Fateci spazio, ci fermiamo qui… diciamo una decina d’anni Dopo una breve pausa, la suocera esclamò: — Oh, Eugenia cara, guarda che Valeria è proprio una donna decisa… Quando si mette una cosa in testa! Devi capirla anche tu: vuole dare una buona istruzione a Natascia… — A spese mie? — replicò Eugenia di colpo, fermandosi davanti allo specchio. Nello specchio la fissava una donna pallida, con i capelli spettinati. — Tamara, deve fermarle. Che scendano alla prima stazione e tornino indietro. Io non le accolgo. L’appartamento non lo do. — Ma come faccio a fermarle? — piagnucolò la suocera. — Sono già in viaggio. Valeria ha acceso un prestito per l’università, e non hanno nemmeno un euro per l’alloggio. Contavano davvero sul tuo aiuto, Eugenia, dai: manda via gli inquilini, che ti costa? Sono comunque parenti di sangue… — Parenti di sangue? Io questa Natascia, vostra nipote, l’ho vista due volte in vita mia! Dovrei buttare via una famiglia per strada, lasciare i miei genitori senza aiuto e mia figlia senza attività solo perché tua sorella ha deciso così? In tasca vibrò il cellulare. Senza togliersi il cappotto, Eugenia prese il telefono. Era un messaggio da Valeria, la sorella di sua suocera: «Ciao Eugenia! Siamo già in treno. Abbiamo preso i biglietti per le 19:40, domani mattina arriviamo a Termini. Veniamo io e Natascia. Mandaci subito l’indirizzo del tuo bilocale, che l’altra volta non l’abbiamo segnato. Dove ritiriamo le chiavi?» Eugenia restò di ghiaccio. Lesse il messaggio tre volte, sperando che fosse uno scherzo. Quale bilocale? Quale Natascia? — Mamma, che stai facendo impalata lì? — dal corridoio si affacciò Ksenia. — Ho fame. — Arrivo, gioia, — Eugenia le accarezzò i capelli senza staccare gli occhi dal telefono. Compose il numero di Valeria. Risposero subito, in sottofondo il rumore ritmico delle rotaie e una risata squillante. — Pronto Eugenia! — la voce della zia era euforica. — Allora, hai ricevuto il messaggio? Volevamo farti una sorpresa, così non dovevi impazzire a cucinare: a tutto pensiamo noi! — Valeria, aspetta — la interruppe Eugenia. — Non ho capito niente! Dove state andando? — Come dove? A Roma! Natascia si è iscritta all’università, te l’ho già detto in primavera. Non è entrata in graduatoria per l’esonero, ma pazienza, faremo la privata. Abbiamo fatto le valigie, eccoci, andiamo a sistemarci nel tuo appartamento. — Nel mio… cosa?! — Eugenia si appoggiò al muro. — Nell’appartamento che affitto da sei anni? Valeria, sei fuori di testa? — O su, dai! — Valeria cambiò tono all’istante, diventando brusca. — Sei anni fa, quando ti è passato quel bilocale di nonna, ricordi che a tavola dissi: “Così Natascia avrà dove stare quando verrà a studiare”? E tu non hai detto niente! Quindi era ok. Noi ci abbiamo contato per anni. — Sono stata zitta perché l’ho presa come una battuta! — gridò quasi Eugenia. — Non era mia intenzione far entrare nessuno. Lì vive già una famiglia con un bimbo. Ho un contratto con loro, mi pagano sempre puntuali. Con quei soldi aiuto i miei genitori con le medicine e Ksenia va a nuoto e a danza. Ma come avete potuto comprare i biglietti senza nemmeno dirmelo? — Abbiamo pensato che siamo parenti! — ruggì Valeria. — O i romani ormai non hanno più cuore? Vuoi lasciare tua nipote in stazione? Tuo marito lo sa che vuoi buttare fuori la sua famiglia per strada? — È in trasferta nei dintorni di Udine, prende e perde il segnale ogni minuto. E quell’appartamento è mio, Valeria. Solo mio. Capito? L’ha comprato mia nonna, è un’eredità. Igor con quella casa non c’entra niente. — Così parli, eh! Natascia, hai sentito? Tua zia non ci vuole vedere nemmeno in fotografia! Va bene, quando arriviamo chiariremo direttamente. Basta, adesso c’è poca linea, ci vediamo domattina in stazione. Nel telefono rimasero solo i bip. Eugenia rimase senza parole. — Ksenia, vai pure in cucina, c’è lo sformato nel frigo, scaldatelo tu — chiamò alla figlia e con le mani tremanti richiamò la suocera. La suocera rispose solo dopo vari squilli. — Sì, Eugenia, dimmi. — Tamara, sapeva che sua sorella stava venendo a Roma convinta di occupare casa mia? — Beh… Valeria qualcosa aveva detto… Pensavo vi foste messe d’accordo — balbettò Tamara. — Con chi sarei d’accordo? — Eugenia percorse nervosamente il corridoio. — È da sei anni che affitto quella casa. Metà dei soldi li mando a papà e mamma per le medicine, lo sa bene quanto tirano con una sola pensione! Il resto va nelle attività di Ksenia. Perché non ha chiarito subito che era impossibile? — Non urlarmi, — la voce della suocera tradiva offesa. — Io qui non centro. Vedetevela tra voi. E non angosciare Igor che ha già i suoi nervi col lavoro. Eugenia lanciò il telefono sul divano. Il marito, quando si trattava della madre o della zia, diventava sempre docile e accomodante. — Dai, Eugenia, loro sono di provincia, hanno un’altra mentalità — le diceva ogni volta. — Meglio cedere… Provò a chiamare il marito. “Numero non raggiungibile”. E certo. Quando serve, è sempre irreperibile. *** Il macello fu epocale. Valeria iniziò a chiamare all’alba, pretendendo che Eugenia corresse a prenderle: — Siamo stanche, affamate! E fa pure freddo, ci siamo gelate. Stai ancora a dormire? Sveglia! In quindici minuti devi essere qui! Eugenia, ancora assonnata, ci mise un attimo a capire chi