Abito con un uomo che ho conosciuto in un centro di cura a Montecatini. I miei figli mi hanno detto che sto facendo il matto. Prima che potessi condividere la notizia con qualcuno, ho ricevuto un messaggio dalla figlia: Mamma, ho sentito che ti sei trasferita. È uno scherzo?!
Mi sono fermata di colpo. Solo il giorno prima ne stavamo chiacchierando della ricetta della crostata di mele, e ora il tono era gelido, accusatorio.
Ho risposto che tutto andava bene, che presto avremmo parlato. Non ha più risposto. Allora ho capito: per lei non era una buona notizia, era uno scandalo.
Io? Ero seduta al tavolo della cucina del suo appartamento a Milano, il profumo di caffè appena macinato e di pino secco proveniva dal balcone aperto, mentre Luca teneva delicatamente la mia mano. Ci eravamo incontrati tre mesi prima, ma ciò che era nato tra noi non era affatto fugace.
Tutto è iniziato con una semplice domanda durante la cena al centro di cura: Signora, anche la zuppa le sembra un po salata?. Lho guardato e ho sorriso. Poi tutto è scivolato veloce.
Passeggiate insieme, chiacchiere fino a notte inoltrata, scambio di numeri di cellulare. Quando sono tornata a casa, ho pensato per un po che fosse solo un bel capitolo. Ma lui ha chiamato. E ha richiamato.
Ci siamo incontrati prima nei bar, poi mi ha invitata al suo giardino di campagna. Lì cera qualcosa che mi era mancato per anni: calore, interesse, attenzione. Ero vedova da sette anni. Per la maggior parte di quel tempo ero stata nellombra di faccende altrui figli, nipoti, vicine, medici, farmacie ma non dei miei sentimenti, quasi inesistenti.
Poi ho scoperto che provavo ancora qualcosa. Che qualcuno poteva avvolgermi così da far sparire gli anni, le rughe, la solitudine. Un giorno mi ha detto: Ho una stanza libera. Puoi venire per qualche giorno o restare più a lungo.
Ho sentito quella vibrazione che, da giovane, era un caldo pizzicore nello stomaco, la certezza di essere al posto giusto. Ho fatto le valigie in silenzio, senza fare rumore, senza dover spiegare nulla ai bambini.
Per me era una scelta di cuore. Per loro, un capriccio. Quando la figlia ha smesso di chiamare, ho provato a telefonare. Ha rifiutato la chiamata.
Il figlio ha chiesto freddamente: Mamma, che fai?. Poi ha aggiunto: La gente chiacchiera. A questetà non ci si comporta così. Ho provato a scherzare: A che età, tesoro? Ne ho appena sessantasei!. Non ha colto il gioco.
Per loro contava solo il fatto che non fossi dove dovevo a casa. Pronta al telefono, disponibile in ogni momento, pronta a far visita al nipotino, a inviare un bonifico in euro.
Le discussioni si sono accese, poi sono arrivati i rimproveri. Sei sempre stata responsabile. Ora ti comporti come una adolescente!. Non puoi semplicemente partire!. Che dirà la gente?.
Ho detto che non vivo per gli altri. Dopo quella conversazione tutto è peggiorato. I nipoti hanno smesso di chiamare, non sono stata invitata al compleanno della più piccola. Il cuore mi duoleva, ma non sono tornata indietro.
Nel piccolo casale con il giardino profumato, con Luca che ogni mattina mi preparava il caffè e mi diceva: Ciao, bella, mi sentivo me stessa. Non nonna, non anziana. Io, semplicemente.
Era sera quando lho guardato e gli ho chiesto: Pensi che i bambini capiranno mai?. Lui ha scrollato le spalle. Non lo so. Ma so che tu hai capito te stessa. Ed è lessenziale. Ho pianto a lungo quella notte, non per tristezza, ma per commozione.
Non so come andrà a finire la storia. Forse torneranno da me, forse no. So solo che nessuno mai ha avuto il diritto di dirmi che è troppo tardi per amare. Che lamore è solo per i giovani.
Io mi sento giovane proprio ora. E forse non è facile essere felice quando gli altri ti ostacolano, ma è comunque felicità, autentica, meritata.
I bambini? Hanno la loro vita. I nipoti crescono. Un giorno forse mi guarderanno non come chi ha fatto qualcosa di sbagliato, ma come una donna che ha avuto il coraggio di essere se stessa.
E se mi chiederanno se rimpiango dirò che lunica cosa di cui rimpiango è aver aspettato così a lungo. Perché non è mai troppo tardi per innamorarsi di nuovo.






