Sono tornata a casa in anticipo: incinta al sesto mese, carica di borse e speranze, ma mio marito preferisce pulire il pavimento invece di venirmi incontro – e tutto il mio sogno di un’accoglienza affettuosa si trasforma in una delusione amarissima

Ritornai a casa prima del previsto

Sei alla fermata? La voce di mio marito, Andrea, squillava come una campanella che si spezza. Proprio adesso? Perché non mi hai avvisato? Avevamo detto giovedì!
Volevo farti una sorpresa, mi accigliai. Andrea, perché non sei contento? Sono stanca morta. Vieni fuori!
Aspetta! gridò improvvisamente lui. Non venire qui. Cioè, vieni, ma ascolta, la casa sembra una pista da bowling. Ieri ho finito tutto il cibo. Facciamo così: tu ora vai al supermercato, quello aperto tutta la notte dietro langolo. Comprami un po di carne, manzo di quello buono.

La borsa pesava così tanto che la spalla quasi crollò. Mi uscì un lamento smorzato, acuto.

Un dolore netto mi trapassò la schiena, una compagnia tanto familiare negli ultimi due mesi che ormai la riconoscevo come una vecchia conoscenza.

Posai con cautela i borsoni sul marciapiede sbrecciato della fermata.

Sospirai, premendo la mano sul ventre arrotondato.

Dentro, il bambino si agitava infastidito. Sesto mese di gravidanza una commedia amara, specie se vuoi sorprendere tuo marito e torni dai genitori tre giorni prima del previsto.

Mi ero fatta mancare così tanto da lui che negli ultimi cento chilometri dautobus avevo contato ogni palo della luce.

Chissà cosa fa ora Andrea? Sicuramente non immagina neppure che io sia già qui, a dieci minuti da casa.

Il sentiero fino al portone sembrava infinito.

Le borse erano stracolme di ogni ben di Dio paterno: vasetti di marmellata, prosciutto fatto in casa, mele pesantissime. Erano macigni.

Percorsi cinquanta metri. Era chiaro: non ce la faccio. La schiena grida.

Presi il telefono e chiamai mio marito.

Andrea, ciao, sussurrai appena rispose.

Chiara? Tutto bene? Cosè successo? Si era spaventato.

Niente, sciocco. Sono arrivata!

Sono già alla fermata sotto casa. Vieni giù per favore.

Le borse sono una tortura, mamma ha riempito tutto…

Altra pausa strana. Guardai il telefono per vedere se si fosse staccata la chiamata.

Sei alla fermata? il tono di Andrea si alzò di nuovo, incredulo. Ma adesso? Perché non hai detto nulla? Dovevi arrivare giovedì!

Volevo farti una sorpresa, ripetei, corrucciata. Andrea, cosa cè che non va? Sono esausta. Esci!

Aspetta! si mise a urlare. Non venire qui. Voglio dire sì, ma ascolta: la casa è vuota come una palla da biliardo. Ho finito tutte le scorte ieri sera.

Dai, ascolta: vai un attimo al supermercato, quello sempre aperto dietro langolo. Prendimi un bel po di manzo.

Oggi non sono andato a lavoro, ho preso permesso. Pensavo di preparare un pranzo speciale e accoglierti come si deve.

Ma che carne, Andrea? rimasi basita. Ma mi senti? Sono incinta, al sesto mese, con due borsoni enormi, sola in strada!

Non ce la faccio più, la schiena urla! E tu pensi alla carne? In cucina cè ancora patate, uova

Vieni fuori, voglio solo mangiare e sdraiarmi.

No, Chiara, non hai capito, iniziò a parlare in fretta. Voglio che sia tutto perfetto. Tanto la bottega è dietro langolo. Prendi carne, e poi anche delle patate fresche, le nostre ormai sono tutte rinsecchite.

Chiedi aiuto a qualcuno, oppure fai poco alla volta…

Ti prego! È per noi. Intanto sistemo tutto qui.

