Ieri
Dove lo stai mettendo quel centrotavola? Così copri tutto lantipasto! E, per favore, sposta i calici, che tra poco arriva Orazio, sai che ha bisogno di spazio per gesticolare mentre parla.
Vittorio correva da una parte allaltra del tavolo, spostando bicchieri di cristallo e quasi facendo cadere le forchette. Caterina sospirò, pulendosi le mani sul grembiule. Era ai fornelli dalle otto del mattino, le gambe erano pesanti come il piombo, la schiena pulsava nel solito punto sotto le spalle. Ma lamentarsi non era unopzione. Oggi arrivava lospite speciale: il fratellino di suo marito, Orazio.
Vitto, rilassati, cercò di modulare la voce. La tavola è perfetta. Piuttosto, hai preso il pane integrale? Lultima volta Orazio ha fatto una tragedia perché avevamo solo filone bianco. Lui, vedi, ci tiene alla linea.
Certo che lho preso, pane casereccio di grano duro, proprio come lo vuole lui, Vittorio si precipitò verso la panettiera. Cate, e la carne? La carne è pronta, vero? Sai che lui se ne intende, va sempre in giro per ristoranti, figurati se lo sorprendi con delle polpette.
Caterina strinse le labbra. Certo che lo sapeva. Orazio, quarantenne scapolo che si autodefiniva artista indipendente, ma nella pratica viveva tra lavori saltuari e laiuto della mamma anziana, si pensava grande intenditore di cucina. Ogni volta che arrivava, per Caterina era come un esame che sapeva già di non poter superare.
Ho fatto larrosto di maiale in salsa di miele e senape, scandì secca. Carne fresca dal mercato, quasi venti euro al chilo. Se neanche questo gli va bene, alzo le mani.
Dai, non partire subito così, balbettò il marito, mostrando il suo solito fastidio per le critiche al fratello. Orazio non si fa vedere da sei mesi. Vuole solo stare con la famiglia. Cerca di capirlo, è in un periodo difficile, sta… cercando sé stesso.
Sta cercando soldi, non sé stesso, pensò Caterina, ma rimase zitta. Vittorio idolatrava il fratello minore, lo credeva un genio incompreso e reagiva male a qualsiasi critica.
Il campanello suonò puntuale alle sette. Caterina si tolse il grembiule di corsa, sistemò i capelli davanti lo specchio dellingresso e indossò il suo sorriso di circostanza. Vittorio spalancava la porta, luminoso come una moka nuova.
Oraziuccio! Fratellino! Finalmente!
Orazio si fermò sulla soglia, con un look da copertina: cappotto alla moda lasciato aperto, sciarpa lanciata sulla spalla, barba curata per sembrare trasandato. Allargò le braccia, lasciando che il fratello lo abbracciasse, ma si limitò a una pacca sulla spalla.
Caterina osservò le sue mani: vuote. Niente buste, niente scatole con dolci, neppure un fiore. Era venuto in casa loro, dove non aveva messo piede da sei mesi, davanti a una tavola che traboccava di piatti, senza portare nemmeno una caramella per i nipotini, che oggi per fortuna erano dalla nonna.
Buonasera, Caterina, salutò, dando una rapida occhiata al corridoio senza togliersi immediatamente le scarpe. Avete cambiato la carta da parati? Il colore… ricorda un po lospedale. Vabbè, limportante è che piaccia a voi.
Ciao, Orazio, rispose con freddezza. Vai a lavarti le mani. Qui ci sono ciabatte nuove.
Non ho portato le mie, e con quelle di altri si rischiano infezioni, liquidò la proposta. Vado in giro in calzini, tanto il pavimento sarà pulito, no?
Caterina sentì la rabbia montare dentro. Aveva lavato il pavimento due volte per la sua visita.
Certo, Orazio. Vieni a sederti.
Si misero tutti in salotto. Il tavolo era davvero da festa: tovaglia bianca, tovaglioli pregiati, tre tipi di insalata, salumi e formaggi, caviale rosso, funghi sottolio fatti da Caterina in autunno. Al centro, il piatto più caldo.
Orazio si sdraiò sulla sedia con fare altezzoso, osservando la tavola. Vittorio armeggiava con la bottiglia di brandy, comprata apposta per loccasione un ottimo invecchiato.
Dai, brindiamo! proclamò Vittorio, versando da bere.
Orazio prese il bicchiere, lo ruotò, lo annusò.
Italiano, vero? storceva il naso. Preferisco quello francese, è più fine. Questo sa troppo di alcool. Ma vabbè, non si guarda in bocca al cavallo donato…
Bevve dun fiato, senza nemmeno gustarlo, poi passò subito allantipasto. Caterina vide che mollava sul piatto il pezzo più pregiato di prosciutto crudo.
