Non ti immagini che Natale ho passato, davvero mi sembra ancora surreale! Ti racconto tutto, ti prego, non ridere troppo
Ma dove metto questa teglia di cotechino? Nel frigo non cè posto, è zeppo dei tuoi come si chiamano carpaccio e avocado, boh, che nomi! ha borbottato la zia Rosa, trascinando una vasca smaltata enorme, tentando di farle spazio fra i miei contenitori ordinati.
Lucia era ai fornelli, mescolava piano la salsa per gli gnocchi, e intanto respirava profondamente, contando sino a dieci. Erano arrivati da venti minuti appena, ma la casa sembrava già una sagra rumorosa, ti giuro. Avevano deciso di trasformare tutto: ambiente, abitudini, arredamento, il tipico invasione familiare italiana!
Zia Rosa, mettila pure in terrazzo, che fa freddo e cè il vetro. Non succede nulla al cotechino, le ho risposto cercando il tono più pacifico del mondo. In frigo cho gli ingredienti per linsalata, non posso congelarli!
Terrazzo! ha sbottato la zia, con i suoi boccoli e limmancabile vestaglia fiorata che si era portata da Piacenza e indossata appena entrata. Ma lì la polvere gira, le macchine E comunque, gli alimenti non si tengono mica per terra, figurati! Vabbè, sposto via le tue erbe, tanto non le mangia nessuno. Agli uomini serve carne, non il mangime da conigli!
Lucia ha incrociato lo sguardo con suo marito, Antonio, alto, sempre pacifico, che tagliava il pane sperando di passare inosservato. Sapeva bene comerano la zia Rosa e la cugina Raffaella, che in quel momento stava ispezionando il bagno, commentando tutto, mattonelle incluse.
Anto, dai una mano alla zia Rosa, porta il cotechino in terrazzo, Lucia lo ha chiamato decisa. Ho liberato un armadietto apposta, tutto pulito, niente polvere.
Antonio ha preso il contenitore di malavoglia e si è eclissato nel corridoio. La zia, rimasta senza la sua preziosa vasca, si è voltata verso Lucia.
Sei proprio pallida, tesoro! Sempre con queste diete strane? Sei pelle e ossa! Vedi Raffy, mia figlia: sembra una pubblicità della Parmalat, tutta salute Tu invece stai appassendo. E sto arredamento, tutto bianco e grigio, sembra un ospedale. Non potevi scegliere qualcosa di dorato, più chic?
A noi piace il minimal, zia Rosa, ha risposto Lucia assaggiando la salsa. Ognuno ha i suoi gusti.
Ed ecco arrivare trionfante Raffaella, tre anni più grande di Lucia, ma sempre con quellaria da sorella maggiore di venti anni, pronta a insegnare la vita. Dietro di lei trotterellavano i suoi due figli scatenati, cinque e sei anni, già con le manine imbrattate di cioccolato.
Lu, ma nel bagno cè solo la doccia? ha commentato delusa, sedendosi incrociando le gambe. Pensavo ci fosse una vasca. Come glieli lavo stasera, questi due? A loro piace giocare a mollo!
Raf, abbiamo sistemato la casa come piace a noi. Preferiamo la doccia. I tuoi figli sono grandi ormai, sotto la doccia ci stanno benissimo, rispondeva Lucia, sentendo la pazienza evaporare.
Sai, questo pranzo era nei piani da tempo, ma Lucia aveva sperato fino allultimo che la zia e la cugina avrebbero cambiato idea. Venivano da Parma con la scusa dei legami di sangue, che almeno ci godiamo Roma, insomma, classica pressione familiare. Ed educata comè, Lucia non ha saputo dir di no, anche se ricordava benissimo lultimo loro soggiorno, tre anni prima, con il suo esaurimento e una casa da disinfestare.
Solo che prima vivevano in quel vecchio bilocale con il pavimento scricchiolante; ora, invece, finalmente Lucia e Antonio avevano preso la casa nuova, tre camere spaziose e una ristrutturazione da interior designer. Era il loro nido, la gioia della loro vita, ogni dettaglio pensato e discusso.
Lucia era orgogliosa soprattutto della camera matrimoniale: il suo angolo sacro di pace. Pareti blu notte, tende oscuranti, letto grande con materasso ortopedico che da solo valeva come una vacanza alle Maldive e quel tappeto soffice sotto, pura coccola. Avevano concordato: niente ospiti lì dentro, porta chiusa! Per gli ospiti: soggiorno col divano letto, oppure se necessario lo studio di Antonio con il lettino.
