BarSic stava seduto al cancello e aspettava. Un giorno. Due giorni. Una settimana… La prima neve era caduta — e lui era ancora lì. Le zampine gelavano, lo stomaco brontolava dalla fame, ma continuava ad aspettare.

Barbagianni era seduto accanto al cancello, ad attendere. Giorno. Giorno. Una settimana Quando cadde la prima neve, rimase lì, le zampette gelate, lo stomaco brontolante per la fame, ma non smise di aspettare.

Lo trovarono allinizio della primavera, ad aprile. La neve ancora copriva gli angoli ombrosi, ma nei punti soleggiati già spuntava un verde tenero. Un minuscolo gattino grigiobianco si era accoccolato sul tubo caldo di un negozio di alimentari, cercando calore.

Mamma, guarda! esclamò una bambina di circa sette anni, il viso illuminato da una gioia quasi surreale. Un gattino!

La madre, una donna dal sorriso accigliato, le strinse le labbra:

Andiamo avanti, Livia. È sicuramente sporco e pieno di pulci.

Ma la piccola si inginocchiò e tese la mano. Il cucciolo non fuggì, solo emise un flebile miagolio.

Per favore, mamma! Portiamolo a casa!

No, e ancora no! Abbiamo un appartamento in affitto e non è permesso tenere animali!

Passò di lì Alessandra. Sentendo la discussione, si fermò, osservò la bambina dolce, ingenua, già in lacrime.

Dove volevate portarlo? chiese.

A casa, singhiozzò Livia. Ma la mamma non lo permette.

Alessandra rimase a pensare. Nella sua cascina le topi erano proliferate. Quel piccolo, una volta cresciuto, sarebbe stato un ottimo cacciatore.

Sai una cosa, disse con dolcezza, ho una cascina grande, con un giardino. Lì il gatto starà bene.

Gli occhi di Livia si illuminarono:

Davvero? E come lo chiamerete?

Barbagianni, rispose prontamente Alessandra, perché è striato.

Così il gattino entrò nella loro dimora. Grigiobianco, con occhi di ambra, incredibilmente fiducioso. Appena lo accarezzavano, iniziava a ronfare, appoggiando il musetto sulla mano.

E si rivelò un cacciatore di topi agile! In una settimana eliminò tutti i roditori del terreno. I proprietari ne furono felici, sia per la praticità che per lutilità.

Barbagianni si impegnò al massimo. Ogni sabato lo incontrava al cancello, dormiva ai piedi dei genitori, come se sapesse di essere parte della loro famiglia, della loro vita.

Credeva che così sarebbe stato per sempre.

Ma lautunno cambiò tutto. A novembre Alessandra e Andrea tornarono per lultima volta, per chiudere la cascina per linverno.

Che faremo di Barbagianni? domandò Alessandra, infilando le bottiglie nella borsa.

Nulla, sbuffò Andrea. Ce la caverà da solo. I gatti vivono per strada, si arrangiano in inverno.

E partirono.

Barbagianni rimase al cancello a vegliare. Giorno. Altro giorno. Una settimana.

Cadde di nuovo la neve. Le zampe gelate, lo stomaco affamato, ma lui rimaneva immobile. Avevano promesso di tornare. Tornarebbero, lo giuravano.

Ma le forze venivano meno. Con loro svaniva anche la speranza.

Ehi, piccolo, udì una voce rauca un pomeriggio. Hai freddo?

Sopra di lui stava Giovanni Bianchi, il vicino di una delle parcelle, un pensionato che trascorreva linverno solo nella sua casetta di campagna. Le sue mani erano calde, e dal suo odore non si percepiva il gelo o la paura, ma qualcosa di rassicurante, di familiare.

Vieni da me, sussurrò luomo. Ti scalderei.

E Barbagianni andò. In quel momento comprese una verità semplice: non tutti gli esseri umani sono uguali.

Giovanni, settantanni avanzati, viveva con lentezza. I figli erano cresciuti, sparsi, la moglie se nera andata tre anni prima. Rimaneva solo con la sua casetta e i ricordi.

Vivere linverno lì era una consuetudine: in città era afoso, i vicini estranei, mentre qui cera silenzio, neve fuori dalla finestra e il crepitio accogliente del fuoco.

Lo avvolse in una vecchia maglia e lo portò dentro.

Allora, amico, borbottò, ponendo una pentola di latte sul fornello, raccontami come sei finito al freddo a fermarti qui?

