Per circa un’ora ho osservato dei futuri genitori, appena diplomati, in sala d’attesa dal ginecologo

Per circa unora, guardavo i futuri genitori due ragazzi appena usciti dal liceo, su una panchina che sembrava fluttuare nel corridoio, come una gondola persa tra le nebbie di Venezia.

Da poco ero stata dal ginecologo. Solita scena: fila interminabile, medico in ritardo. Dietro di me aspettava una ragazza incinta, avrà avuto diciotto anni al massimo. Non era sola: con lei cera il futuro papà, pure lui poco più che ragazzo. I genitori, se così si poteva dire, sembravano vivere in un loro universo onirico, ignorando completamente la coda di persone che, come statue di marmo, li circondava. Il ragazzo rideva forte, la sua voce rimbombava tra i muri scrostati, come se fosse in una festa di paese:

Ma ti rendi conto che sarà un maschio? Uh-uh-uh Che spettacolo, eh?

Ripeté quella frase dieci volte, ognuna più assurda e prolungata dellaltra, finché improvvisamente gli venne unilluminazione surreale:

Aspetta, non abbiamo ancora scelto il nome! Dovremmo dargli il nome di un dottore! Che ne pensi?

Sinfilò nel corridoio come un personaggio di Fellini, passeggiando su e giù, spiando sulle targhette i nomi degli specialisti scritti in lettere dorate: Dott. Bellini, Dott.ssa Martini… Ogni nome suscitava un commento stralunato e una nuova risatina. Quando tornò a sedersi accanto alla ragazza la quale sorrideva come se tutto fosse solo un sogno vaporoso una signora anziana, vestita come le nonne che la domenica impastano la pasta fresca a Bologna, lo rimproverò:

Giovane, per cortesia, un po di contegno! Questo non è un mercato di Piazza Navona!

Lui la fissò sorpreso, occhi sgranati come se vedesse una colomba gigante, e rispose:

Ma dai, nonna, anche tu sei incinta? Ihi-hi-hi-hi!

La ragazza abbozzò una risata sottile, quasi imbarazzata, con lo stesso sguardo spaesato di chi si sveglia da un sogno assurdo. Io, con fatica, mi trattenni dal dire qualcosa non volevo certo litigare con una donna incinta in un giorno così strano.

Il ragazzo cambiò improvvisamente argomento, come se avesse ruotato un vecchio giradischi:

Ho una fame che non ci vedo più! Bleh-bleh-bleh! La fila sembra infinita propose con un sospiro da opera lirica. Andiamo a mangiare un po di tortellini? Torniamo dopo!

Non voglio i tortellini, rispose la ragazza, scuotendo la testa piano.

Ah, sei diventata schizzinosa col pancione! Uhu-hu-hu!

Sul corridoio crebbe un mal di testa collettivo, quasi tangibile, come se le pareti vibrassero al ritmo delle loro chiacchiere insensate. Per fortuna, la strana coppia svanì come nebbia mattutina. Dove siano andati al bar per paste fresche, alla trattoria per gnocchi non era importante. L’essenziale era che se ne fossero andati.

Mi prese un brivido surreale al pensiero delleducazione che avrebbero dato a quel bambino. Forse sarebbe cresciuto altrettanto confuso e rumoroso. Mi venne da sperare che forse i nonni potessero intervenire, ma poi pensai: se hanno educato così i loro figli, probabilmente neanche per i nipoti le cose cambieranno. Tutto girava e si confondeva come in una strana danza sotto il sole di Roma, e la realtà sembrava lontana come il suono di un carillon dimenticato.

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