c’era dall’altra parte. Poi sbottò: — Lasciatemi stare! Non vengo da nessuna parte. E in casa mia non entrate. Basta. Arrangiatevi. Dopo dieci chiamate mise la sorella della suocera in blacklist. Valeria cominciò a chiamare dal telefono della figlia. Bloccò pure quello. Per tutto il giorno fu tartassata dalla suocera: prima pregava, poi implorava, poi ricattava minacciando di raccontare tutto a Igor… Alla fine comparve il marito, di ritorno dalla trasferta. — Eugenia, che succede? — domandò appena entrato. — La mamma piange al telefono, dice che hai buttato Valeria per strada. Eugenia, dopo un bacio, spiegò: — Sono arrivate senza preavviso. Pretendevano che cacciassi gli inquilini e che ospitassi Natascia, gratis, almeno cinque anni. Igor, ma ti pare un modo di fare? E tra l’altro già si sono sistemate da tua madre. E tu che ci fai qui? — Mia madre mi ha chiamato fuori di mezza, — sospirò Igor. — E anche Valeria non ha fatto che tempestarmi di messaggi… Eugenia, non potremmo davvero aiutarle, almeno finché trovano una stanza in studentato? Eugenia scosse il capo: — Igor, non avranno mai lo studentato. Nemmeno hanno fatto domanda! Valeria era sicura che avevano già la casa. La mia, anzi! Riesci a capire la faccia tosta? Non hanno cercato nulla, sono partite “per la loro casa”… — Mamma dice che tu avevi promesso sei anni fa… — Sono rimasta zitta a un funerale, Igor. Quelle sono state parole dette a caso, e io nemmeno ci ho fatto caso. — Tua zia ora non vuole più vederci. E neanche da mia mamma sono rimaste: troppo lontano dall’università. Le ho dato diecimila euro, hanno trovato qualcosa… — Meglio così! — Eugenia batté il pugno sul tavolo. — È la miglior notizia di oggi. E nemmeno per i soldi litigo. Ce le siamo tolte di torno, basta! Igor sospirò e abbassò la testa. — Eugenia, hanno preso una stanza in una casa popolare. Valeria urla che ci sono scarafaggi e vicini ubriachi. — Che si abituino. Chi vuole vivere nella capitale deve arrangiarsi, non aspettarsi la manna dal cielo dai parenti che vede ogni morte di papa, e che nemmeno, tra l’altro, ti fanno gli auguri di compleanno! Eugenia si voltò e si avviò in camera, Igor dietro. — Eugenia, ma non ti sembra brutto lasciarle così? Se dovesse succedere qualcosa? Vicini violenti o altro? Davvero non ti dispiace per Valeria? Eugenia gli si girò contro di scatto: — Igor, io penso a mia figlia, ai miei genitori. Ho una casa che mia nonna ha faticato per tutta la vita. Non la svendo solo perché qualcuno, a 600 km di distanza, ha deciso che gliela merita di più. Perché dovrei provare pena? Dimmi! Il marito tacque. Eugenia proseguì: — Vuoi mangiare? Dai, scaldiamo la cena. E chiudiamola qui. Se tu vuoi aiutare i tuoi parenti, fallo con il tuo stipendio. Ma la casa resta affittata. Non sfratto nessuno. Fine. — Ok. Hai ragione. Neanch’io sarei contento se i tuoi genitori arrivassero nella seconda casa dei miei e dicessero: “Fateci posto, restiamo qui un decennio”. Dopo cena, mentre Igor era sotto la doccia, Eugenia guardò il cellulare: un messaggio non letto dalla suocera: «Eugenia, non si fa così. Valeria si è sentita male per lo stress. Portale almeno qualcosa da mangiare. Tanta roba, così basta per 2-3 settimane. Prendi carne, verdura, frutta e cioccolatini. Caffè, tè, prodotti per l’igiene, olio di semi. Anche pesce va bene. Niente scatolame, Valeria quello non lo mangia. L’indirizzo è:…». Eugenia bloccò anche la suocera. Che stia un paio di giorni nella lista nera. *** La notte passò abbastanza tranquilla: nessuna chiamata dai parenti. Valeria si presentò puntuale la mattina, alle 7. Eugenia fu svegliata da dei colpi forti alla porta. Igor dormiva, dovette aprire lei. La sorella della suocera la aggredì subito: — Tu dormi calda e comoda sotto le coperte? Nemmeno ti interessa come abbiamo dormito noi con Natascia? Uno schifo! C’erano scarafaggi in testa, freddo, sporco, il pavimento gelato! A destra qualcuno urlava “O bella ciao” tutta la notte, a sinistra si insultavano a squarciagola. Ma tu hai cuore? Lasci davvero la tua famiglia vivere così? Sai che ti dico? Io con te non voglio litigare. Non vuoi cacciare gli inquilini? Non importa! Allora ci trasferiamo direttamente da te! In fondo avete un bel trilocale, no? Una cameretta per noi ce la trovi — magari la più grande, tanto siamo in due! Non ti preoccupare, resto poco. 3-4 mesi, forse anche sei, giusto il tempo di far ambientare mia figlia. Eugenia rimase sconvolta. — Dimenticate la strada per casa mia! Altrimenti finiamo male per davvero. Volete che chiami la polizia? Non ho problemi. Ma chi ve lo fa fare? La zia arrossì di colpo; Eugenia quasi si spaventò. — Tu… che ti possa andare tutto storto, borghese romana viziata! Che tua figlia resti per sempre a far le pulizie, senza laurea! Non ti preoccupare, me la ricordo bene questa. Il mondo è piccolo e alcune cose scivolose… Vedrai che un giorno avrai bisogno tu di me. Ma non ti perdonerò mai! Eugenia le sbatté la porta sul muso. Valeria urlò ancora un po’ sulle scale, poi se ne andò. *** Con Valeria ormai si era rotto tutto e anche la suocera non volle più parlare con Eugenia. Igor va ancora a trovare la mamma, le dà una mano e porta pure la nipotina ogni tanto, ma Tamara Stepanovna non mette più piede in casa loro. Eugenia, in fondo, è solo sollevata: una grana in meno.