Serviti pure, Orazio, invitò, spostando verso di lui linsalatiera. Questa è insalata con gamberetti e avocado, ricetta nuova.
Orazio prese con la forchetta un gamberetto, lo studiò come un esperto.
Erano surgelati? domandò, quasi accusatorio.
Certo, mica viviamo al mare, si stupì Caterina. Li ho presi in negozio, quelli grandi.
Colla, decretò, buttando il gamberetto nellinsalata. Cate, li hai scottati troppo. Bastano due minuti in acqua bollente. Qui le fibre sono dure. E lavocado non è maturo, fa addirittura rumore sotto i denti.
Vittorio, che stava per prendere un po dinsalata anche lui, si bloccò a metà.
Ma dai, Orazio, a me piace! Te lo assicuro, era ottima.
Vitto, il gusto si educa, sentenziò il fratello. Se uno si accontenta sempre, non saprà mai distinguere la vera gastronomia. La settimana scorsa sono stato alla presentazione di un ristorante, facevano ceviche di capesante. Altro che consistenza! E qui… Spero che almeno la maionese sia fatta in casa?
Caterina sentì le guance avvampare. La maionese era del supermercato, non aveva tempo per prepararla da zero.
Supermercato, rispose secca.
Capisco, sospirò Orazio, come se avesse appena ricevuto una diagnosi gravissima. Aceto, conservanti, amido. Veleno puro. Vabbè, dammi il tuo arrosto. Spero almeno quello sia commestibile.
Caterina servì in silenzio un bel pezzo di arrosto, nappato di salsa, con patate e rosmarino. Il profumo era da acquolina in bocca, ma Orazio non era gente normale, era il fine intenditore.
Tagliò un boccone, masticò a lungo guardando il soffitto. Caterina e Vittorio aspettavano il verdetto lui pieno di speranza, lei quasi tremante di rabbia.
Tanto asciutto, sentenziò Orazio. E la salsa… il miele sovrasta tutto, troppo dolce. La carne deve sapere di carne, Cate. Così hai fatto un dolce. Inoltre, si vede che non lhai marinato abbastanza. Le fibre stanno troppo attaccate. Dovevi metterlo nel kiwi, o marinare un giorno intero almeno.
Lho marinato tutta la notte, con spezie e senape, difese Caterina, sottovoce. A tutti quelli che lhanno sempre assaggiato, è piaciuto.
A tutti, be, dipende da chi sono questi tutti. Le tue colleghe, certo, magari sono abituate alle carote bollite. Ma io sono oggettivo. Si può mangiare, per fame… ma non dà piacere.
Spinse via il piatto, lasciando quasi intatto quel pezzo di carne da dieci euro, e si servì dei funghi.
Almeno i funghi sono vostri? O son cinesi da barattolo?
Nostri, ringhiò Caterina. Colti e messi in conserva da noi.
Orazio ne mangiò uno, si strinse sulle spalle.
Troppo aceto. Così ti rovini lo stomaco. E anche troppo sale. Cate, ti sei innamorata, per caso? Di solito chi ama cucina salato, no? rise di gusto. Vitto, attenzione alla pressione, che con una dieta così non arrivi alla pensione.
Vittorio ridacchiò nervoso, cercando di ammortizzare.
Ma dai, sono quelli giusti. Per una bella grappa, son lideale!
Brindarono ancora. Orazio iniziò a sudare, si sciolse la sciarpa, ma tenne il cappotto, segno che non intendeva fermarsi a lungo, quasi stesse facendo un favore.
Non avete trovato di meglio per il caviale? osservò pungente, pizzicando un crostino. Questo è piccolo e lascia troppi gusci. Lo avete preso in saldo?
Orazio, è caviale di salmone, costa settanta euro al chilo, sbottò Caterina, con la voce che le tremava. Labbiamo comprato apposta per te, di solito non lo prendiamo, lo risparmiamo.
Risparmiare sul cibo è la cosa peggiore che ci sia, filosofeggiò Orazio, trangugiando un altro crostino con il pessimo caviale. Siamo quello che mangiamo. Io non compro mai salumi scadenti, piuttosto digiuno. Voi invece svuotate il frigo con offerte e poi vi chiedete perché siete scarichi e pallidi.
Caterina guardò Vittorio. Lui stava chinato sul piatto a masticare carne, come nulla fosse successo. Quel silenzio le faceva più male delle parole di Orazio. Ancora una volta, lui faceva lo struzzo, pur di non difendere sua moglie.
Vitto, chiese Caterina, anche tu trovi la carne asciutta?
