Lautobus scarica Alessandra Neri davanti al cancello di una casa di riposo a Ostia, intorno alle otto e venti. Il mattino di settembre è freddo, le foglie secche di acero frusciano sul vialetto. Primo giorno di lavoro, quarantasei anni, ce la faccio, pensa, stringendo alla spalla la borsa con le scarpe nuove e il thermos vuoto.
Allingresso la accoglie la direttrice, la signora Giovanna Bianchi, con gli occhiali rotondi scintillanti:
Vieni, ti mostro il posto.
Nel corridoio si sente il ronzio di una televisione, il tintinnio di piatti dalla mensa. Appoggiata a un deambulatore, un anziano leggero riposa contro il muro. Nessuno al personale alza la voce: sembra che tutti cerchino di non disturbare la quiete dei residenti.
Le consegnano un armadietto libero, un camice e un tesserino sottile: Assistente sociale. Alessandra N.. Tira via il cappello; i capelli, un po arruffati, le sfuggono tra le dita. A lavoro precedente, in un ufficio chiuso destate per tagli, lodore era di carta, non di disinfettanti. La perdita del padre laveva spinta a cercare un impiego più concreto, a dare una mano a chi non ha nessuno.
Il primo compito è distribuire le coperte lavorate a maglia. Si aggira nella stanza a sei letti: Elena Grigoli piega cappellini per i nipoti senza alzare gli occhi, Arcangelo Niccolò legge il giornale avvicinando la lente al naso, Valentina Sergio siede al finestrino, quasi a parlare con il silenzio fuori. Ognuno è circondato da oggetti, ma appare solo. Alessandra avverte un brivido al petto, come se una lacrima straniera volesse scendere.
Durante la pausa pranzo esce in cortile, prende il cellulare e chiama la madre, Maria, che ha settantadue anni e vive nello stesso quartiere, ma a due cambi di autobus.
Sto bene, solo il fornello che scoppia di nuovo, vieni a dare unocchiata, risponde la madre. Alessandra promette di passare sabato; la voce della madre è sottile, le labbra abituate a chiedere poco.
La sera, dopo aver rifatto i letti e firmato il registro, chiude il turno. Fuori sta già buio; il cielo è attraversato da ombre di rondini. Sullautobus sfoglia le linee guida per lassistenza agli anziani a mobilità ridotta, stampate dal suo corso di laurea. Tra le righe pensa alla madre che, nella sua casa vuota, mette una pesante padella sul fornello per non dover prendere in prestito il piano cottura del vicino.
Passa un mese. A ottobre il freddo incolla il ghiaccio alle finestre e Alessandra si immerge nella routine: visite al fisioterapista, esercizi di gruppo, controllo farmaci. Ideò i Venerdì caffè: prepara il caffè nella moka del refettorio, dispone quattro posti a tavolino e mette su un lettore con canzoni italiane degli anni 60. Due sorridono, uno si addormenta; anche il sonno vicino è più dolce che in un corridoio vuoto.
Giovedì una collaboratrice si ammala e Alessandra deve accompagnare un residente in ospedale. Lidia Pavoni, una signora fragile, attende pazientemente mentre la direttrice la chiama per compilare un modulo urgente per gli ispettori del servizio sociale. Lidia sospira:
Non ti preoccupare, rimarrò qui.
Alessandra nota le mani di Lidia tremare sul sacchetto: trenta minuti in piedi sono una sfida per le sue ginocchia gonfie.
La sera la madre chiama per la prima volta:
Finito il farmaco per la pressione, oggi mi gira la testa, dice con tono asciutto. Alessandra avvicina il telefono alla guancia, mentre pulisce il cesto di mele in frigo perché il cuoco ha chiesto un aiuto.
Lo compro domani, risponde, scusandosi per non aver potuto fare acquisti. Un silenzio di rumori domestici riempie la linea.
Il mattino dopo la fermata è bloccata dal traffico; Alessandra arriva in ritardo di quindici minuti. Chiede a Giovanna una pausa, corre in farmacia, fa la fila per i pensionati, torna con una busta di medicinali. Consegna il pacchetto alla madre tramite il postino amico, perché non riesce a tornare a casa in tempo. Dopo due ore riceve un SMS: Ricevuto, grazie, ma il sollievo non arriva.
Quella sera Arcangelo non trova il suo album fotografico e piange, stringendo il petto di Alessandra. Cercano sotto il materasso, dietro la testata, dentro larmadio, trovano solo un vecchio biglietto del circo. Lanziano racconta che sua figlia è partita per la Sardegna e scrive solo nelle festività. Credo di dimenticare la sua voce, sussurra. Alessandra sente in quelle parole il timore che la madre un giorno non la riconosca al telefono.
