Tardi la sera al supermercato.
Una sera tardi nel supermercato della città. Valentina era seduta alla cassa, con le lacrime agli occhi, stremata dalla fatica, dallingiustizia e dalla solitudine. La notte in bianco aveva contribuito. Il suo vicino Marco, un ubriacone notorio, faceva ancora baccano dallaltra parte del muro con i suoi amici di bevute. Nemmeno la polizia riusciva più a calmarlo.
Valentina si asciugò le lacrime e guardò intorno. Un giovane affascinante, con un cappotto elegante, si avvicinò alla sua cassa. Da un mese, quel moro alto arrivava al suo banco per pagare la pizza e il succo di frutta. “Probabilmente un solitario,” pensò. “Qualcuna avrà fortuna con un ragazzo così bello.”
Il cliente, pizza in mano, le sorrise e le porse una banconota da cinquanta euro, ma si fermò: “Vado a prendere degli spicci, per non darle fastidio.” Saldò lacquisto e uscì.
Mancava unora alla chiusura. I pochi avventori mettevano la spesa nei carrelli senza entusiasmo. Valentina sbadigliò, maledicendo in silenzio il vicino Marco, che proprio in quel momento entrò, scarmigliato e pieno di lividi, con due bottiglie di vodka di lusso in mano. Con un sorriso beffardo, le porse un biglietto da cinquanta euro, nuovo di zecca. “Sarà festa fino a domattina,” pensò Valentina irritata.
“Marco, hai derubato qualcuno?” Gli occhi furbi del vicino brillarono tra i lividi. “Perché avrei dovuto rubarlo?”
Valentina, per abitudine, controllò la banconota alla luce, la passò tra le dita, ma allimprovviso “Aspetta, Marco, cè qualcosa che non va devo verificare.” Inserì il biglietto nel rilevatore e sussurrò: “Dove lhai preso? È falso!”
Marco si bloccò come in una foto per il passaporto, stringendo le bottiglie al petto, ricordando una preghiera dimenticata. Poi posò in fretta lalcol sul banco. “Controlla anche questi,” disse speranzoso, porgendole altri due biglietti da cinquanta. “Anche questi. Devo avvisare la polizia!”
“Valentina, ti giuro, li ho trovati davanti al negozio, qualcuno ha perso il portafoglio e ho preso i soldi. Non denunciarmi,” supplicò lubriacone.
La cassiera assaporò la sua paura, pronta a confessare lo scherzo: i soldi erano veri. Ma il vicino, prendendo quindicimila euro, corse verso il cestino per sbarazzarsi delle prove. Marco strappò le banconote con soddisfazione e uscì.
Valentina rimase sbalordita. Che aveva fatto? Ma dopotutto, se lera meritato!
“Mi scusi,” disse il cliente abituale. “Ho comprato una pizza prima”
“Mi ricordo,” rispose Valentina diffidente, “senza resto.”
“Ma non è per quello Sa, ho perso il portafoglio salendo in macchina. Che testa vuota.”
“Cera tanto denaro?” chiese Valentina, pensando a Marco.
“Non è quello, non importa. Avevo annotato un numero di telefono importante su una banconota. Se qualcuno lha trovato, può tenersi i soldi, ma mi copi il numero. Ecco il mio biglietto da visita.”
“Daccordo,” annuì Valentina.
Lumore di Valentina era cupo. Fino alla fine del turno, pensò a come aiutare lappassionato di pizza. Alla fine, afferrò un sacchetto e corse al cestino per svuotarne il contenuto.
A casa, indossando i guanti, cercò i pezzi delle banconote strappate, maledicendosi per quello stupido scherzo.
“E lui, che testa vuota sarà il numero di una donna,” pensò Valentina invidiosa, gli occhi brucianti di lacrime. Il numero fu trovato su due frammenti.
“Ma come darglielo? Non posso chiamare dal mio telefono, potrebbe richiamare. E poi cosa dire? Parlare delle banconote false?”
Tirò fuori il biglietto da visita: Alessandro Rossi, telefono aziendale e personale. Doveva chiamarlo, ma da un altro numero, o mandare un messaggio. Forse chiedere alla vecchia vicina il telefono? E se Alessandro richiamava e lei non capiva nulla, ma ricordava che Valentina era passata? Cosa avrebbe pensato? Che ero io, la cassiera Valentina, a trovare i soldi e tenerli, ma almeno ho mandato il numero?
Allimprovviso si rese conto che poteva chiedere il telefono al portiere, che poi non lavrebbe riconosciuta. E se ci riusciva meglio assicurarsi di no. Valentina si diresse verso larmadio
Poco dopo, una figura rotonda uscì dal palazzo, con cappotto, sciarpa, foulard e cappello. Chiunque avesse provato a fare un identikit di quella creatura ridicola. La figura si allontanò da casa, confondendo le tracce e guardandosi attorno Eccolo, allangolo, luomo perfetto per il piano: un asiatico qualunque.
Avvicinandosi al portiere, Valentina sussurrò: “Ehi, devo fare una chiamata, il telefono è scarico.” Mostrò cinque euro. Il portiere le porse il telefono in silenzio. Valentina inviò subito il numero della misteriosa donna ad Alessandro. Sollevata, ringraziò con cautela e rientrò.
Alessandro non riusciva a dormire. Non pensava ai soldi, ma riviveva un incontro della giornata: mentre si dirigeva a un bar, aveva sentito: “Ehi, Ale!” Sullautobus affollato, aveva intravisto lamico Luca. Cinque anni senza vedersi. “Vado alla stazione! Chiamami!” Lamico aveva gridato dei numeri. Senza trovare il telefono, dimenticato in ufficio, li aveva annotati su una banconota, immaginando già con piacere la chiamata nella sua vita da single. Ma nulla era andato come previsto.
Per distrarsi, si concentrò su un pensiero piacevole. La cassiera Valentina, che occupava i suoi pensieri da un mese. Ricordava i suoi capelli mossi, gli occhi azzurri, il sorriso accogliente Era ora di conoscerla meglio. La solitudine cominciava a pesare.
Allimprovviso, ricevette un messaggio. Solo un numero. Di chi poteva essere? Poi capì: era quello di Luca! Domani lavrebbe chiamato. Se il numero era stato recuperato, anche i soldi. Ora doveva ringraziare chi lo aveva aiutato.
“Ciao. Grazie mille. Tieniti i soldi, sono un regalo.”
Una voce maschile, un po straniera, rispose: “REGALO? Io non capire. Sono il portiere.” E riattaccò.
Non importava chi avesse inviato il messaggio. Domani avrebbe condiviso la notizia con Valentina. Ieri sembrava così triste, ma aveva avuto compassione.
Con lidea di avere una scusa per parlarle, Alessandro si addormentò sorridendo.
Valentina pianse gran parte della notte, compatendosi per la sua vita disordinata, sentendosi in colpa per il povero Marco e per lirraggiungibile Alessandro, quel distratto.
La sera dopo, Alessandro, raggiante, arrivò alla cassa. “Valentina, tutto bene. Qualcuno mi ha mandato il numero perso, ho chiamato lamico” iniziò, ma si fermò. “Aspetta come sapevano il mio numero? Ho dato il biglietto solo a te.”
Valentina






