Sono cresciuto con mia nonna: le sono ovviamente grato, ma il suo amore non era del tutto disinteressato

Sono cresciuto con mia nonna. Le sarò sempre grato, ma oggi mi rendo conto che il suo affetto non è mai stato completamente disinteressato.

Avevo appena cinque anni quando il mio caro papà decise che non voleva più una famiglia e ci lasciò per un’altra donna, molto più giovane di mia madre. Vivevamo allora nel suo appartamento a Milano, ma dopo il divorzio pretese subito che io e mamma ce ne andassimo.

Così mi ritrovai a vivere con Nonna Lucia, la mamma di mia madre. Mio padre fu così coraggioso da escogitare ogni stratagemma pur di non pagare il mantenimento. In poche parole, io e mia madre ci ritrovammo senza un euro in tasca e ci trasferimmo nell’appartamentino della nonna qui a Torino. Quelli furono anni davvero difficili. Nonna aveva una pensione molto bassa, mamma cercava lavoretti saltuari qua e là, e a me toccava tornare da scuola e occuparmi anche delle faccende domestiche.

Con il tempo, crescendo, iniziai ad assentarmi da scuola per lavorare saltuariamente in cantiere; in quelle condizioni, lo studio era un lusso. Guardare mia madre e mia nonna faticare per arrivare a fine mese mi straziava. Avevo perfino deciso che dopo le medie avrei lasciato la scuola per cercare un vero lavoro, così avrei potuto aiutare di più in casa. Ma fu allora che nella nostra vita arrivò la sorella di nonna Lucia, la zia Antonina. Si offrì di portarmi a vivere a Genova con lei, promettendo di aiutarmi a studiare e di occuparsi di me. Non aveva mai avuto figli e desiderava tanto avermi accanto. Mamma e nonna accettarono.

Così il mio mondo cambiò: andai a vivere con zia Antonina. Mamma e nonna venivano a trovarci di tanto in tanto. La vita con lei era più semplice: aveva una pensione dignitosa, potevo frequentare la scuola senza altri pensieri. Fu lei a insegnarmi a cucinare, persino a rammendare i vestiti. Mi diplomai con ottimi voti e riuscii a entrare all’università a Bologna, a Giurisprudenza.

Zia Antonina ripeteva spesso che, appena mi fossi laureato, avrebbe lasciato a me il suo appartamento. Diceva che mi considerava ormai un figlio e che desiderava aiutarmi. Ma la vita, come sempre, prese una piega del tutto inaspettata. Al terzo anno duniversità incontrai Donatella.

Dio, era bella e intelligente. Il nostro sentimento era ricambiato, così decisi che avrei voluto sposarla. Quando zia Antonina lo seppe, scoppiò un putiferio. Mi gridò che Donatella era solo interessata al mio futuro appartamento e non a me come persona.

Mi minacciò che, se non avessi lasciato Donatella, non avrei ricevuto nulla in eredità. Raccontai ogni cosa a Donatella. Lei, la mia meravigliosa Donatella, mi disse che se lappartamento era così importante avremmo potuto lasciarci, ma allo stesso tempo mi dichiarò che sarebbe stata con me ovunque, anche in una casa di ringhiera, perché l’amore vero per lei era quello che contava davvero. Così ho rischiato tutto e ho scelto lamore. Zia Antonina non mi parlò mai più. Sono rimasto senza una casa, ma con lei al mio fianco.

Oggi festeggiamo dieci anni di matrimonio. Abbiamo due bellissime bambine, e il nostro amore è ancora più forte di quanto potessi immaginare. Ogni anno che passa, sono sempre più certo di aver scelto la cosa giusta.

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