Mamma, ho sete! si è lamentato il più piccolo dei figli di Raffaella, strattonando la madre.
Chiedi a Lucia, amore, ha risposto lanciando il problema alla padrona di casa. Lu, dagli qualcosa, sono stanchi dal viaggio!
Lucia ha tirato fuori dal frigo del succo di mela e ne ha versato due bicchieri.
Attenti, eh! Non fate cadere niente per terra, qui cè il parquet vero, ha raccomandato.
Ma smettila di preoccuparti per il parquet, ha sghignazzato la zia. Le cose servono a chi le usa, non il contrario! Sono bambini, che vuoi che sia? Al massimo, pulisci. E pensa te Lucia, ti sei fatta tutta raffinata qua a Roma.
Antonio, di ritorno, ha cercato subito di passare al clima conviviale:
Ragazzi, che ne dite di sederci a tavola? Ormai sono le cinque, il brindisi dellUltimo dellAnno ci aspetta!
Il pranzo è iniziato motlo caotico. I bambini saltavano ovunque, afferravano salame e pecorino dal tavolo, Raffaella al telefono con la sua amica a raccontare il viaggio, e la zia criticava ogni portata.
Insalata di gamberi? ha preso un gambero con la forchetta, guardandolo sospettosa. Mah non capisco queste cose. Un bello sformato di alici, sì che sarebbe roba genuina! Tutti questi erbetti roba da moda, non si mangia. Però tu almeno potevi fare delle patate buone, con tanto di prezzemolo Invece sto purè col tartufo sa di vecchio!
È una specialità, mamma, ha sbuffato Raffaella, lasciando il cellulare. Anche se io preferisco la cucina vera. Lucia, passami i funghi! Fatti in casa?
Presi dal contadino, spiegava Lucia.
Eh, vabbè. Fatti da te sarebbe meglio, ma la fatica non ce la vuoi, ha concluso la zia. Vi faccio provare i miei sottolio, ora apro il barattolo: quelli sì che sono funghi veri!
Lucia mangiava in silenzio, fissando il piatto. Sotto il tavolo, Antonio le strinse la mano, confortandola. “Sono solo tre giorni”, diceva il suo sguardo.
Verso le otto di sera, esaurita la prima bottiglia di prosecco e i bambini finalmente assorbiti dai tablet, ecco la domanda sul dormire.
Che schiena, ragazzi! ha sospirato la zia Rosa, massaggiandosi la schiena. Il treno sembrava una giostra infernale. Mi serve riposo, mica posso buttarmi su una panca!
Sì, mamma, ti serve un letto vero, ha rincarato Raffaella. Lucia, dove ci hai sistemato?
Lucia era preparata a questa domanda.
Ho sistemato il soggiorno: il divano letto è enorme, ci dormite da regina. Raffaella e i bimbi nello studio, cè il lettino che diventa matrimoniale. Se serve, mettiamo anche il gonfiabile in soggiorno, bello alto e comodo.
Improvvisamente cala il silenzio. Zia Rosa smette di mangiare, Raffaella solleva il sopracciglio.
Divano? chiede zia Rosa con voce incredula. Lucia, mi prendi in giro? Ho lernia, la schiena a pezzi! Non posso dormire sul divano, domani non mi alzo più! A me serve il letto vero, comodo, morbido.
Zia, il divano è ortopedico, lo abbiamo scelto proprio per gli ospiti, iniziava a spiegare Lucia.
Il divano non è mai come il letto! lha interrotta la zia. I giovani, va bene Ma io sono malata, anziana! Pensavo che ci avreste ceduto la camera vostra quello sì che è un vero letto! Ne parlano tutti.
Lucia è rimasta di sasso. Si aspettava lamentele, ma la pretesa di occupare direttamente la stanza matrimoniale, no.
La stanza matrimoniale? ha chiesto Antonio, massicciando le sopracciglia. Rosa, quella è la nostra camera. Ci dormiamo noi.
E allora? ribatte Raffaella. Siete giovani, forti. Bastano due notti sul divano o anche a terra, non morite mica. Invece la mamma ha bisogno di stare bene! A me conviene dormire con lei, così i bimbi stanno tranquilli: la notte si svegliano, e la porta si chiude.
