeting. Prima ci fu un caffè, poi una pizza post lavoro, poi chilometri di chiacchiere al telefono, fino a notte fonda.
Ho un figlio, aveva confessato Massimo al terzo appuntamento, stropicciando un tovagliolino del bar. Daniele ha quindici anni. Due anni fa io e sua madre ci siamo separati, e… la prende male.
Capisco, rispose Giulia, posandogli la mano sulla mano (con una naturalezza tutta latina). È normale che i figli soffrano per queste cose.
Sei sicura di essere pronta a tenerci tutti e due?
In quel momento, Giulia ci credeva davvero. Trentadue anni, un matrimonio fallito alle spalle (zero figli e anche meno rimpianti), sognava una famiglia vera. E Massimo le dava proprio quellidea: qualcosa di solido, magari anche con un po di parmigiano sopra.
Dopo sei mesi venne la proposta: impacciata, confusa, con lanello nascosto in una scatola di cannoli. Giulia scoppiò a ridere e gridò «sì!» senza pensarci un secondo.
Festa modesta: genitori, quattro amici, trattoria economica. Daniele passò tutta la cena fissando il cellulare come se dovesse salvarlo dal naufragio.
Si abituerà, le sussurrò Massimo vedendo lo smarrimento di Giulia. Dagli tempo.
Giulia traslocò il giorno dopo le nozze nel grande appartamento di Massimo: bella casa, luminosa, cucina enorme e balcone con vista su un cortile rumoroso. Ma, dal primo minuto, si sentì più ospite che padrona.
Daniele la ignorava come si fa con una brutta sedia in un angolo. Quando entrava, lui si metteva subito le cuffie. Se lei chiedeva qualcosa, lui rispondeva a monosillabi, guardando il muro.
Le prime due settimane, Giulia pensava fosse normale. Deve adattarsi, diamogli tempo. I figli hanno il cuore un po lento a carburare coi cambiamenti. Passerà.
No, non è passato.
Daniele, per favore, non mangiare in camera. Poi ci invadono gli scarafaggi.
Papà mi lasciava.
Daniele, hai fatto i compiti?
Cosa timporta.
Daniele, per favore, raccogli le tue cose.
Fallo tu. Tanto non hai altro da fare.
Giulia provava a parlarne con Massimo, con quel tono diplomatico da ambasciatrice ONU:
Forse servono delle regole base, propose una sera, appena Daniele era rientrato in camera. Niente cibo in cameretta, mettere a posto, compiti entro una certa ora…
Giulia, per lui è già un inferno così. Massimo si massaggiava la fronte come dopo una partita a carte andata male. Il divorzio, una persona nuova in casa… Non mettiamogli pressione.
Io non metto pressione. Vorrei solo evitare il caos.
Ma è ancora un ragazzo.
Ha quindici anni, Massimo. Può imparare a lavarsi la tazza da solo.
Massimo sbuffava e accendeva la TV: caso chiuso.
La situazione, però, peggiorava di giorno in giorno. Quando Giulia chiese a Daniele di aiutarla a buttare la spazzatura, lui la fulminò:
Tu non sei mia madre. E non lo sarai mai. Non hai nessun diritto di dirmi cosa fare.
Non ti comando. Ti chiedo solo di aiutare a casa, che è anche la tua.
Questa non è casa tua. È la casa di papà. E mia.
Giulia tornò allattacco con Massimo. Lui ascoltava, faceva sì con la testa, prometteva discorsi col figlio. Ma i famosi discorsi evaporavano sempre. Oppure erano una leggenda metropolitana.
Daniele cominciò a rientrare dopo mezzanotte senza avvisare. Giulia, a letto, le orecchie tese ai rumori sul pianerottolo. Massimo russava beato.
E almeno digli di scrivere dove va, a che ora torna, chiese Giulia una mattina. Non si sa mai cosa può succedere…
È grande ormai, Giulia. Non puoi controllarlo.
Ha quindici anni!
Anchio, a quelletà, facevo tardi.
Però puoi almeno parlargli? Spiegare che siamo in ansia?
Massimo si alzava e usciva di casa, lasciandola appesa.
Ogni tentativo di mettere delle regole scatenava una tragedia greca in salotto. Daniele urlava, sbatteva porte, accusava Giulia di distruggere la famiglia. E Massimo, regolarmente, schierato col figlio.
Lui soffre per il divorzio, ripeteva come un disco rotto. Devi capirlo.
E io? sbottava Giulia. Vivo in una casa dove mi odiano, e tu fai finta di nulla!
Esageri.
Davvero esagero?! Tuo figlio mi ha detto che per lui sono il nulla.
Parole sue.
È ladolescenza. Tutti uguali a questa età.
Giulia chiamò sua madre, che almeno sapeva quando tacere e quando tirar fuori la saggezza.
Tesoro mio, la voce della mamma trasudava preoccupazione. Sei infelice, lo sento in ogni parola.
Mamma, non so che pesci pigliare. Massimo non riconosce il problema.
Perché per lui non esiste. Lui sta bene. A soffrire sei solo tu.
Lucia si fermò, poi aggiunse sottovoce:
Meriti di meglio, Giulietta. Pensaci.
Daniele, ormai impunito, aveva preso il volo. Musica a tutto volume fino allalba, piatti sporchi lasciati ovunque: sul tavolino, sul davanzale, pure nella doccia! Calzini sparsi come coriandoli di Carnevale, libri di scuola sulla tavola.
Giulia puliva perché in mezzo alla sporcizia non ci sapeva stare. E intanto piangeva dalla rabbia. Arrivò il punto in cui Daniele smise di salutarla. Esisteva solo per offenderla.
