Non te la sei meritata
Pensavo che dopo il divorzio non sarei mai più riuscito a fidarmi di nessuno mormorava Andrea, facendo girare fra le dita una tazza vuota di espresso. La sua voce fragile, quasi spezzata, sembrava tremare, e Chiara, senza volerlo, si spinse in avanti ad ascoltarlo. Quando ti tradiscono, è come se ti strappassero via una parte dellanima. Lei mi ha lasciato ferite che non si rimarginano più. Per molto tempo ero certo che non ne sarei mai uscito che non avrei più sopportato tutto questo.
Andrea sospirava pesantemente, raccontando la sua storia. Sua moglie, che non lo apprezzava. Il dolore sempre presente. La paura di ricominciare, di fidarsi di nuovo. Ogni parola cadeva sul cuore di Chiara come piccole pietre calde: già simmaginava come la donna capace di restituirgli fiducia nellamore, quella che avrebbe guarito le sue ferite, quella che gli avrebbe mostrato che la vera felicità esiste, ma solo lei saprebbe meritarsela.
Di Massimo Andrea parlò al secondo appuntamento, tra la crostata di ricotta e il caffè.
A proposito, ho un figlio. Si chiama Massimo, ha sette anni. Vive con la madre, ma ogni fine settimana sta con me. È stato il tribunale a decidere così.
È bellissimo! esclamò Chiara con uno di quei suoi sorrisi luminosi. I bambini sono una benedizione.
Già vedeva nella fantasia le colazioni del sabato in tre, le passeggiate ai Giardini Margherita, le serate sul divano con i cartoni animati. Un bambino ha bisogno di una presenza femminile, di calore materno. Sarebbe diventata la sua seconda mamma non una sostituta, certo, ma una presenza importante, dolce, indispensabile.
Davvero non ti pesa? Andrea la guardava con unespressione ambigua, una specie di sorriso deformato che Chiara scambiò per insicurezza. Molte donne se la danno a gambe quando scoprono che ho un figlio.
Io non sono molte donne, rispose fiera.
Il primo fine settimana con Massimo si trasformò in una piccola festa onirica. Chiara preparò frittelle ai mirtilli le preferite di Massimo, come laveva avvisata Andrea. Si sedette accanto a lui spiegandogli con pazienza laritmetica, lavò la sua maglietta con i dinosauri, stirò la divisa della scuola, e alle nove precise lo mise a dormire.
Dovresti riposare, sussurrò ad Andrea, vedendolo affondato sul divano con il telecomando. A Massimo penso io.
Andrea annuì fu un cenno grato, pensò lei. Solo dopo avrebbe capito che era il cenno di chi accetta semplicemente ciò che gli spetta.
I mesi si piegavano luno sullaltro, come carte da gioco di un mazzo troppo stanco, e divennero anni. Chiara lavorava come responsabile logistica in una ditta di trasporti di Bologna. Entrava alle otto e tornava alle sette di sera. Lo stipendio era buono per Bologna. Bastava per due. Ma loro erano in tre.
Al cantiere ci sono sempre ritardi, Andrea ne parlava come del diluvio universale. Il committente ha mollato tutto. Presto però arriverà un contratto grosso, vedrai.
Quel contratto appariva sullorizzonte sempre da un anno e mezzo. A volte sembrava vicinissimo, altre lontano, ma mai reale. I conti, invece, arrivavano puntuali: laffitto, la luce, la bolletta dellENEL, la spesa, il bonifico per Simona, la madre di Massimo. Le scarpe nuove di Massimo. Le quote dellassociazione sportiva.
Chiara pagava tutto in silenzio. Risparmiava sul pranzo portandosi pasta fredda da casa, niente taxi nemmeno con la pioggia. Da più di un anno niente estetista, le unghie se le limava lei, pensando a quando ancora poteva concedersi qualche coccola.
In tre anni Andrea le aveva regalato dei fiori solo tre volte. Li ricordava tutti: mazzi di rose economiche della bancarella alla stazione, già stanche e piene di spine spezzate, probabilmente in offerta
La prima volta fu per chiedere scusa, dopo averle urlato contro davanti a Massimo. La seconda per un litigio a causa di una sua amica arrivata allimprovviso. La terza volta, per dimenticanza: non si presentò il giorno del suo compleanno, rimasto a giocare a carte dagli amici.
Andrea, non voglio regali costosi, cercava di non alzare la voce, ogni parola una carezza. Ma ogni tanto vorrei sapere che pensi a me. Anche solo un biglietto
Il suo viso si deformava subito.
Per te contano solo i soldi, eh? Solo i regali? Mai che ti importi dellamore, mai di quello che ho passato io!
Non sto dicendo questo…
Non te la sei meritata, Andrea le lanciò quelle parole come se fossero terra sporca. Dopo tutto quello che faccio per te, pure le lamentele?