Fatevi spazio, vivremo qui almeno dieci anni

La suocera resta in silenzio per qualche istante, poi dice:

Eh, Giovanna, ma Valeria è proprio una donna di carattere… Quando si mette qualcosa in testa, non la smuovi più. Cerca di capirla anche tu: vuole che Nadia possa studiare, che abbia unistruzione…

E a spese mie? Giovanna si ferma davanti allo specchio.

Dallo specchio la osserva una donna pallida, i capelli spettinati.

Signora Tamara, fermi tutto. Chieda loro di scendere alla prima fermata e di tornare indietro. Io non le vado a prendere. Lappartamento non glielo dò.

Come faccio a fermarle? la suocera ha un tono di panico. Sono già in viaggio. Valeria ha fatto un mutuo per luniversità, non hanno nemmeno un euro per lalloggio, poverine.

Speravano proprio nellaiuto tuo, Giovanna. Dai, manda via gli inquilini, che ti costa? Sono sangue del tuo sangue…

Sangue del mio sangue? Io questa Nadia, vostra nipote, lho vista due volte in vita mia! Dovrei buttare per strada delle persone, togliere ai miei genitori la loro unica entrata, negare a mia figlia i suoi corsi Questo solo perché tua sorella ha deciso così?

Il telefono vibra in tasca. Senza togliersi il cappotto, Giovanna prende in mano lo smartphone. È un messaggio di Valeria, la sorella della suocera:

«Ciao Giovanna! Siamo già in treno. Il biglietto è quello delle 19:40, domani mattina arriviamo a Termini. Vieni a prenderci, io e Nadia.

