La suocera mi ha distrutto il prato della casa in campagna per farci l’orto e io l’ho costretta a rimettere tutto a posto come prima

Paolo, sei sicuro che non abbiamo dimenticato la carbonella? Lultima volta ho dovuto correre al minimarket di paese e lì aveva solo legna bagnata, disse Martina, lanciando unocchiata al marito, concentratissimo tra le buche della strada sterrata.

Ce lho qui, Marty, tranquilla anche laccendifuoco, la bistecca che hai marinato, tutto nella borsa termica, Paolo sorrise, togliendo gli occhi dalla strada solo un attimo. Devi rilassarti. Due settimane di ferie, niente traffico, solo cinguettii e il tuo adoratissimo prato. Hai sognato più il prato che le Maldive, questinverno.

Martina si abbandonò allo schienale, occhi chiusi, cullata dalla parola prato. Era la sua sinfonia. Tre anni prima, quando avevano comprato la villetta con il giardino sgangherato, cerano solo rovi, ortiche da guinness, ferraglie e vecchi mattoni. Martina stessa aveva spalato le macerie, affrontato erbacce, e poi, insieme a Paolo, chiamato una squadra che aveva livellato tutto e steso un prato a rotoli pregiato, di quelli nelle pubblicità.

Era il suo tempio zen: un tappeto smeraldino, uniforme e soffice su cui leggere un libro, sorseggiare un caffè o improvvisare yoga. Vietato giocare a calcetto in scarponi: non voleva vedere nemmeno un ciuffo piegato. Per lei, il prato era simbolo della villeggiatura rilassata e civilissima, lanti-orticello sudato di nonni e zie.

Spero solo che mamma abbia annaffiato, con sto caldo africano, rifletté Martina ad alta voce. Hanno dato trentacinque gradi per giorni.

Dai, non ti stressare, minimizzò Paolo. Mamma ha le chiavi, è responsabile, viene ogni due giorni con quanto tieni a quel prato, lo sa anche il parroco.

La suocera, Erminia Ferri, era la classicona: energica, vociona da mercato, mentalità daltri tempi e fissa totale che la terra, poveretta, debba lavorare, mica oziare. Ogni chiazza di suolo le partiva la litania: Vuoi mettere le patate col divano? I primi tempi, Martina aveva fatto trincea: niente aiuole dove cera prato! Erminia aveva sbuffato, borbottato di modi moderni e perditempo, poi si era rassegnata e si curava solo della sua piccola serra in un angolo.

Quando lauto di Paolo strusciò sul brecciolino vicino al cancello, Martina scese e aprì il lucchetto. Sospirò il profumo di pini cotti dal sole e di rose canine. Non vedeva lora di sentire il fresco verde sotto i piedi nudi.

Aprì il cancello, fece il primo passo… e si pietrificò. La borsa del laptop le cadde per terra come una frittella.

Marty? Tutto ok? urlò Paolo dallauto, spegnendo il motore, allarmato dal mutismo improvviso.

A quel punto anche lui scese e la raggiunse. Videro.

Niente più prato da copertina.

Davanti alla casa, al posto del tappeto di velluto, solo terra smossa: solchi, zolle sgangherate, chiazze del prato caro finito a coriandoli tra le vangate bestiali. E tra i solchi, pure qualcosa che già spuntava: pianticelle smunte come lautoironia in riunione condominiale.

Lì in mezzo, con accappatoio e cappello a fiori, la Erminia. Felice come se avesse vinto Sanremo, si asciugava il sudore con la pala in pugno.

Oooo, siete arrivati! squillò. Sto preparando la sorpresona! Quasi finita in tempo.

A Martina scese il sangue sotto ai piedi. Avanzò a rallentatore e si fermò davanti a ciò che una volta era il prato. Sotto le sue scarpe, i brandelli verdi rimasti erano impastati nella rete anti-erbacce, tagliati male con la vanga.

Che… cosè questo? mugolò Martina, il tono gelido da brina in freezer. Paolo si ritrasse istintivamente.

Che domande! Lorto! replicò Erminia, gettando la pala come un vessillo. Guardate che spazio buttato! Ho fatto due conti: qui il sole ci batte da mattina a sera. Che spreco! Ho messo le cipolle, lì ci pianto le carote novelle, e laggiù pure le zucchine. Zucchine nostrane, mica cinesi! Stanotte sarà sogno e realtà!

Mamma… Paolo gemette avvicinandosi. Ma stiamo scherzando? Quello era un prato a rotoli! Abbiamo speso quattordicimila euro, tre anni fa! Più manutenzione, fertilizzante, tagli…

Sciocchezze! liquidò la suocera, Vi hanno fregato, figlioli! La terra deve fruttare! Ma avete visto le zucchine al supermercato? Un furto. Qui, roba nostra. Niente diserbanti! Ho sudato tre giorni, mentre voi svernavate lombelico.