Aspetta un attimo, Lucia sentiva il sangue che le salendo alle guance. Pretendete che io e Antonio lasciamo la nostra stanza per darvela, e noi ci arrangiamo in soggiorno?
Lucia, non essere drammatica! ha protestato la zia, agitando le mani. Lo chiediamo per le feste! I parenti vanno trattati coi guanti! Mia mamma e mia nonna così mi hanno insegnato, ma tu ormai sei diventata troppo romana, hai perso le tradizioni!
Tradizioni sono accogliere a tavola, ha ribadito Lucia, ferma. Il letto è come lo spazzolino, intimo. Non posso cederlo. Mi dispiace.
Raffaella ha posato di scatto il bicchiere. Si è sentito un tintinnio.
Lucia, ma fai sul serio? Non vuoi darci il letto perché ti dispiace per una zia e i nipoti? Abbiamo fatto 300 chilometri, portato regali, e ci metti sul divano, come i barboni?
Ma quale barboni? si è inserito Antonio. Il divano è costato cinquemila euro, comodissimo. Io ci dormo quando guardo la partita.
Non me ne frega del prezzo! ha urlato la zia Rosa. È questione di rispetto! Tua madre poverina si rivolterebbe nella tomba se vedesse come accogli i parenti. Sei egoista! Tutta tuo padre!
Più basso di così non si poteva andare. La mamma di Lucia, sempre dolce, aveva sopportato per anni la prepotenza di Rosa e aiutava sempre tutti, anche quando restava senza nulla. Lucia ricordava le famose visite della zia: sempre critiche, sempre rimostranze, e poi se ne andava lasciando la mamma esausta e con il portafoglio vuoto.
Lasci stare mia mamma, ha detto Lucia con voce bassa ma tagliente. Mia mamma era santa e voi lavete sfruttata per tutta la vita. Io non sono come lei. So difendere i miei confini. La stanza resta chiusa. Punto. Chi non gradisce il divano, cè lhotel, vi aiuto a prenotare.
Lhotel?! Raffaella quasi si è strozzata. Vuoi cacciarci? In albergo? Con che soldi? Mamma, hai sentito?
Sentito, sentito, ha risposto la zia, esagerando e mettendosi la mano sul cuore. Che pena Pressione alle stelle! Dammi lacqua, subito!
Raffaella si è precipitata a darle acqua e pillole. I bimbi, capendo laria, si sono fatti silenziosi e guardavano il teatrino.
Senti, ha ordinato Raffaella appena la madre si è ripresa. O ci dai la stanza, o ce ne andiamo subito. Mai più qui. E facciamo sapere a tutti che persona sei diventata qua a Roma non ti si riconosce più!
Lucia ha guardato Antonio. Era pallido ma deciso, la supportava completamente. Ne aveva abbastanza anche lui di questa arroganza, di chi cerca sempre di spadroneggiare anche a casa daltri.
Mi pare una scelta assurda, Raf, ha risposto Lucia alzandosi. Offro ospitalità, la tavola, il letto migliore che abbiamo. Ma se per te contano solo i metri di un materasso, e non la famiglia, allora forse è meglio davvero che andiate.
Ah sì?! la zia Rosa si è alzata di scatto, dimenticandosi del mal di schiena. Prendi i bambini Raffy, usciamo! Meglio una notte in stazione che in questa casa di egoisti!
Mamma, che facciamo? Non ci sono più treni, si è spaventata Raffaella, che pensava fosse solo un bluff. Sperava che Lucia cedesse.
Prendiamo il taxi! Andiamo da Gina, allaltro lato di Roma! Lei sì che sa cosa serve ai parenti; vive in una stanza con il marito che beve, ma almeno è di cuore! Qui, peggio di niente!
Inizia il delirio. Raffaella, furibonda, stipa la roba di nuovo nei borsoni, la zia va su e giù lamentandosi come se recitasse in una telenovela, elencando le ingiustizie subite e pronosticando solitudine eterna a Lucia e Antonio.
Ridammi i regali! ha ordinato la zia dalla porta. Ti ho portato le asciugamani di lino, ma non le hai meritate. Le do a Gina!
Lucia è andata a prenderle (che detestava comunque, tutte rigide e ruvide) e le ha consegnate. E i funghi sottolio, non ti scordare.
Prendo tutto! ha urlato Raffaella, sfilando il pacco. E pure i cioccolatini dei bambini, via!