Mandami lindirizzo del tuo bilocale, che laltra volta non labbiamo segnato. Dove ritiriamo le chiavi?»

Giovanna rimane di ghiaccio. Legge il messaggio tre volte, sperando di aver capito male. Quale bilocale? Quale Nadia?

Mamma, che fai lì impalata? si affaccia Lucia dal corridoio Ho fame…

Arrivo, tesoro, Giovanna le carezza la testa, senza staccare lo sguardo dal telefono.

Chiama Valeria. Rispondono subito: in sottofondo il ticchettio delle ruote del treno e delle risate isteriche.

Pronto, Giovanna! la voce della zia è tutta una gioia forzata. Hai letto che sorpresa? Così non ti stressi per cucinare, ci portiamo tutto noi!

Valeria, aspetta la blocca Giovanna Non ho capito niente! Dove state andando?

Dove vuoi che andiamo? A Roma! Nadia è stata ammessa, te lho detto già questa primavera. Non era nei posti gratuiti, ma almeno studia in privato.

Abbiamo fatto le valigie, ormai veniamo a sistemarci nel tuo appartamento.

Nel mio cosa? Giovanna sente la schiena contro il muro Nellappartamento che affitto da sei anni? Ma vi rendete conto?

Valeria, state scherzando?

Ma dai! la voce di Valeria si fa seccata. Ti ricordi? Sei anni fa, quando tua nonna ti lasciò quel bilocale, eravamo a tavola tutti insieme. Avevo detto: «Ecco, Nadia un giorno avrà dove stare a Roma, quando studierà». E tu non hai detto niente! Noi su questo abbiamo contato tutti questi anni.

Non ho detto niente perché mi sembrava uno scherzo assurdo! urla quasi Giovanna. Non era mia intenzione ospitare nessuno.

Lì ci abita una famiglia in affitto, con un bambino. Siamo regolari, pagano sempre. Io con quei soldi aiuto i miei genitori pensionati e pago i corsi di Lucia.

Come vi è saltato in mente di prendere il biglietto senza dirmi niente?

Perché siamo parenti! esclama Valeria. O a Roma vi siete dimenticati le buone maniere?

Vuoi lasciare tua nipote abbandonata in stazione? Hai avvisato tuo marito? Sa che cacciate i suoi parenti per strada?

Mio marito è in trasferta vicino Novara, prende la linea a singhiozzo, se va bene. E comunque questa è casa mia, Valeria. Mia soltanto. Capito?

Comprata da mia nonna, lasciata a me. Edoardo non centra niente.

Ah, così parli? Nadia, senti, la moglie di tuo zio non ci vuole nemmeno vedere! Arriviamo e poi ne parliamo.

La linea cade. Giovanna resta di sasso.

Lucia, vai in cucina, cè il pasticcio in frigo. Scaldatelo da sola, grida alla figlia e con le mani tremanti chiama la suocera.

Tamara risponde dopo un po.

Sì, Giovanna, dimmi pure.

Signora Tamara, lo sapeva che sua sorella e la figlia stanno venendo a Roma per sistemarsi a casa mia?

Eh Valeria aveva accennato Pensavo foste già daccordo borbotta lei.

Con chi sarei stata daccordo? Giovanna cammina a passi nervosi per il corridoio. È da sei anni che affitto quella casa.

La metà dei soldi la mando ai miei per le medicine. Sa quanto è dura con una pensione italiana. Laltra metà è per i corsi di Lucia.

Perché non ha detto chiaramente che era impossibile?

Non urlare con me, e la voce della suocera si incrina Io non centro niente. Risolvetevela tra voi.

Ma non chiami Edoardo, ti prego, che già lì è sotto pressione con il lavoro.

Giovanna molla il telefono sul divano. Suo marito cerca sempre di tenersi lontano dai litigi in famiglia, ma quando si tratta di sua madre o di sua zia cede sempre.

Dai, Giovanna, loro vengono dalla provincia, non hanno idea della vita in città dice di solito. Meglio cedere…

Prova a telefonare a Edoardo. Il numero chiamato non è raggiungibile. Chiaro, quando serve sparisce sempre.

***

Scoppia il caos. Valeria inizia a tempestarla di chiamate già dalle cinque del mattino, urlando che Giovanna deve andare subito a prenderle.

Siamo stanche, ci serve da mangiare! E qui fa freddo, ci stiamo congelando. Hai ancora il coraggio di dormire? Svegliati! Muoviti! Tra quindici minuti voglio vederti!

Giovanna ancora intontita dal sonno non capisce subito chi le parla. Appena realizza, risponde secca:

Lasciatemi in pace! Io non vengo da nessuna parte, e a casa mia non vi faccio entrare. Basta. Ho davvero perso la pazienza.