Il gatto taciò, gli occhi di ambra guardavano con una tristezza che stringeva il cuore.

Capisco, annuì luomo. Ti hanno abbandonato. Che gente Dio li perdoni.

Nei primi giorni Barbagianni si nascondeva, si accucciava dietro il focolare, mangiava solo quando il padrone non era presente, come se attendesse un tranello.

Giovanni non lo affrettava. Gli lasciava una ciotola di cibo e parlava a voce bassa:

Ecco, ho preparato della polenta. Non è una delizia, ma si può vivere. Non ti vergogna.

O:

Ha nevicato tanto è bello stare a casa, vero?

Dopo una settimana il gatto si fece più audace. Prima mangiava vicino al padrone, poi si avvicinò di più. Dopo qualche giorno balzò in grembo.

Ecco, finalmente! rise Giovanni. Facciamo sul serio.

Lo accarezzò dietro la nuca, e il felino iniziò a ronfare, prima timidamente, poi più forte, più sicuro.

Bravo, disse luomo. Ora tutto andrà bene.

La vita riprese un nuovo ritmo. Al mattino Giovanni si svegliava e Barbagianni era già ai piedi del letto. Condividevano la colazione. Di giorno il vecchio leggeva il giornale, il gatto sedeva sul davanzale.

Talvolta uscivano insieme in cortile: spazzavano la neve, ripulivano i sentieri. Barbagianni correva dietro di lui, si tuffava nelle spazzate di neve, giocava con i fiocchi.

Hai dimenticato come si gioca, rideva il nonno. Nessun problema, lo r impari di nuovo.

La sera Giovanni parlava a lungo: della vita, dei figli, di Micio, il suo gatto scomparso un anno prima.

Era un buon gatto. Fedeltà pura. Quindici anni con me. Quando è andato via pensavo di non adottarne più. Troppo dolore.

Barbagianni ascoltava, ronfonando, come se capisse ogni parola.

Verso Capodanno il gatto si era ormai ambientato: dormiva ai piedi del nonno, lo salutava alla porta quando tornava, persino una volta catturò un topo e lo presentò fiero.

Un vero cacciatore! esclamò Giovanni. Non serve più, abbiamo già cibo a sufficienza.

Linverno volò. Febbraio divenne marzo.

Una mattina, dietro il cancello, si udì il rombo di unauto.

Barbagianni si irrigidì, corse alla finestra. Giovanni sbirciò fuori, aggrottando le sopracciglia.

Sono arrivati, mormorò. I vostri vecchi proprietari.

Dallauto scesero Alessandra e Andrea, sorridenti, curiosi, mentre osservavano il terreno.

Dovè il nostro Barbagianni? chiamò Alessandra a gran voce. Miaomiaomiao! Vieni qui, cacciatore di topi!

Il gatto tremò, appoggiandosi al vetro.

Non vuoi tornare da loro? sussurrò Giovanni.

Barbagianni guardò Giovanni, e negli occhi gialli del vecchio vide la risposta chiara. Capì senza parole.

Allora, amico, disse Giovanni, tutto è chiaro. Loro verranno a prenderti, credono ancora di possederlo.

Dopo mezzora, la porta trabattò con colpi vigorosi.

Giovanni Bianchi! urlò Alessandra, stridendo. Sappiamo che il gatto è qui! Uscite subito!

Il vecchio si alzò con difficoltà dal bricco. Barbagianni si rifugiò sotto il letto, nel rinculo più profondo.

Stai zitto, sussurrò Giovanni. Non farti vedere.

La porta si spalancò. Alessandra e Andrea erano lì. Lei, decisa e impaziente; lui, timido e incerto.

Buongiorno, disse Giovanni, con voce asciutta.

Dovè il nostro gatto? balzò Alessandra. I vicini hanno detto che lo tenete!

Quale gatto? chiese il nonno, impassibile.

Non fate finta di niente! Grigiobianco, Barbagianni. Labbiamo lasciato in autunno, pensavamo che potesse cavarsela, ma sembra che sia finito da voi.

Lo avete lasciato? chiedé il vecchio, occhi gelidi. A novembre? Nella fredda notte? Allaperto?

Beh, balbettò Andrea, è un gatto, deve sapersi arrangiare.

Arrangiarsi? replicò Giovanni, avanzando. Un gatto domestico in inverno? Capite cosa state dicendo?

Basta moralizzare! intervenne Alessandra. Veniamo per il gatto. Ci servono di nuovo i topi. Rendetelo.