Vittorio tossicchiò.
Ee… no, Cate, è buonissima. Davvero. Solo che Orazio ha più gusto, ormai è esperto…
Ah, esperto, Caterina appoggiò la forchetta. Il metallo fece un suono fragoroso, da sparo. Allora io ho gusto rozzo, e le mani storte. E cucino veleno?
Non dar retta, sbuffò Orazio. Sto solo facendo critica costruttiva. Così puoi migliorare. Dovresti essere grata. Ormai Vitto mangia tutto e ti fa sempre i complimenti, così ti sei seduta. La donna deve crescere, sempre.
Grata? ripeté Caterina. Vuoi che ti dica grazie?
Si alzò dal tavolo. La sedia strisciò rumorosamente allindietro.
Cate, dove vai? Vittorio piuttosto spaventato. Ancora non abbiamo finito.
Arrivo, rispose con voce strana. Porto il dolce. Orazio va pazzo per i dolci.
In cucina, sulla mensola, troneggiava la sua torta di Millefoglie che aveva preparato la sera prima fino a dopo mezzanotte. Dodici strati sottilissimi, crema pasticcera fatta con tuorli freschi e vaniglia. Guardò il dolce, poi il cestino della spazzatura vuoto.
Le mani tremavano. Loffesa, accumulata in anni, ormai le traboccava dal cuore, annegando la logica. Quante volte quelluomo era venuto da loro per mangiare, bere, chiedere soldi che poi non restituiva? Quante volte aveva criticato la casa, i vestiti, i figli? E Vittorio zitto, sempre. Sempre a giustificare. È sensibile, è un artista, bisogna capirlo. E Caterina doveva essere di ferro?
Non toccò la torta. Prese il grande vassoio e tornò in salotto.
Ecco il dolce? si allungò Orazio, curioso. Spero non sia il solito rotolo da supermercato?
Caterina iniziò, senza fretta, a sgomberare i piatti. Prima larrosto troppo asciutto. Poi linsalata con la colla. Poi gli antipasti.
Oh, cosa fai? simbestialì Orazio, quando sparì il piatto con i crostini. Non ho finito!
Perché mangi queste cose? domandò Caterina, guardandolo negli occhi. Sono tutte immangiabili. Carne secca, insalate con veleno, gamberi di gomma, caviale pessimo. Non posso permettere che un ospite importante si avveleni. Non sono tua nemica.
Vittorio scattò in piedi.
Caterina! Basta! Questo è uno show! Rimetti tutto a posto!
No, Vitto, lo show lo fa chi viene a casa daltri a mani vuote, si siede al tavolo a cui abbiamo dedicato un quarto del tuo stipendio, e comincia a sputare veleno sulla padrona di casa.
Ma io non ho insultato! protestò Orazio, il volto acceso. Ho solo dato un parere! Siamo in una paese libero!
Libero, confermò Caterina, caricando i piatti. Così sono libera di scegliere chi servo a tavola. Hai detto che preferisci restare digiuno piuttosto che mangiare cibo scadente? Rispetto la tua scelta. Digiuno sia.
Girò su se stessa e portò via tutto in cucina. In salotto calò un silenzio carico di tensione.
Sei impazzita? sussurrò furioso Vittorio, inseguendola. Mi hai rovinato davanti a mio fratello! Rimetti la cena! Chiedi scusa!
Caterina poggiò il vassoio e lo fissò. Gli occhi lucidi, ma gelidi.
Ho rovinato io? E tu, mentre lui mi umiliava, che facevi? Non ti sei vergognato? Sei uomo o zerbino, Vittorio? Ha divorato settanta euro di caviale in cinque minuti e ha detto che faceva schifo. Tu me lo hai mai regalato, anche senza occasione? No. Diamo il meglio agli ospiti, e lospite ci calpesta.
Ma è mio fratello! Sangue mio!
E io sono tua moglie! Sono dieci anni che ti cucino, lavo, rassicuro. Ieri sono rimasta ai fornelli fino a notte fonda dopo il lavoro. Per cosa? Per sentirmi dire che ho le mani storte? Se non la smetti subito, questo Millefoglie te lo pianto in testa. Non scherzo, Vittorio.
Vittorio si ritrasse: non aveva mai visto Caterina così. Lei era sempre dolce, accomodante, la brava moglie. Ora davanti a lui cera una leonessa pronta a tutto.
Orazio spuntò in cucina, perplesso e quasi offeso.
Ma che modo è questo di trattare gli ospiti? disse. Sono venuto con il cuore, e mi si caccia via con il pane?