Tarda le nove, la porta si chiude dietro di lei, il display del cellulare mostra una chiamata persa di unora fa. Prova a richiamare, ma la linea è occupata. Ricorda il corridoio cupo della casa di riposo, dove almeno linfermiera di turno passa ogni due ore; ora la madre è sola.
Domenica arriva a casa della madre. Laria è intrisa di cavolo brasato e di olio vecchio. Il frigorifero ronza più forte di un anno prima. Maria è seduta su uno sgabello, una mano sul ginocchio, come a risparmiare energia.
Cambierò io la lampada, scherza Alessandra, ma la madre la fissa:
La lampada è una sciocchezza. Quando è stata lultima volta che ti sei fermata a bere un tè senza guardare lorologio?
La domanda penetra le sue scuse.
Lunedì il direttore dellistituto annuncia un audit la settimana successiva e richiede a tutti un rapporto di coinvolgimento sociale. Giovanna porta una pila di moduli; Alessandra ne prende uno, ma nella mente ritorna la cucina vuota della madre. Il peso al petto si fa più pesante: deve scegliere tra lavoro e casa.
Fine ottobre, la pioggia picchia il vetro del tram, il crepuscolo precoce spinge i pochi passanti sotto i portici. Dopo il turno, dove due residenti litigano per il televisore, Alessandra non prende lautobus per tornare a casa. Scende alla fermata davanti al palazzo di cinque piani di sua madre, compra tre batterie per la torcia e sale al quarto piano. La porta è chiusa solo con una catena. Dentro odora di foglie bagnate, laria entra dal balcone aperto.
Maria è seduta in cucina davanti al fornello spento, le spalle curve. Una candela singola brucia, proiettando ombre sui mobili.
Ho perso la corrente, dice, senza guardare, la luce è sparita, ma non fa rumore.
Alessandra toglie il cappotto, accende la torcia, ma il pannello elettrico sembra una condanna silenziosa.
Hai chiamato, la madre dice a bassa voce. Io chiamavo solo per parlare.
Alessandra si siede sul bordo della sedia, capendo improvvisamente che, in quella penombra, entrambe sono come i residenti, solo i ruoli sono invertiti.
Prende la mano fredda della madre, non più quella calda di sempre. Nella testa gira un pensiero chiaro: non potrà più recuperare le serate mancate né lalbum di Arcangelo.
Mamma, organizzerò in modo che non resti sola, dichiara, con voce decisa, come se firmasse una domanda. Il pensiero le vibra nello stomaco: dovrà chiedere un orario flessibile, trovare una badante, rischiare un altro turno. Non può più tornare alla corsa tra due solitudini.
Allalba accende di nuovo la torcia; la lampadina del corridoio di casa madre brilla, ha cambiato i fusibili di notte. Lodore di pane tostato e isolante bruciato si mescola al profumo del pane fresco portato dalla vicina del piano di sotto. Maria mette il bollitore sul fuoco e osserva sorpresa Alessandra armeggiare con i cavi.
Farò in modo che vengano gli specialisti, dice, mentre sul tavolo giace un taccuino con il numero del centro di assistenza sociale del quartiere.
Unora dopo spiega la situazione al centro. Lassistente, con una maglia viola, sfoglia rapidamente il fascicolo:
La domanda può essere fatta online. Per legge, quattrocento quarantadue anziani residenti hanno diritto a una badante due volte a settimana.
Alessandra compila i moduli, allega il certificato dei redditi di Maria e chiede una infermiera. La responsabile annuisce:
Organizziamo il patto di assistenza, ma concordiamo lorario, risponde.
Intorno a mezzogiorno rientra alla casa di riposo; la guardia guarda lorologio, ma Giovanna laspetta nella sala di cura e le passa il foglio del turno.
Ho una motivazione personale, inizia Alessandra, spiegando subito: la madre ha bisogno di aiuto, senza flessibilità rischia di crollare sia qui che a casa. Non è una richiesta di riposo, ma di due serate libere a settimana; sono disposta a fare turni mattutini e a consegnare i rapporti.
Le parole escono più dure di quanto vorrebbe. Giovanna si toglie gli occhiali, li pulisce con una salvietta.
Sai che la burocrazia aumenta, lispezione è imminente, dice. Alessandra si prepara al rifiuto, ma la direttrice continua:
I residenti hanno diritto a un accompagnamento stabile. Presenta un piano chiaro, così firmo.