Martina era muta davanti a quellostentazione. Aveva davanti non solo prepotenza, ma anche una spettacolare mancanza di rispetto per ciò che le stava a cuore.

Signora Erminia, si riscosse Martina, alzando gli occhi. Avevamo chiesto solo di annaffiare. Non vangare. Non piantare nulla. Questa è anche casa mia.

E allora?! scattò la suocera, che da bonaria divenne battagliera in un lampo. Sono la mamma, io so cosa vi serve! La vita vera è lorto, non il prato! Alla fine della crisi mi ringrazierete per i barattoli di sottaceti. Quel prato vostro? Eh! Mi vergognavo davanti alla signora Lella del civico di fianco: diceva che siamo i re del golf e non abbiamo manco il prezzemolo!

Mi interessa zero della Lella, seccata Martina. E di zucchine non ne voglio. Paolo, scarica le valigie.

Dai Marty aspetta… Paolo provò a prenderle la mano, lei gliela negò. Mamma, hai esagerato. Avevamo un accordo! La serra è tutta tua. Il resto era relax! Perché hai rovinato tutto?

Rovinato?! gridò Erminia, macchie viola sulla faccia, Ma vi vedete? Dopo tutto il lavoro… io qui sudo, rischio linfarto, e venite a chiamarmi rovina! Ingrati! Egoisti!

Si buttò teatralmente su una seggiola da giardino, cuore infranto e mano sul petto.

Martina la ignorò passando dentro casa, congelata ai sentimenti. Lodore di legno vecchio le annebbiò il nervoso. In cucina bevve un bicchiere dacqua tutto dun sorso. Le mani tremavano. Si sentiva pronta a strillare, ma sapeva che la suocera adorava fingere la martire in queste occasioni.

Dopo cinque minuti apparve Paolo, più mesto che mai.

Marty… cercava solo di aiutare. Cresciuta così, per loro lasciar marcire la terra è un delitto.

Paolo, non è questione di epoca. È che lei crede di possedere tutto, noi compresi. Fa come vuole per dimostrare chi comanda in casa nostra.

Parlo con lei, ancora una volta…

Le chiacchiere sono finite, lo interruppe Martina. Sono tre anni che parli. Appena ti distrai, fa sempre a modo suo. Per rifare un prato simile bisogna prima togliere questo, riportare nuova terra, stendere rotoli… Un altro salasso e una nuova invasione di terra in salotto per settimane.

Paolo sospirò come chi sa di aver perso una guerra.

E quindi? Fuori la suocera?

No. Voglio che paghi da sola le sue iniziative.

Dai, scherzi? Ha sessantacinque anni, non rimette certo a posto il prato da sola.

Rotoli no. Ma può togliere tutto lorto, livellare con rastrello. E per il prato nuovo caccia i soldi li tiene da parte per il giorno brutto, no? Ecco, oggi è brutto per noi.

Non ha i soldi…

Ce li ha, Paolo. Per i nipoti dice sempre. E anche i figli meritano soccorso.

Sei dura, Marty.

Dura è entrare a casa tua e trovarla un porcile. Se ora non impara, vorrà sempre decidere lei. Se rifiuta, oggi stesso cambio la serratura.

Martina trovò la suocera a chiacchierare civettuola con la Lella oltre la rete, ma appena la vide ritornò la drammazione.

Erminia, chiamò Martina in tono stentoreo una parola.

Che vuoi? Portami almeno un bicchiere dacqua, che mi strozza la rabbia.

Dopo. Ora ascolta bene: hai tempo fino a domenica sera.

Per fare cosa, scusa?

Levare tutto quello che hai piantato. Cipolla, carote, tutto. Raccogli la terra, rastrella. Vogliamo il prato comera.

La suocera sgranò gli occhi come se Martina le avesse proposto di ballare la macarena.

Ma sei fuori?! Io, col sole, ho piantato per voi e ora disfa tutto? È contro natura! Mia nonna si rivolterebbe nella tomba!

Questa casa è mia tanto quanto di Paolo. Senza il mio permesso lavori zero. Se domenica non trovo tutto in ordine, pago una ditta e ti mando il conto. E le chiavi a tuo figlio, subito.

Paolo! strillò la suocera. Hai sentito la delinquente della tua signora? Ti pare modo di trattare tua madre?

Paolo apparve sulla soglia, pallido ma fermo.

Mamma, ha ragione Martina. Eri daccordo anche tu. Ora tocca sistemare.

Pure tu?! Un mammalucco! Sei completamente rimbambito da questa strega cittadina!

Basta, mamma. È ora che lo capisci: hai fatto di testa tua, ora rimetti tutto come prima. O togli tutto, o qui finisce male.

Lacrime trattenute a stento, la suocera scattò rabbiosa.

Tenetevi il vostro patetico prato! Questa casa non la vedrò più! Io me ne vado!