Sei venuto davvero con il cuore? Caterina rise amaro. E dove si vede? Le mani vuote? Anni che non porti mai nulla, nemmeno una bustina di tè. Vieni solo per mangiare e criticare.
Non ho soldi, è solo un momento difficile!
Il tuo momento dura ventanni. Ma il cappotto nuovo ce lhai, la sciarpa firmata anche. E le presentazioni ti piacciono. Chiedere soldi a mio marito, però, quello va bene.
Basta, Cate, taci! gridò Vittorio. Non si giudicano i soldi degli altri!
Ora, Vittorio, sono i nostri soldi! Sono quelli che risparmiamo per la famiglia, che togliamo ai nostri figli, per sfamare questo intenditore.
Orazio si toccò il petto in modo teatrale.
Basta, me ne vado. Non resto nemmeno un minuto. Vittorio, non pensavo ti saresti mai sposato con una così. Non vedrai più il mio piede qui dentro.
Andò via verso luscita. Vittorio lo inseguì.
Oraziuccio, aspetta! Non darle retta, è nervosa, o stanca di lavoro! Adesso si calma!
No, fratello, la voce di Orazio aveva un tono drammatico. Questo è un affronto. Me ne vado. Non chiamarmi finché non mi chiede scusa.
La porta sbatté.
Vittorio rimase lì, guardando la porta chiusa, come fosse la fine di un mondo. Poi, sconsolato, tornò in cucina, dove Caterina già riversava larrosto nei contenitori.
Sei contenta? domandò a voce bassa. Mi hai allontanato dal mio unico fratello.
Ho tolto di torno un parassita, rispose senza voltarsi. Siediti e mangia. La carne è ancora calda. O la trovi anche tu secca?
Vittorio si sedette, testa fra le mani.
Ma dai, era pur sempre ospite…
Un vero ospite si comporta da ospite, non da controllore sanitario. Vittorio, ascoltami. Mai più, mai più allestirò un pranzo per lui. Vuoi vederlo, vai tu da lui, o portalo fuori, ma a tue spese. Il mio lavoro e i miei soldi non li mischio più.
Sei diventata dura, mormorò lui.
Sono diventata giusta. Su, mangia. O devo togliere tutto?
Vittorio guardò la carne che profumava, lo stomaco brontolava. Tagliò un pezzetto. Lo degustò.
La carne era tenera, si scioglieva in bocca. La salsa dolce e pungente era perfetta.
Allora? chiese Caterina, vedendolo socchiudere gli occhi.
Squisita, ammise piano. Eccezionale, Cate.
Bene. E tuo fratello è solo un invidioso che si sente importante criticando gli altri. Fai attenzione.
Vittorio masticava pensieroso. Per la prima volta, sentì che la moglie forse aveva ragione. Ripensò alle mani vuote di Orazio, alla voce sprezzante, alla propria vergogna di fronte alle sue critiche.
E il dolce? chiese poi. Mangiamo il Millefoglie?
Caterina sorrise, finalmente sinceramente.
Mangiamo eccome. E il tè lo preparo col timo, come piace a te.
Tagliò la torta, profumata e invitante. Sedettero insieme, a mangiare e bere, e la tensione svanì.
Sai, disse Vittorio, finendo la seconda fetta, neppure per il compleanno della mamma ha portato qualcosa. Il dono migliore sono io, ha detto…
Ecco, vedi? rispose Caterina. Stai aprendo gli occhi.
Il telefono di Vittorio vibrò. Arrivò un messaggio da Orazio: *Potevi almeno farmi portare via due crostini, sono uscito a digiuno. Mi devi cinquemila euro di risarcimento morale.*
Vittorio lesse il messaggio ad alta voce. Silenzio. Caterina alzò un sopracciglio.
E cosa rispondi?
Vittorio guardò la moglie, la cucina calda e il dolce perfetto. Poi il telefono. Scrisse lentamente: *Mangia in ristorante, sei intenditore. Soldi non ne ho.* E cliccò Blocca.
Cosa hai scritto? chiese Caterina.
Che stiamo andando a dormire.
Caterina fece finta di credergli, anche se vide il display. Si avvicinò e gli abbracciò le spalle.
Bravo Vitto. Anche se ci hai messo un po per capire.
Quella sera capirono qualcosa di importante. A volte, per difendere la famiglia, bisogna lasciarsi alle spalle chi non la rispetta, anche se sono parenti. E la carne era davvero perfetta, nonostante tutto quello che dicono i critici dal portafoglio vuoto.
La vita insegna che il valore di chi crea e dona affetto non può essere messo in discussione da chi giudica senza mai dare nulla. Quel giorno, Caterina si scelse. E scelse, finalmente, il rispetto.






