Un Colpo di Scena Inaspettato

15 aprile 2025, caro diario,

oggi mi sento come se la vita mi avesse bussato alla porta con un carico di cambiamenti. A 44 anni mi trovo a fare le valigie, a riprendermi la routine di un uomo che ha appena assistito a un divorzio. Ginevra, la nostra cara collega dentista, ha deciso di spezzare i legami con Alessandro, il suo ex marito, e di tornare a Bologna, la città dove è nata e dove vivono sua madre e il ricordo del padre, il dottor Riccardo Bianchi, un tempo stimato odontoiatra.

Alessandro non è più il giocatore d’azzardo che era una volta. Dopo mesi di promesse infrante, le sue mani hanno lasciato il tavolo delle scommesse, ma non hanno saputo reggere il peso dei debiti. Quando Ginevra ha chiesto a sua suocera, la signora Luisa, di non lasciarla sola, lei ha risposto con una frase che ancora riecheggia nella mia mente: «Non puoi stare più a coprire le sue spese, è il momento di prendere le redini della tua vita». Così Ginevra ha presentato la domanda di divorzio, informando tutti per evitare sorprese.

La sua partenza è stata improvvisa: ha abbandonato l’appartamento che condivideva con Alessandro, un bilocale ereditato dalla nonna, e ha preso il treno per Bologna senza dirci dove andasse. Lavorava in una clinica privata, ma il suo sogno è sempre stato aprire il proprio studio odontoiatrico. Purtroppo, le finanze non le hanno permesso di avviare il progetto, dato che Alessandro continuava a perdere denaro al tavolo del casinò.

Tornata a casa della madre, Ginevra ha riabbracciato la signora Luisa, una ex infermiera appena pensionata, che lha accolta con un abbraccio caloroso: «Benvenuta, figlia mia. Hai tutto il tempo del mondo davanti, e il tuo futuro è ancora una pagina bianca». Luisa le ha anche parlato del dottor Marco Romano, un vecchio amico di suo padre, che dirige una clinica odontoiatrica a Bologna e che potrebbe offrirle un posto.

Il secondo anno di lavoro di Ginevra nella clinica è stato tranquillo, tra pazienti abituali e il ritorno del figlio Marco, ora studente universitario, per le vacanze. Un giorno, la nostra infermiera Ksenia (che noi chiamiamo affettuosamente “Cecilia”) ha annunciato l’arrivo di un nuovo paziente: Procolo Antonelli, un uomo di mezza età dal portamento dignitoso ma con una strana aria di sfida.

«Invitiamo il prossimo», ha detto Cecilia, mentre Ginevra lo osservava entrare. Procolo si è seduto sulla poltrona, il volto impassibile. Dopo aver esaminato il dente superiore destro, Ginevra ha detto: «Cè una carie profonda, devo estrarre il dente 48». Procolo ha risposto con un secco: «Procedi, estrailo». Quando Ginevra le ha chiesto a Cecilia di preparare l’anestesia, Procolo ha bruscamente replicato: «Non voglio l’iniezione».

Mi sono chiesto se fosse un robot o un masochista, ma ho deciso di proseguire la cura. Il paziente non ha mostrato alcun segno di dolore, né durante la perforazione né quando ho inserito il materiale di otturazione. «Dolore?» gli ho chiesto. «No», ha risposto con la stessa freddezza. Dopo la visita, mi è sembrato quasi di parlare con un uomo che, per orgoglio, vuole apparire invincibile davanti al dolore.

Il giorno successivo, Procolo è tornato puntuale per la ricostruzione del dente. Dopo aver finito, mi ha guardato negli occhi e ha detto: «Grazie, dottore. Posso accompagnarti a casa in auto». Ho rifiutato, dicendogli che avrei preso il tram. Poi ha chiesto di fissare un nuovo appuntamento: «Sì, scrivimi per sabato alle nove».

Sebbene il sabato sia il giorno che preferisco per raggiungere la clinica, per via del traffico ridotto, il suo nervosismo mi ha colpito. Lo ho visto passeggiare davanti alla clinica con un mazzo di fiori, controllando lorologio, e tutti i colleghi lo hanno osservato chiedendosi che sorpresa celasse. Quando lo ho salutato, Procolo mi ha consegnato i fiori e, con un sorriso più aperto, ha affermato: «Le iniezioni non sono più una minaccia per me. Ti invito a cena, se ti va». Ho accettato, curioso di scoprire luomo dietro quella maschera.

La cena è stata piacevole, e mi ha confermato che, dietro la sua apparente freddezza, cè unanima sensibile che teme il dolore ma non vuole mostrarselo. Cecilia, la nostra infermiera, ha commentato: «Credo che sia innamorato di te, dottore». Ho sorriso, pensando che, forse, il suo coraggio era solo un modo per avvicinarsi a qualcuno che lo capisse davvero.

Riflettendo su tutto questo, ho capito che nella vita, come diceva il nonno: «Chi si copre le spalle con il coraggio, ma non ammette le proprie paure, non troverà mai pace». Oggi, guardando Procolo allontanarsi con il suo mazzo di fiori, mi rendo conto che la forza più grande è accettare i propri limiti e chiedere aiuto quando serve.

Lezione personale: non si può essere eroi in ogni campo; a volte basta ammettere di aver bisogno di un piccolo gesto di gentilezza per scoprire che la vera forza è nella vulnerabilità.

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