Dopo la decima chiamata, mette il numero di Valeria nella black list.

Valeria richiama dal numero della figlia, anche quello bloccato.

Per tutto il giorno, la suocera riempie di messaggi e telefonate Giovanna: piagnistei, rimbrotti, suppliche, minacce di raccontare tutto al figlio

La sera, Edoardo rientra a sorpresa dalla trasferta.

Che è successo? chiede appena entra in casa Mia madre piange, dice che hai buttato tua zia fuori.

Giovanna lo abbraccia e gli spiega:

Sono arrivate senza dire niente. Hanno preteso che cacciassi gli inquilini e che Nadia ci abitasse gratis, per almeno cinque anni.

Edoardo, ma è normale, secondo te? Un po di decenza non cè più?

E comunque adesso sono già comode a casa tua madre, vero?

E tu perché sei tornato?

Mi ha chiamato mia madre in lacrime, sospira E pure tua zia non smetteva di chiamarmi…

Giovanna, magari potremmo dare comunque una mano? Finché non trovano un alloggio…

Giovanna scuote la testa:

Edoardo, non troveranno lalloggio perché non hanno nemmeno fatto domanda per un posto in collegio. Valeria era convinta che lappartamento ci fosse già il mio!

Hai capito quanto sono arroganti? Non hanno cercato neanche unalternativa, sono salite sul treno dirette al loro bilocale.

Mia madre giura che sei stata daccordo sei anni fa…

Ho lasciato correre quel giorno del funerale, Edoardo. Mi sembrava una follia, non era il momento.

Tua zia è fuori di sé. Ha detto che siamo morti per lei. Pensa, nemmeno a casa di mia madre sono rimaste: troppo lontano dalluniversità.

Ho mandato diecimila euro a Valeria, pare che qualcosa abbiano trovato…

Menomale! Giovanna batte il pugno sul tavolo. Ottima notizia. Non mi attaccherò nemmeno per quei soldi. Che stiano per conto loro, benissimo!

Edoardo sospira e guarda a terra.

Giovanna, hanno preso una stanza in una casa condivisa. Valeria urla che ci sono scarafaggi e vicini rumorosi.

Che si abitui. Se vuoi vivere nella capitale, ti devi arrangiare, non aspettare miracoli da parenti che non vedi mai. Tra laltro, mai una volta che abbiano fatto gli auguri di compleanno a Lucia!

Giovanna si volta ed entra in camera, Edoardo la segue.

Giovanna, ma che figura ci facciamo? Sembra davvero che li abbiamo lasciati al loro destino.

E se succede qualcosa? Magari i vicini fanno problemi, o se la prendono con loro?

Non ti dispiace per tua zia?

Giovanna si gira di scatto:

Edoardo, ho una figlia, ho dei genitori a cui tengo e cè lappartamento che mia nonna si è sudata lavorando una vita.

Non lo lascio a chiunque solo perché ha deciso da qualche paesino, magari a seicento chilometri, che se lo merita più di me.

Perché dovrei avere pietà, spiegami?

Il marito tace, Giovanna continua:

Vuoi cenare? Scaldo io. E chiudiamola qui. Se vuoi aiutarle, fallo col tuo stipendio.

Lappartamento resta in affitto. Non mando via nessuno. Punto.

Va bene. Hai ragione. Nemmeno io sarei contento se i tuoi decidessero di piazzarsi nella casa al lago dei miei, dicendo: Fateci strada, restiamo qui dieci anni.

Dopo cena, mentre Edoardo è sotto la doccia, Giovanna guarda il telefono. Un messaggio della suocera, ancora non letto:

«Giovanna, non si fa così. Valeria sta male per tutti questi nervi. Portale almeno un po di spesa.

Prendi roba a sufficienza per qualche settimana: carne, frutta, verdura, cioccolatini, caffè, tè, prodotti per ligiene, olio doliva.

Anche un po di pesce. Niente cibo in scatola, Valeria non lo mangia. Lindirizzo è:».

Giovanna blocca anche la suocera. Almeno per qualche giorno, starà tranquilla.

***

La notte scorre relativamente tranquilla. Niente chiamate dai parenti.

Valeria bussa allalba, alle sette precise.

Giovanna si sveglia di soprassalto per il trambusto alla porta.

Edoardo dorme, così apre lei.

La zia la investe subito:

E tu dormi, eh, col piumone nel letto pulito? Non ti interessa sapere come abbiamo passato la notte io e Nadia?

Uno schifo! Scarafaggi sulla testa, la stanza gelida e sporca, il pavimento duro!