Chiara taceva. Tacere era più facile. Facile per vivere, per respirare, per fingere che tutto andasse bene.
Eppure, i soldi per laperitivo con gli amici Andrea li trovava sempre. Bar, Serie A in tv la domenica, caffè al bar il giovedì sera. Tornava su di giri, sudato e impregnato di fumo, crollava in camera senza vedere Chiara ancora sveglia a fissare il soffitto.
Lei si ripeteva che doveva andare così. Lamore è sacrificio. Lamore è pazienza. Lui sarebbe cambiato. Si sarebbe aperto, se solo lei avesse aspettato ancora un po. Aveva sofferto tanto, doveva solo amarlo ancora più forte.
Le conversazioni sul matrimonio erano diventate un sentiero minato.
Siamo felici così, cosa cambia la firma? Andrea scacciava il discorso come una zanzara destate. Dopo quello che mi ha fatto Simona, ho bisogno di tempo.
Sono tre anni, Andrea. Tre.
Pressi sempre! Mi fai solo pressione! Urlava e si chiudeva in camera. E tutto restava sospeso.
Chiara desiderava dei figli. Suoi, di sangue. Aveva ventotto anni, e quel ticchettio incantato del sogno della maternità la teneva sveglia, sempre più forte. Ma Andrea non ne voleva sapere: aveva già un figlio, bastava così.
Quel sabato, gli chiese solo una cosa. Un solo giorno.
Le ragazze mi invitano da loro. È tanto tempo che non ci vediamo. Rientro stasera.
Andrea la guardò come se lei avesse detto che stava salpando per lArgentina.
E Massimo?
È tuo figlio. Passa la giornata con lui.
Così ci abbandoni? Di sabato? Proprio quando volevo riposare?
Chiara sbatté le ciglia, poi di nuovo. In tre anni non aveva mai lasciato soli Andrea e Massimo. Mai preteso un giorno libero. Lei cucinava, puliva, aiutava Massimo coi compiti, lavava, stirava e lavorava a tempo pieno.
Voglio solo vedere le amiche. Poche ore tantè che Massimo è tuo figlio, Andrea. Non puoi restare con lui un giorno senza di me?
Devi amare mio figlio come me! urlò Andrea allimprovviso. Vivi a casa mia, mangi il mio cibo, e ora vuoi pure fare la preziosa?!
Casa sua. Cibo suo. Laffitto lo pagava Chiara. La spesa la comprava Chiara. Da tre anni manteneva un uomo che le urlava perché voleva vedere le amiche.
Guardò Andrea il volto contorto, la vena gonfia sulla tempia, i pugni stretti e lo vide davvero per la prima volta. Non più una vittima pietosa da salvare. Non unanima perduta bisognosa di cure. Ma un uomo adulto che ha imparato a sfruttare la bontà degli altri senza limiti.
Per lui, Chiara non era una compagna, né una promessa sposa. Era una banca senza sportelli e una colf gratuita. E nientaltro.
Quando Andrea uscì per riportare Massimo da Simona, Chiara prese una borsa da viaggio. Mani ferme, decise, niente tremori, niente più paure. Documenti, telefono, carica-batteria, due magliette, un paio di jeans. Il resto si compra. Il resto non conta.
Non lasciò nessun biglietto. A cosa serve spiegare qualcosa a chi non ti vede?
La porta si chiuse alle sue spalle, lieve, quasi senza suono.
Le chiamate arrivarono dopo unora. Prima una, poi unaltra, poi ancora: squilli senza pausa, il cellulare che vibrava come un insetto.
Chiara dove sei?! Che succede?! Torno e non ci sei! Cosè questa storia?! E la cena? Mi vuoi far morire di fame? Che vergogna!
Lei ascoltava la voce di Andrea arrabbiata, esigente, satura di indignazione e restava stupefatta. Anche ora che era andata via, Andrea pensava a sé. Al suo disagio. Chi ora gli avrebbe fatto la cena.
Nessun scusa. Nessun che succede?. Solo chi credi dessere?
Chiara bloccò il suo numero. Poi il suo profilo su WhatsApp. Nei social, ovunque potesse trovarla, eresse muri.
Tre anni. Tre anni con chi non ti ha mai amato. Tre anni con chi aveva preso la tua bontà e la aveva consumata, usata come letame per il proprio orto. Tre anni per convincerla che il dolore fosse amore.
Ma non è così. Lamore non è umiliazione. Lamore non è essere lombra silenziosa di una casa.
Chiara attraversava Piazza Maggiore mentre Bologna si accendeva di lampioni. Ora il suo respiro era leggero, finalmente. E si promise: mai più confondere lamore col sacrificio cieco. Mai più salvare chi si nutre solo della tua compassione.
Scelse se stessa. Per la prima volta, solo se stessa.