Raccolse la borsa e marciò verso il cancello.

Le chiavi, Erminia la richiamò Martina.

La suocera, furente, frugò nelle tasche e lanciò il mazzo contro la polvere.

Tiè! Che ti crescano solo ortiche, su quel prato dannato!

Fece sbattere il cancello e poco dopo si sentì la Panda del paese allontanarsi a tutto gas.

Martina andò a raccattare le chiavi e, guardando Paolo, sentenziò:

Tornerà. Ha lasciato qui i suoi vasi e pure il cappotto della domenica. Starle lontana è impossibile.

Paolo andò a osservare il disastro.

Ora cosa facciamo? Tocca ripulire tutto noi?

No scosse la testa Martina tanto tra poco torna. Laspetta lautobus per lamentele dalla Lella, e tu sai che teatrino va in scena adesso.

E infatti, dietro la siepe, prese a echeggiare la voce di Erminia, che sparlava di giovani ingrati senza cuore.

Martina prese il telefono.

Chi chiami? domandò Paolo.

Un giardiniere. Chiedo quanto costa rifare tutto da capo.

Passarono la serata in un silenzio nervoso a sorseggiare thè dal retrogusto acido. Dal giardino devastato pareva affiorare lo sconforto.

Il sabato mattina ecco la suocera ricomparire: stavolta silenziosa, sguardo da cagnolino bastonato, si trascinò fino alla serra senza cercare scenate.

Martina la raggiunse.

Buongiorno, Erminia. Dimenticato qualcosa?

La suocera si girò, incerta.

Ho pensato… quelle cipolle lì, sono di razza, costose…

Capisco. Anche il prato era costoso. Ho sentito il preventivo: 8.000 euro per sistemare tutto ex novo.

Erminia sgranò gli occhi.

Quanto?! Ma siete folli!

Eh, prezzi italiani. Se preferisce, può rimettere tutto in ordine da sè rastrellare e livellare. Noi seminiamo solo. Costa meno. Altrimenti paga la ditta.

Non ho quei soldi! quasi urlò la suocera.

Allora prenda la vanga, e via. È una questione di principio, Erminia: imparare a rispettare casa daltri.

A quel punto arrivò anche Paolo.

Ha ragione Martina mamma: io ti aiuto a portar fuori la roba, ma il grosso tocca a te. Voglio che tu capisca il danno.

La suocera guardò a turno nuora e figlio, cercando compassione, pietà, un appiglio tradizionale, ma trovò solo fermezza.

Sbuffando, la Erminia accettò i sacchi.

Ok… va bene. Siete proprio delle vipere.

Le 48 ore successive furono surreali: tra mugugni e sospiri, la suocera scavava, raccoglieva ortaggi e li stipava ordinati in cassette, borbottando maledizioni. Martina giocherellava col libro in sdraio, ma con locchio da arbitro del VAR, mentre Paolo spostava le zolle più grosse ma MAI si offriva di finire tutto. Ordine di Martina: Deve capire la lezione.

Domenica sera, finalmente, il terreno si poteva definire di nuovo orizzontale, giusto un po triste e spelacchiato.

Erminia si sedette stralunata sui gradini, le mani nere.

Fatto. Contenti?

Martina valutò il lavoro. Non perfetto, ma la base cera: si poteva seminare, spendendo meno che rifare tutto a rotoli.

Grazie, Erminia. Ho apprezzato limpegno.

La suocera la fissò esausta.

Sei dura, Marti. Speravo Paolo trovasse una più arrendevole.

Non sono dura. Mi piace che si rispetti la mia opinione. Se avessi chiesto di usare langolo dietro per lorto, non avrei detto nulla. Ma distruggere ciò che amo, no.

Erminia tacque un istante, poi si raddrizzò.

Paolo mi porti a casa le casse di cipolle?

Certo, mamma.

E… le chiavi?

Martina e Paolo si scambiarono unocchiata.

No, mamma, disse Paolo deciso. Le chiavi restano a noi. Se vuoi vieni, ma solo in visita.

La suocera serrò le labbra, ma accettò il verdetto.

Un mese dopo, finalmente, il prato riprese vita. Martina e Paolo avevano seminato un miscuglio di erba sportiva e le prime foglioline facevano già capolino sotto il sole.

Erminia tornò solo ad agosto, per il compleanno di Paolo. Entrò come unanziana signora in biblioteca, portando la torta (con dentro le sue cipolle), e lodò il verde del prato.

Beh, bisogna ammettere: fa figura disse. Si sporca meno.

Martina le sorrise e offrì il tè.

Ha ragione, Erminia. Ognuno ha diritto al suo spazio: le zucchine meglio al mercato, qui cè pace e relax.

La guerra era finita. E i confini, disegnati a colpi di vanga e ripristinati con fermezza, resistettero meglio delle più zuccherose dichiarazioni di pace.

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