A destra, uno che tutta la notte urlava Bella ciao, a sinistra litigavano a squarciagola.

Ma tu hai coscienza? Lasceresti i tuoi parenti in condizioni così pessime?

Ah, guarda, io non voglio litigare. Non vuoi cacciare i tuoi inquilini? Pazienza! Allora io e Nadia ci trasferiamo da te!

Avete tre camere, una la troveremo. E pure che sia grande, siamo in due!

Non ti preoccupare, resto poco. Tre o quattro mesi, forse mezzo anno.

Poi torno a casa, quando mia figlia si sarà ambientata.

Giovanna rimane basita.

Dimenticatevi la strada di casa mia! Non roviniamo del tutto i rapporti.

Volete che chiami i carabinieri? Lo faccio. Ma non capisco che vi serve questo stress.

Valeria si fa rossa in volto, Giovanna quasi si spaventa.

Tu Tu Ti possa andare tutto storto, romana viziata!

Che tua figlia faccia la donna delle pulizie a vita!

Aspetta, che te la farò pagare.

Il mondo è tondo, la cattiveria scivola!

Verrà il giorno in cui avrai bisogno di me. Questo non te lo perdonerò mai!

Giovanna le chiude la porta in faccia. Zia Valeria resta ancora qualche minuto a urlare nel pianerottolo, poi se ne va.

***

La lite con Valeria ha rotto ogni rapporto con la suocera Tamara non le rivolge più la parola.

Edoardo ogni tanto va a trovare la madre, le dà una mano, porta pure la nipote, ma Tamara non entra più nellappartamento del figlio.

Giovanna, alla fine, quasi si rallegra di avere un problema in meno.