Guardavo i miei palmi rossi, segnati dai manici delle borse. Una rabbia amara saliva nel petto.

Andrea, sei serio? la voce mi tremava. Chiedi davvero a tua moglie incinta di andare a comprare della carne, ora, perché vuoi cucinarla tu?

Non puoi venire tu stesso?

Ho già iniziato diciamo a preparare! Se ora esco rovino tutto.

Chiara, dai, fallo per me. Ti aspettavo così tanto.

Compra ottocento grammi di manzo. E un sacchetto piccolo di patate.

Forza, ti aspetto!

Riattaccò. Rimasi immobile, fissando lo schermo scuro.

I pensieri si accartocciavano, senza senso. Avrei voluto piangere su quella panchina sotto la luce gelida del lampione.

Altro che abbracci e letto caldo: mi aspettava il banco macelleria.

Forse trama davvero qualcosa dincredibile? Passò un lampo nella testa.

Sospirai, sollevai le borse e, zoppicando, presi la direzione del supermercato.

***

Spingevo il carrello tra gli scaffali, sentivo addosso lo sguardo stanco della cassiera mezza addormentata.

Il manzo era pesante, e il sacchetto di patate sembrava un masso.

Appena fuori, non sentivo più le mani. Le dita divenute artigli rigidi.

Il telefono squillò di nuovo.

Hai preso tutto? Andrea era tutto allegro.

Preso, ringhiai tra i denti. Sono già sotto. Apri.

Aspetta! Andrea quasi gridò. Non salire! Aspetta in cortile. Dieci minuti, giuro.

Stai scherzando? urlai, senza badare ai pochi passanti. Andrea, qua mi metto a partorire dalla rabbia! Dieci minuti di che? Ho le caviglie gonfie, non sto in piedi!

Il regalo non è pronto! insisteva cocciuto. Se sali ora, rovini tutto. Siediti, prendi aria.

Cinque minuti, Chiara, lo giuro! Devo andare, non faccio in tempo!

Mi accasciai su una panchina di legno. Le buste caddero rumorosamente.

Avrei voluto lanciare la carne alla finestra del terzo piano.

I minuti scorrevano. Dieci, venti. Stavo lì, abbracciando la pancia, ribollendo dentro.

Immaginavo: e se entro, e trovo cosa? Un mare di fiori? Cena a lume di candela? Un violinista nellangolo?

Nulla di tutto questo avrebbe reso giusto lasciarmi fuori a congelare dopo una notte senza dormire.

Alla trentacinquesima, il portone cigolò.

Uscì Andrea. Era scomposto, la maglia al rovescio, la fronte sudata, i capelli spettinati alla maniera di uno scienziato pazzo.

Eccoti! sorrideva forzato afferrando le borse. Dai, che faccia sei? Guarda che giornata va be, andiamo!

Perché sei tutto sudato? strizzai gli occhi, rialzandomi piano, aiutandomi con il corrimano. E perché profumi di candeggina da un chilometro?

Lo vedrai! balzellava verso lascensore, pieno dimpazienza.

Saliamo. Andrea spalanca la porta, attende lapplauso.

Entro nellingresso: un odore pungente, un miscuglio di cloro e di deodorante brezza marina.

Faccio il giro: in salotto, poi in cucina, di sfuggita nel bagno.

Tutto ordinato. Anzi: stranamente vuoto.

Le cose abbandonate sulle sedie sparite. Il tappeto passato con laspirapolvere (si vedono le tracce), la polvere tolta.

Le mie statuine tutte in un angolo, come in castigo.

Allora? Andrea brillava come una moneta nuova. Che ne dici? Sorpresa!

Mi voltai verso di lui.

Tutto qui? sussurrai.

Cosa vuol dire tutto qui? quasi cadeva dalla sedia per lo sdegno. Chiara, ma vedi che roba! Ho lavorato tre ore!

Ho lavato anche sotto il divano!