Non sai trattare con i ragazzi, sentenziò un giorno Massimo. Forse il problema sei tu.
Trattare? Giulia rise amaramente. Ci provo da mesi. Lui mi chiama quella.
Esageri.
Lultima mano tesa le costò un intero giorno di fatica. Trovò online la ricetta preferita di Daniele: pollo al miele e patate rustiche. Spesa al mercato, cucina invasa, quattro ore ai fornelli.
Daniele, è pronto! lo chiamò, tavola imbandita con amore quasi religioso.
Il ragazzo uscì, guardò il piatto e fece una smorfia.
Io questo non lo mangio.
Perché?
Perché lhai cucinato tu.
Via, sparito. Dopo un minuto la porta sbatté: serata tra amici.
Massimo rientrò e trovò cena fredda e moglie sconsolata.
Che succede?
Giulia spiegò tutto. Massimo sospirò:
Ma Giulia… Non te la prendere. Non lo fa apposta.
Non lo fa apposta?! Giulia ormai era un fiume in piena. Lo fa apposta ogni giorno!
Reagisci in modo troppo emotivo.
Una settimana dopo, Daniele portò a casa una squadra intera di amici: cinque teppistelli del liceo. La cucina era una zona di guerra, resti di salame ovunque.
Adesso tutti fuori! Giulia li pescò in salotto, spaparanzati e rumorosi. Sono le undici!
Daniele manco si voltò.
Questa è casa mia. Faccio quello che voglio.
È anche casa mia. E ci sono delle regole.
Che regole? rise uno dei ragazzi. Oh Danié ma chi è questa?
Nessuno. Ignoratela.
Giulia tornò in camera e chiamò Massimo, che arrivò dopo unora quando il campo era già sgombro. Guardò la casa ridotta a un cantiere e Giulia sfinita.
Giulia, ma che sarà mai? I ragazzi sono rimasti un attimo!
Un attimo?!
Stai esagerando. E poi Massimo improvvisamente serio a me sembra che tu voglia mettermi contro mio figlio.
Giulia guardò suo marito chiedendosi dove fosse finito luomo che aveva sposato.
Massimo, dobbiamo parlare. Sul serio. Di noi. Del futuro.
Lui si fece nervoso, ma si sedette.
Io non ce la faccio più, Giulia scandiva ogni parola. Sono sei mesi che subisco mancanza di rispetto. Daniele che mi tratta male. Tu che se ne freghi dei miei sentimenti.
Giulia, io…
Lasciami finire. Ho provato onestamente a entrare in questa famiglia. Ma una famiglia non cè. Ci sei tu, tuo figlio e io: una comparsa che fa la donna delle pulizie.
Sei ingiusta.
Ingiusta? Quando tuo figlio mi ha rivolto una parola gentile? E tu, da quanto non prendi le mie difese?
Massimo taceva.
Ti amo, ammise piano. Ma Daniele è mio figlio. Lui viene prima di tutto.
Più di me?
Più di ogni altra cosa.
Giulia annuì. Un vuoto gelido nello stomaco.
Grazie per la sincerità.
La goccia che fece traboccare il vaso arrivò due giorni dopo. Giulia trovò la sua camicetta del cuore regalo della mamma tagliata a striscette sulla sua federa. Nessun dubbio su chi fosse stato.
Daniele! Giulia si presentò con i brandelli in mano. Che significa questo?!
Il ragazzo alzò le spalle senza staccare gli occhi dal telefono.
Boh, non ne so niente.
Era mia!
E allora?
Massimo! chiamò Giulia il marito. Vieni subito.
Massimo arrivò, osservò camicetta, figlio, moglie.
Dani, sei stato tu?
No.
Vedi? Massimo aprì le braccia. Dice di no.
E chi allora?! Il gatto?! Non abbiamo un gatto!
Magari lhai rotta tu senza farci caso…
Massimo!
Giulia guardava il marito capendo che era inutile insistere. Quelluomo non sarebbe mai cambiato. Per lui esisteva solo suo figlio. Lei era solo una funzione utile.
Daniele soffre senza la madre, ripeté per la centesima volta Massimo. Devi capire.
Io capisco, disse Giulia, gelida. Ormai capisco tutto.
Quella sera prese la valigia.
Che stai facendo? Massimo la trovò in camera.
Faccio le valigie. Me ne vado.
Giulia, aspetta! Parliamone!
Sono sei mesi che parliamo e qui non cambia niente, Giulia piegava gli abiti con cura. Anchio ho diritto a essere felice, Massimo.
Cambio! Te lo giuro! Parlerò con Daniele!
Tardi.
Lo fissò per lultima volta: un uomo adulto, bello, ma incapace di essere marito. Solo padre. Anzi, solo un padre poco lungimirante.
Settimana prossima chiedo il divorzio, annunciò mentre chiudeva la valigia.
Giulia!
Addio, Massimo.
Uscì senza voltarsi. Sul pianerottolo incrociò per un attimo lo sguardo di Daniele il solito, ma stavolta cera qualcosa di diverso: forse stupore? Paura? Ormai, in fondo, non gliene importava più.
Il nuovo appartamento era piccolo ma accogliente un bilocale in periferia, vista cortile tranquillo. Giulia sistemò la roba, si fece una tazza di tè e si sedette sul davanzale. Era la prima volta in sei mesi che si sentiva davvero rilassata.
…Il divorzio fu ufficiale dopo due mesi. Massimo chiamò un paio di volte chiedendo unaltra occasione. Giulia fu gentile, ma irremovibile: no.
Non è crollata, non è diventata amara. Ha solo capito che la felicità non è sopportazione o autolesionismo. La felicità è rispetto, valore. E, prima o poi, la troverà davvero.
Ma non con quelluomo.






