Il figlio non vuole portare la madre a vivere con sé perché in casa c’è già una sola padrona, e quella sono io — La storia della nostra famiglia tra sensi di colpa, suocere ingombranti e decisioni difficili

Mio figlio non vuole portare la mamma a vivere con noi, perché in casa cè già una padrona, e quella sono io.

Ma come?! È sua madre! Può benissimo portarla a casa sua! Queste frasi mi arrivano spesso dagli stretti parenti di mio marito, Gabriele. So che anche i nostri amici la pensano allo stesso modo, solo che nessuno trova mai il coraggio di dirmelo in faccia. Tutto gira intorno alla situazione con mia suocera.

Maria ha 83 anni e pesa più di cento chili, ormai è spesso malata.
Perché non portate Maria a casa vostra? mi chiese qualche anno fa una cugina. È vero che le date una mano ogni giorno, però cosa succederebbe se una notte avesse un problema? Da sola fa fatica. Dopotutto, tuo Gabriele è il suo unico punto di riferimento.

Tutti pensano che sia normale che della nonna si occupino lunico figlio, la sua unica nuora e il solo nipote. Per gli ultimi cinque anni Maria non ha mai messo piede fuori di casa. Ha i dolori alle gambe e il peso non le consente di muoversi. È iniziato tutto trentanni fa. Al tempo, mia suocera era una donna piena di energia, giovane, sana e molto autoritaria.

Chi hai avuto il coraggio di portarmi a casa? si indignò la madre di Gabriele, mio futuro marito. Ho dedicato tutta la mia vita a te e ora mi presenti questa?

Dopo quelle parole, sono salita sullautobus in silenzio. Allora la mamma di Gabriele abitava in una elegante villa alle porte di Firenze, in un quartiere residenziale. Suo marito aveva una posizione importante, quindi Maria aveva vissuto bene anche dopo la sua morte. Quel giorno, Gabriele mi raggiunse subito: fortuna che mio marito non ha mai seguito ciecamente sua madre. Ha sempre rispettato gli anziani, ma cercava di calmarmi, spiegandomi che quella era semplicemente la natura di sua madre.

Dopo il matrimonio, abbiamo iniziato a risparmiare per una nostra casa. Gabriele era spesso fuori per lavoro, restava via per mesi. Così, dopo alcuni anni, siamo riusciti a comprare una villetta e labbiamo sistemata con fatica. Non andavamo a trovare Maria spesso. Nel frattempo, lei raccontava in giro che io impedivo a Gabriele di aiutare sua madre. Ma come avrei potuto impedirlo?

Quando Maria decise di trasferirsi in città, i soldi ricavati dalla vendita della sua villa non bastavano. Propose che mettessimo della nostra parte, promettendo che così lappartamento sarebbe rimasto a nostro figlio, suo nipote. Ma davanti al notaio, improvvisamente sostenne che lappartamento doveva essere intestato a lei, perché una sua amica le aveva detto che le nonne così finiscono facilmente per strada. Poi minacciò che avrebbe lasciato casa a chi si fosse preso cura di lei nella vecchiaia. Voleva essere la padrona assoluta! Ci accusò di volerla ingannare e lasciar senza niente.

Sono passati quasi ventanni da allora. In quel giorno, tutti nello studio notarile sentirono le sue lamentele, e noi ci sentimmo profondamente a disagio. Decidemmo di lasciar perdere. Maria si trasferì subito nellalloggio e, non ci lasciò nemmeno cambiare una lampadina. Dopo appena un mese, cominciò a protestare: tutto era vecchio, si rovinava, cadeva a pezzi. La colpa era sempre mia: ero io ad averle trovato una casa così brutta e volevo raggirarla.

Amava i figli della sua cugina, ma ignorava completamente suo nipote. Fingeva persino di dimenticare la sua data di nascita! Qualche anno fa, la situazione di salute di Maria peggiorò. Ingrassò tanto da non poter più muoversi facilmente. Le portavo i pasti che il medico le aveva prescritto, ma lei mi insultava e rifiutava il cibo, affermando che solo la cugina la sapeva nutrire e che io la stavo lasciando morire di fame.

Lanno scorso mio marito ha iniziato a chiedermi di portarla da noi. Secondo lui, la mamma aveva finalmente capito doversi affidare alle cure dei medici.

Va bene ho accettato io, ma a certe condizioni: la cucina resta sotto la mia gestione, cucino io e decido io cosa mangiamo, e che nessuna delle sue cugine metta piede in casa.

Maria si è offesa e non è mai voluta venire: pensava che arrivando avrebbe potuto comandare in casa nostra. Ma qui, la padrona di casa sono solo io! Ho dovuto comunque continuare ad andare da lei, a pulire, cucinare e persino passare la notte lì. La sua amata cugina, invece, mostrava preoccupazione solo per telefono.

Maria si lamentava sempre al telefono, dicendo che la tenevo a digiuno: niente dolci né salumi. Chiedeva alla cugina di portarle una torta, ma lei si giustificava dicendo che era troppo indaffarata, rimandando la visita di settimana in settimana, anche se abitava molto più vicino di me. Veniva solo una volta al mese, portando sempre qualcosa di malsano, mentre io me ne prendevo cura tutti i giorni.

Un giorno Maria chiamò la cugina e raccontò di aver perso una collana e un crocifisso, dicendo che solo io e la cugina eravamo state da lei e che sicuramente li avevo presi io.

Senza dire nulla, ho preparato il pranzo e intanto ho trovato la collanina e il crocifisso caduti dietro il comodino. Tornata a casa, raccontai tutto a mio marito e dissi che non sarei più andata da sua madre. Gli proposi di trasferirla in una casa di riposo. Gabriele fu daccordo.

Nella vita impari che a volte, per volere bene a te stesso e agli altri, devi porre dei limiti anche con chi è famiglia. Amare non vuol dire annullarsi, ma trovare un equilibrio tra il rispetto degli altri e il rispetto di sé.

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