Ho lavato tutti piatti, il water brilla!

Volevo che tornassi a casa nel pulito, senza dover pensare a niente.

Ho corso come un matto mentre tu andavi a fare la spesa.

Sentii il groppo che saliva in gola.

Quindi balbettai, cercando di non piangere. Per lavare i pavimenti mi hai lasciata fuori, con le borse, invece di venirmi incontro?

Non sei venuto perché dovevi passare lo straccio?

Ma sì! Andrea sbracciava. Era per te! Dici sempre che non faccio nulla. Volevo dimostrare il contrario.

Sei arrivata troppo presto! Ho dovuto farti aspettare

E invece di un grazie mi guardi come se avessi sputato nel piatto!

Andrea, ma sei scemo? urlai, quasi ridendo isterica. Ma chi se ne frega dei pavimenti!

Sono spaccata dalla fatica, le borse erano sassi! Sono incinta! Ti dice niente?

Volevo solo che tu mi prendessi per mano, non che passassi il mocio.

Andrea diventò rosso. Lanciò la spugna nel lavandino.

Eh figurati! urlò. A te non va mai bene niente! Da stamattina allalba che mi ammazzo in casa, preparo una sorpresa

E tu? Urlare! Ma hai visto che pulizia? Nemmeno il giorno del matrimonio!

Ma che me ne faccio della pulizia così? ansimavo. Hai fatto passare mezzora fuori, infreddolita!

Mi hai mandato a comprare carne e patate, potevi uscire tu! Questo non è un regalo, è una presa in giro!

Una presa in giro? Andrea cominciò a camminare nervoso in cucina. Scusa se non sono perfetto!

Una qualsiasi altra sarebbe stata felice: il marito fa ordine e cucina. Ma tu!

Parli sempre e solo di te! La pancia, la schiena

Anche io sono stanco, sai! Ho vegliato tutta notte pensando al modo migliore per farti piacere!

Mi coprii il volto con le mani.

Non capisci niente singhiozzai. Hai scambiato il mio star male con uno zoccolo pulito.

E cosa centra! rise amaramente, colpendo il tavolo. Sei tornata prima! Hai rovinato tutto tu!

Se fossi arrivata giovedì, ce lavrei fatta; avresti trovato tutto perfetto.

Ma tu no! DOVEVI arrivare di notte! E adesso mi fai sentire colpevole!

Sei ingrata, Chiara. Ingrata.

Uscì sbattendo la porta della camera.

Il bimbo scalciava dentro. Mi sedetti, fissando la carne che Andrea aveva lasciato fuori dal frigorifero.

Stavo male, nausea che tornava a fiotti.

Dopo dieci minuti, la cucina si riaprì appena.

Preparo la carne? borbottò. O non vuoi mangiare, così mi fai dispetto?

Non serve cucinare, Andrea, dissi piano senza guardarlo. Lasciami stare. Voglio dormire.

Come vuoi! e sbatté di nuovo la porta.

Mi alzai e strascicai i piedi verso il bagno.

Davanti allo specchio un volto pallido, occhiaie scure, capelli scompigliati.

Ripensai al viaggio in pullman, a quando fantasticavo che Andrea mi avrebbe abbracciata e detto: Finalmente sei a casa.

E invece. Abbracciata

Appena rientrai in cucina, il litigio ricominciò.

Andrea di nuovo urlò, poi mi tirò addosso il pezzo di carne.

Uscii come stavo non aveva neanche fatto in tempo a cambiarmi.

Ritornai dai miei.

***
Tutta la famiglia tentò di convincermi a non lasciare Andrea: suoceri, cognati, perfino i parenti lontani.

Anche lui, Andrea, continuava a chiamare, a implorare che tornassi.

Ma avevo deciso: un marito così non mi serve, il divorzio sarebbe arrivato.

A che mi serve un uomo che mette il pavimento pulito sopra la salute di nostro figlio?

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