No, rispose brevemente il nonno.

Che cosa significa no? protestò Alessandra. È il nostro gatto!

Il vostro? rise Giovanni, rauco. E dove eravate quando il gatto moriva al cancello, affamato? Dove eravate quando lho portato semimorto dentro casa?

Non lo sapevamo balbettò Andrea.

Non lo sapevate o non volevate sapere? alzò la voce Giovanni. Lestate lo accudivete, linverno lo scartate come una vecchia scarpa!

Chi sei tu per insegnarci? scoppiò Alessandra. È il nostro gatto, e se non lo restituite

E allora? ribatté il vecchio. Ci fate causa? Per lanimale che avete lasciato a morire?

Allora, dal lato del cancello, spuntò una testa familiare. Barbagianni sbucò timidamente, sentendo le urla.

Eccolo! esultò Alessandra. Barbagianni, vieni qui! Miaomiao!

Il gatto si strinse a Giovanni, immobile.

Andate pure! ordinò la donna. Portatelo via!

Barbagianni scivolò di nuovo sotto il letto.

Vedete? sussurrò il nonno. Ha scelto. E la sua scelta non è a vostro favore.

Sciocchezze! sbatté Alessandra, scattando verso di lui. Dacci il gatto!

Non lo darò, rispose fermamente Giovanni.

Chi sei tu per vietarci? urlò lei. Andrea, dì qualcosa!

Andrea rimase in silenzio, il volto colmo di colpa.

A quel punto intervenne una voce nuova.

Che succede? chiese Maria Luisa, la vicina di casa, avvicinandosi al cancello.

Siete tornati, allora? osservò, sghignazzando. E volete il gatto indietro?

Certo! È il nostro! sbuffò Alessandra.

Il vostro? rispose Maria Luisa, con un ghigno amaro. E chi lha nutrito tutto linverno? Chi lo ha curato quando è stato infreddolito?

Non lo chiedevamo, balbettò Andrea.

Esatto, intervenne la vicina. Non lo chiedevate perché vi importava poco! Primavera giocattolo, autunno spazzatura!

Altri abitanti del borgo si avvicinarono, formando un piccolo gruppo tutti dalla parte di Giovanni.

Mancanza di coscienza, commentò la signora Rosa. Abbandonare un animale al gelo!

Che ne sapete? rise il signor Bruno. Barbagianni è di Giovanni adesso. È giusto così!

Se lo prendono con la forza? chiese cauta Maria Luisa.

Che provino, rispose Giovanni, con voce profonda.

Alessandra lanciò unocchiata fulminante verso tutti:

Non è ancora finita! sbottò, correndo verso lauto. Andrea la seguì, senza alzare lo sguardo.

Nessuno li vide più. Forse la coscienza li aveva fermati, o forse avevano capito che insistere era inutile. I vicini formarono una muraglia, mentre Barbagianni mostrò con chiarezza dove fosse la sua vera casa.

Lestate, nella tenuta di Alessandra e Andrea, esplose di topi a non finire.

E così è giusto, borbottò il signor Bruno, passando, volevano un gatto per la guardia, e hanno avuto un regno di topi.

La vita di Giovanni cambiò. Ritrovò senso, gioia nelle piccole cose. Ogni mattina salutava Barbagianni con un Buongiorno, preparava la minestra, comprava latte al mercato.

Barbagianni fiorì: il pelo splendeva, gli occhi brillavano. Si sentiva padrone del suo territorio.

Lestate arrivarono i nipoti di Giovanni. Si stupirono vedendo il gatto, poi lo affezionarono subito, soprattutto i piccoli, che passavano ore a giocare con lui.

Papà, disse la figlia al congedo, è bello che lhai accolto. Si vede che siete felici entrambi.

Sì, sorrise il nonno, osservando il gatto salutare gli ospiti, siamo felici.

Quando di nuovo linverno portò la neve, quella stessa neve che un anno prima quasi fu lultima per Barbagianni, il gatto correva in cortile, giocava con i fiocchi, senza più paura.

Ora è giusto così, commentò Giovanni, guardando fuori dalla finestra con un sorriso. Adesso va tutto bene.

In primavera, quando lultimo cumulo si sciolse, sul terreno di Alessandra e Andrea comparve un cartello: In vendita.

Barbagianni passò accanto, indifferente. Aveva cose più importanti incontrare il nonno al ritorno della pesca.

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