Alessandra, in venti minuti, abbozza il piano di copertura: Lidia sarà accompagnata al centro medico da un volontario universitario, il custode Gennaro farà il turno alla reception, e i Venerdì caffè si spostano la mattina presto, quando il personale è più tranquillo. Giovanna firma, aggiungendo:
Assicurati che la qualità non cali. Qui non si parla di orari, ma di vita.
Lo stesso pomeriggio torna nellala maschile. Arcangelo è davanti al radiodiffusore, le dita sfiorano la coperta.
Troveremo lalbum, gli dice dolcemente.
Gira nella lavanderia, poi nella dispensa dove si conservano le coperte, interroga linfermiera del turno precedente. Alla sera, spostando la credenza, sente il fruscio della carta: tra la tavola e il battiscopa cè un piccolo angolo rosso. È lalbum. Lo estrae, spolvera via la polvere; sulla copertina cè scritto Estate 1973. Arcangelo lo stringe al petto come se fosse un pettirosso vivo. Il suo sguardo si illumina, e Alessandra sente la tensione sciogliersi.
Allassemblea dei residenti propone un angolo delle storie familiari: una cassettiera con lucchetto dove ognuno potrà conservare album, cartoline, ricami. Il progetto viene accolto, e Gennaro si offre di costruire scaffali con vecchie ceste di verdura. Il rumore dei martelli le fa sorridere involontariamente.
Verso le sette di sera si cambia il camice e prende il treno. Nella casa di Maria la luce è accesa: una infermiera pallida, con mascherina, è lì per tre visite settimanali. Discutono della ricetta del succo di mirtilli. Maria guarda la nuova ospite con diffidenza, ma al vedere Alessandra nella porta annuisce:
Dicono che aiuta a tenere sotto controllo la pressione, dice.
Una settimana passa. Alessandra si alza alle cinque per accompagnare i pazienti alla fisioterapia, e il giovedì e il sabato torna a casa di Maria alle cinque di pomeriggio, per preparare la cena o semplicemente stare accanto a una tazza di acqua calda. La routine è fitta, ma per la prima volta non sembra una corsa senza senso.
Un giorno Giovanna la ferma al suo posto.
Gli ispettori hanno notato che il coinvolgimento è aumentato. Quei cassetti con le storie funzionano. Ti do questo riconoscimento, dice. Alessandra espira: il piano sta funzionando.
Il pomeriggio è avvolto da una nebbia leggera, e una leggera neve cade. Dalla finestra del secondo piano si vede il ghiaccio sottile scintillare sul marciapiede. Alessandra accompagna Arcangelo nella sua stanza, controlla che il termosifone sia caldo e chiede allinfermiera Olga di fare unultima visita prima del turno di notte. Poi prende il suo cappotto e si avvia verso il lampione.
Sul tram laria è tiepida e cè lodore di lana umida. Controlla il cellulare: un messaggio di Maria Linfermiera ha portato il misuratore, pressione 130, tutto ok. Una frase breve, ma porta pace. Invia un messaggio vocale, raccontando come Arcangelo abbia finalmente sfogliato tutto lalbum e trovato la foto del circo di cui parlava.
Nella cucina di Maria profuma di composta di mele. Il vecchio frigorifero brontola, ma ora cè un nuovo prolungatore elettrico: un elettricista del servizio di manutenzione lo ha installato dopo la richiesta di Alessandra. Disponi gli alimenti sugli scaffali, ti cambi le scarpe e ti siedi a tavola.
Non ti muovi in fretta oggi? chiede Maria.
No, domani è il turno mattutino, rispondo, e quindi ho tempo.
Bevendo tè con miele, Maria mostra il suo diario dove annota la pressione per linfermiera. Alessandra ascolta e percepisce che il tremore nello stomaco svanisce: il bilanciamento che temeva è ora un programma concreto e qualche alleato.
Prima di andare, aggiusta il cappotto sullappendiabiti; la madre le porge una piccola sciarpa di lana.
Fuori sta nevicando, dice. Alessandra avvolge la sciarpa, sente il caldo dei fili. Il vecchio orologio a pendolo suona nella hall, unico rumore che rompe il silenzio. Spegne la luce principale, lasciando solo la lampada in cucina.
A domani, mamma, conclude. Nessuna fretta, nessun trambusto.
Sul pianerottolo si sente il freddo e il metallo delle ringhiere. Alessandra stringe la sciarpa e capisceCon la luce della candela che tremola, Alessandra sente di aver finalmente costruito un ponte tra le due case, dove lamore e il dovere si intrecciano in un futuro più sereno.