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Fateci spazio, ci fermiamo qui… diciamo una decina d’anni Dopo una breve pausa, la suocera esclamò: — Oh, Eugenia cara, guarda che Valeria è proprio una donna decisa… Quando si mette una cosa in testa! Devi capirla anche tu: vuole dare una buona istruzione a Natascia… — A spese mie? — replicò Eugenia di colpo, fermandosi davanti allo specchio. Nello specchio la fissava una donna pallida, con i capelli spettinati. — Tamara, deve fermarle. Che scendano alla prima stazione e tornino indietro. Io non le accolgo. L’appartamento non lo do. — Ma come faccio a fermarle? — piagnucolò la suocera. — Sono già in viaggio. Valeria ha acceso un prestito per l’università, e non hanno nemmeno un euro per l’alloggio. Contavano davvero sul tuo aiuto, Eugenia, dai: manda via gli inquilini, che ti costa? Sono comunque parenti di sangue… — Parenti di sangue? Io questa Natascia, vostra nipote, l’ho vista due volte in vita mia! Dovrei buttare via una famiglia per strada, lasciare i miei genitori senza aiuto e mia figlia senza attività solo perché tua sorella ha deciso così? In tasca vibrò il cellulare. Senza togliersi il cappotto, Eugenia prese il telefono. Era un messaggio da Valeria, la sorella di sua suocera: «Ciao Eugenia! Siamo già in treno. Abbiamo preso i biglietti per le 19:40, domani mattina arriviamo a Termini. Veniamo io e Natascia. Mandaci subito l’indirizzo del tuo bilocale, che l’altra volta non l’abbiamo segnato. Dove ritiriamo le chiavi?» Eugenia restò di ghiaccio. Lesse il messaggio tre volte, sperando che fosse uno scherzo. Quale bilocale? Quale Natascia? — Mamma, che stai facendo impalata lì? — dal corridoio si affacciò Ksenia. — Ho fame. — Arrivo, gioia, — Eugenia le accarezzò i capelli senza staccare gli occhi dal telefono. Compose il numero di Valeria. Risposero subito, in sottofondo il rumore ritmico delle rotaie e una risata squillante. — Pronto Eugenia! — la voce della zia era euforica. — Allora, hai ricevuto il messaggio? Volevamo farti una sorpresa, così non dovevi impazzire a cucinare: a tutto pensiamo noi! — Valeria, aspetta — la interruppe Eugenia. — Non ho capito niente! Dove state andando? — Come dove? A Roma! Natascia si è iscritta all’università, te l’ho già detto in primavera. Non è entrata in graduatoria per l’esonero, ma pazienza, faremo la privata. Abbiamo fatto le valigie, eccoci, andiamo a sistemarci nel tuo appartamento. — Nel mio… cosa?! — Eugenia si appoggiò al muro. — Nell’appartamento che affitto da sei anni? Valeria, sei fuori di testa? — O su, dai! — Valeria cambiò tono all’istante, diventando brusca. — Sei anni fa, quando ti è passato quel bilocale di nonna, ricordi che a tavola dissi: “Così Natascia avrà dove stare quando verrà a studiare”? E tu non hai detto niente! Quindi era ok. Noi ci abbiamo contato per anni. — Sono stata zitta perché l’ho presa come una battuta! — gridò quasi Eugenia. — Non era mia intenzione far entrare nessuno. Lì vive già una famiglia con un bimbo. Ho un contratto con loro, mi pagano sempre puntuali. Con quei soldi aiuto i miei genitori con le medicine e Ksenia va a nuoto e a danza. Ma come avete potuto comprare i biglietti senza nemmeno dirmelo? — Abbiamo pensato che siamo parenti! — ruggì Valeria. — O i romani ormai non hanno più cuore? Vuoi lasciare tua nipote in stazione? Tuo marito lo sa che vuoi buttare fuori la sua famiglia per strada? — È in trasferta nei dintorni di Udine, prende e perde il segnale ogni minuto. E quell’appartamento è mio, Valeria. Solo mio. Capito? L’ha comprato mia nonna, è un’eredità. Igor con quella casa non c’entra niente. — Così parli, eh! Natascia, hai sentito? Tua zia non ci vuole vedere nemmeno in fotografia! Va bene, quando arriviamo chiariremo direttamente. Basta, adesso c’è poca linea, ci vediamo domattina in stazione. Nel telefono rimasero solo i bip. Eugenia rimase senza parole. — Ksenia, vai pure in cucina, c’è lo sformato nel frigo, scaldatelo tu — chiamò alla figlia e con le mani tremanti richiamò la suocera. La suocera rispose solo dopo vari squilli. — Sì, Eugenia, dimmi. — Tamara, sapeva che sua sorella stava venendo a Roma convinta di occupare casa mia? — Beh… Valeria qualcosa aveva detto… Pensavo vi foste messe d’accordo — balbettò Tamara. — Con chi sarei d’accordo? — Eugenia percorse nervosamente il corridoio. — È da sei anni che affitto quella casa. Metà dei soldi li mando a papà e mamma per le medicine, lo sa bene quanto tirano con una sola pensione! Il resto va nelle attività di Ksenia. Perché non ha chiarito subito che era impossibile? — Non urlarmi, — la voce della suocera tradiva offesa. — Io qui non centro. Vedetevela tra voi. E non angosciare Igor che ha già i suoi nervi col lavoro. Eugenia lanciò il telefono sul divano. Il marito, quando si trattava della madre o della zia, diventava sempre docile e accomodante. — Dai, Eugenia, loro sono di provincia, hanno un’altra mentalità — le diceva ogni volta. — Meglio cedere… Provò a chiamare il marito. “Numero non raggiungibile”. E certo. Quando serve, è sempre irreperibile. *** Il macello fu epocale. Valeria iniziò a chiamare all’alba, pretendendo che Eugenia corresse a prenderle: — Siamo stanche, affamate! E fa pure freddo, ci siamo gelate. Stai ancora a dormire? Sveglia! In quindici minuti devi essere qui! Eugenia, ancora assonnata, ci mise