Antonio assisteva senza dire parola, impietrito. Che figura, davvero! Vergogna totale, sembravano bambini capricciosi.
Si sono preparati in un quarto dora, la zia non ha smesso un attimo di insultare e di fare la vittima; nostalgia, lacrime, accuse sul futuro solitario di Lucia e Antonio.
Hai chiamato il taxi? ha chiesto Antonio sorridendo, ormai rassegnato.
No, facciamo da soli! ha ringhiato Raffaella digitando sul cellulare. Dai, usciamo, questo posto puzza di rancore!
Sono usciti come una tempesta. La zia ha sbattuto la porta nuova così forte che è caduta pure un po di intonaco dal soffitto.
Di colpo: silenzio assoluto. Solo il ronzio del frigo e lorologio in soggiorno. Sul tavolo, insalata di gamberi mezza mangiata, tovaglioli sparsi e succo rovesciato sulla tovaglia.
Lucia si è seduta e si è coperta la faccia fra le mani. E ha cominciato a ridere! No, nessuna lacrima, solo una risata nervosa, liberatoria.
Antonio si è avvicinato, la ha abbracciata e baciata sulla testa.
Dai, amore, sono andati. Basta così!
Lucia ha sollevato la faccia e rideva ancora, quasi isterica, ma finalmente leggera.
Anto, hai sentito? Meglio la stazione che qui! Non ci credo Che meraviglia!
Finalmente un po di pace, ha sorriso Antonio. Ah, ma il cotechino? Lhanno scordato! È ancora in terrazzo!
Lucia giù a ridere di gusto.
Eccoli qui i veri tesori: cotechino in terrazzo e la pace riconquistata! Gina vive in una stanza minuscola con il marito che fa lombrello chissà che notte di Capodanno passeranno!
Ormai è problema loro, ha detto Antonio filosofico, stappando un altro prosecco. Quando ha tirato fuori tua madre avrei voluto sbatterli fuori io. Sei stata bravissima, Lucia. Hai coraggio.
Io amo la nostra camera sopra ogni cosa, ammetteva Lucia, prendendo il calice di Antonio. E te. E la nostra tranquillità. Questo sarà il miglior Capodanno di sempre, solo noi due, il cibo basterà per un reggimento e nessuno a lamentarsi dei gamberi!
Hanno sparecchiato, portato i piatti in cucina. Latmosfera era più pulita che mai. Sparita tutta laria pesante di critiche e pretese.
Lucia si è affacciata: fuori cadeva la neve, soffice, coprendo qualsiasi traccia. Roma brillava, i taxi che portavano la zia e la cugina scomparsi nella notte Lucia sentiva quasi pena per loro, ma pensava che vivere con tanta rabbia interiore devessere una fatica, ben peggio che dormire sul divano.
Anto, ha chiamato. Accendiamo una musica? Mettiamo le candele? Dopotutto è festa.
Subito! ha risposto Antonio dalla cucina. E la famosa anatra arrosto è quasi pronta. Mica lhanno assaggiata!
In meno di unora, tavola risistemata, candele accese, sottofondo jazz. Lanatra con le mele pazzesca: dorata, succosa, il profumo riempiva casa.
Un brindisi per noi, ha detto Antonio. Alla nostra casa, che sia sempre piena di gente che ci rispetta.
E ai confini, ha aggiunto Lucia brindando. Che abbiamo finalmente imparato a difendere.
Più tardi, nel letto tanto discusso, Lucia respirava la calma più totale. Silenzio, profumo di bucato e lavanda, nulla di estraneo. Immaginava la zia e la cugina accampate da Gina o in stazione, a borbottare contro la romana snob, ma non sentiva rimorsi.
Ha capito una cosa importante: non si può piacere a tutti, soprattutto se questo significa annullare se stessi. Eh, la pace vale quel prezzo.
La mattina il telefono impazziva di messaggi. Parenti da ovunque: la zia aveva già raccontato a modo suo, eh! Lucia la strega, povera zia Rosa cacciata a piedi nudi nella neve di gennaio! Lucia ha ignorato tutto, ha spento il telefono, si è stiracchiata tra le lenzuola, e ha sorriso al nuovo anno.
E il cotechino lhanno regalato ai cani del cortile. Loro lhanno divorato senza una lamentela. La felicità vera è semplice, e gli animali la capiscono meglio delle persone!