un attimo a capire chi c’era dall’altra parte. Poi sbottò: — Lasciatemi stare! Non vengo da nessuna parte. E in casa mia non entrate. Basta. Arrangiatevi. Dopo dieci chiamate mise la sorella della suocera in blacklist. Valeria cominciò a chiamare dal telefono della figlia. Bloccò pure quello. Per tutto il giorno fu tartassata dalla suocera: prima pregava, poi implorava, poi ricattava minacciando di raccontare tutto a Igor… Alla fine comparve il marito, di ritorno dalla trasferta. — Eugenia, che succede? — domandò appena entrato. — La mamma piange al telefono, dice che hai buttato Valeria per strada. Eugenia, dopo un bacio, spiegò: — Sono arrivate senza preavviso. Pretendevano che cacciassi gli inquilini e che ospitassi Natascia, gratis, almeno cinque anni. Igor, ma ti pare un modo di fare? E tra l’altro già si sono sistemate da tua madre. E tu che ci fai qui? — Mia madre mi ha chiamato fuori di mezza, — sospirò Igor. — E anche Valeria non ha fatto che tempestarmi di messaggi… Eugenia, non potremmo davvero aiutarle, almeno finché trovano una stanza in studentato? Eugenia scosse il capo: — Igor, non avranno mai lo studentato. Nemmeno hanno fatto domanda! Valeria era sicura che avevano già la casa. La mia, anzi! Riesci a capire la faccia tosta? Non hanno cercato nulla, sono partite “per la loro casa”… — Mamma dice che tu avevi promesso sei anni fa… — Sono rimasta zitta a un funerale, Igor. Quelle sono state parole dette a caso, e io nemmeno ci ho fatto caso. — Tua zia ora non vuole più vederci. E neanche da mia mamma sono rimaste: troppo lontano dall’università. Le ho dato diecimila euro, hanno trovato qualcosa… — Meglio così! — Eugenia batté il pugno sul tavolo. — È la miglior notizia di oggi. E nemmeno per i soldi litigo. Ce le siamo tolte di torno, basta! Igor sospirò e abbassò la testa. — Eugenia, hanno preso una stanza in una casa popolare. Valeria urla che ci sono scarafaggi e vicini ubriachi. — Che si abituino. Chi vuole vivere nella capitale deve arrangiarsi, non aspettarsi la manna dal cielo dai parenti che vede ogni morte di papa, e che nemmeno, tra l’altro, ti fanno gli auguri di compleanno! Eugenia si voltò e si avviò in camera, Igor dietro. — Eugenia, ma non ti sembra brutto lasciarle così? Se dovesse succedere qualcosa? Vicini violenti o altro? Davvero non ti dispiace per Valeria? Eugenia gli si girò contro di scatto: — Igor, io penso a mia figlia, ai miei genitori. Ho una casa che mia nonna ha faticato per tutta la vita. Non la svendo solo perché qualcuno, a 600 km di distanza, ha deciso che gliela merita di più. Perché dovrei provare pena? Dimmi! Il marito tacque. Eugenia proseguì: — Vuoi mangiare? Dai, scaldiamo la cena. E chiudiamola qui. Se tu vuoi aiutare i tuoi parenti, fallo con il tuo stipendio. Ma la casa resta affittata. Non sfratto nessuno. Fine. — Ok. Hai ragione. Neanch’io sarei contento se i tuoi genitori arrivassero nella seconda casa dei miei e dicessero: “Fateci posto, restiamo qui un decennio”. Dopo cena, mentre Igor era sotto la doccia, Eugenia guardò il cellulare: un messaggio non letto dalla suocera: «Eugenia, non si fa così. Valeria si è sentita male per lo stress. Portale almeno qualcosa da mangiare. Tanta roba, così basta per 2-3 settimane. Prendi carne, verdura, frutta e cioccolatini. Caffè, tè, prodotti per l’igiene, olio di semi. Anche pesce va bene. Niente scatolame, Valeria quello non lo mangia. L’indirizzo è:…». Eugenia bloccò anche la suocera. Che stia un paio di giorni nella lista nera. *** La notte passò abbastanza tranquilla: nessuna chiamata dai parenti. Valeria si presentò puntuale la mattina, alle 7. Eugenia fu svegliata da dei colpi forti alla porta. Igor dormiva, dovette aprire lei. La sorella della suocera la aggredì subito: — Tu dormi calda e comoda sotto le coperte? Nemmeno ti interessa come abbiamo dormito noi con Natascia? Uno schifo! C’erano scarafaggi in testa, freddo, sporco, il pavimento gelato! A destra qualcuno urlava “O bella ciao” tutta la notte, a sinistra si insultavano a squarciagola. Ma tu hai cuore? Lasci davvero la tua famiglia vivere così? Sai che ti dico? Io con te non voglio litigare. Non vuoi cacciare gli inquilini? Non importa! Allora ci trasferiamo direttamente da te! In fondo avete un bel trilocale, no? Una cameretta per noi ce la trovi — magari la più grande, tanto siamo in due! Non ti preoccupare, resto poco. 3-4 mesi, forse anche sei, giusto il tempo di far ambientare mia figlia. Eugenia rimase sconvolta. — Dimenticate la strada per casa mia! Altrimenti finiamo male per davvero. Volete che chiami la polizia? Non ho problemi. Ma chi ve lo fa fare? La zia arrossì di colpo; Eugenia quasi si spaventò. — Tu… che ti possa andare tutto storto, borghese romana viziata! Che tua figlia resti per sempre a far le pulizie, senza laurea! Non ti preoccupare, me la ricordo bene questa. Il mondo è piccolo e alcune cose scivolose… Vedrai che un giorno avrai bisogno tu di me. Ma non ti perdonerò mai! Eugenia le sbatté la porta sul muso. Valeria urlò ancora un po’ sulle scale, poi se ne andò. *** Con Valeria ormai si era rotto tutto e anche la suocera non volle più parlare con Eugenia. Igor va ancora a trovare la mamma, le dà una mano e porta pure la nipotina ogni tanto, ma Tamara Stepanovna non mette più piede in casa loro. Eugenia, in fondo, è solo sollevata: una grana in meno.