Oh, Lidia, se non sai dove buttare i soldi, meglio darli a tuo fratello! Da impazzire, 12000euro per il cibo! sbuffò la madre.
Lidia posò il bicchiere sul tavolo, le labbra serrate. I parenti la opprimevano così che non le veniva più voglia di nulla: né festeggiare il compleanno, né chiacchierare con loro.
Marta, basta far soffocare la figlia con le lamentele intervenne il padre. Oggi è una festa, no?
Sì, una festa, sbuffò la madre. E poi i miei nipotini torneranno a condividere il bagno di scarafaggi del palazzo con i vicini ubriaconi, mentre io pregherò perché non succeda nulla di brutto. Se tu, Lidia, dessi quei 12000euro a tuo fratello, potrebbe affittare un appartamento, non una stanza! I tuoi gatti potrebbero bastare il semplice cibo, il tè non è un lusso.
Mamma, scoppiò Lidia, questi gatti li ho preso io perché li volevo. Sono responsabile di loro. E Alessandro è un uomo di trentacinque anni, dovrebbe prendersi cura di sé e della sua famiglia, che ha avviato consapevolmente.
Uomo sorrise scontento, si slacciò sul divano e si girò di lato.
E anche la tua famiglia! alzò la voce la madre. Tuo fratello, i tuoi nipoti! E i gatti per strada? Prendine quanti ne vuoi, ce ne sono a volontà. Abbiamo sempre nutrito i nostri con pappe e scatolette e finora è andata bene. Tu però li tratti come bambini! Se non vuoi più figli, bene, rimani sola nella vecchiaia, ma non puoi coccolare i tuoi gatti mentre i nipotini ricevono dolci solo a festa!
La pazienza di Lidia crollò. Anni di offese, trascuratezza, svalutazione dei suoi sentimenti tutto fuoriuscì in lacrime sul viso.
I gatti sono meglio della famiglia, scoppiò. Mi amano senza chiedere nulla. E non mi rimprovereranno mai perché voglio vivere la mia vita.
Non poteva più sopportare. Si girò, corse in camera da letto e sbattè la porta con tutta la forza.
Vedremo quanto ti ameranno se smetti di comprare loro i giochi! le rispose la madre. Il mondo è capovolto. Alcuni gatti valgono più dei genitori
Marta continuava a lamentarsi, ma Lidia cercò di non sentire. Cadde sul letto, affondò la testa nel cuscino, cercando di mutare il frastuono.
Il fratello, come un cannone pesante, lanciò una frase contro di lei e si nascose dietro la gonna. Così è sempre stato.
I ricordi dinfanzia di Lidia erano sfocati, come se qualcuno avesse spazzato via i momenti dolorosi. Ricordava però il suo quinto compleanno: la mamma aveva preparato una torta alle fragole perché Alessandro la voleva così, e a lei non importava volere quella al cioccolato con le candeline.
Al mio uomo più caro, il pezzo più grande! disse Marta con un sorriso, poi guardò Lidia senza più lo stesso entusiasmo. A te prenditi il pezzo più piccolo. Le ragazze devono salvare la figura fin da piccole.
Niente di che, ma a Alessandro capitavano sempre le cose migliori: giocattoli, viaggi, regali, soprattutto attenzioni. La madre lo guardava con adorazione, speranza, ammirazione. Lidia, invece, sembrava solo una comparsa al fianco del fratello.
Il padre, in quei momenti, sospirava, poteva intervenire ma di solito non lo faceva. Vincenzo era un tradizionalista: credeva che la donna dovesse occuparsi dei figli e luomo di lavorare.
Quando Lidia crebbe, passava quasi tutta lestate con la mamma in campagna. Alessandro, invece, si divertiva con gli amici. Se la mamma gli chiedeva aiuto, cosa rara, rispondeva con un mal di testa. Lidia non poteva tirare così: Sei una bambina, devi aiutare in casa mentre Alessandro fa le cose da uomo.
Talvolta il padre tentava di intervenire, ma era troppo tardi.
Lidia, vuoi crescere un invalido domestico? sussurrò a mezza voce, quando era solo con la moglie. Basta assecondarlo! Un vero uomo deve saper lavare le calze, rifare il letto e cucinare, anche se solo per sé.
Ah sì? Non vedo che lo faccia mai, replicò la madre. Lasciamo che il ragazzo viva tranquillo finché è con noi. Si occuperà di tutto più tardi.
E allora? Non imparerà nulla con un colpo di ciglia!
Lo farà sua moglie.
Se lei non vuole trattare un uomo adulto come un bambino?
Allora non lo vogliamo. Cercheremo qualcuno di normale.
Il normale arrivò in un lampo. Lidia non aveva ancora sedici anni quando Alessandro portò a casa una ragazza dagli occhi grandi e ingenui. Prima passava le serate, poi le notti, e alla fine rimase per sempre.
Lidia lo scoprì quando la madre volle parlare con lei.
Figlia, non prendertela, ma i giovani hanno bisogno di spazio. Tu starai nella stanza di Alessandro, e lui con Alina verrà da te.
Lidia non accettò. La sua stanza, il suo rifugio, i suoi libri, i suoi poster Le portavano via tutto. La stanza di Alessandro era ampia ma senza privacy.
Mamma, ma è la mia stanza. Ci sono abituata
Tecnicamente è nostra, di papà e di me, nellappartamento che condividiamo. Tu la usi solo temporaneamente. E non fare drammi: cè letto, tavolo, che altro vuoi?
Lidia rimase senza parole per qualche secondo. Quelle parole le dichiaravano, in tutta chiarezza, che lì non aveva nulla di suo. Anche il tempo per stare da sola sarebbe presto finito.
Non toccare il bambino, intervenne il padre. I giovani vivono come vogliono o se ne vanno se non sono felici. Così risparmieranno per un appartamento.
Vuoi che tuo figlio esca di casa e dorma in strada?! scoppiò la madre. E se gli succedesse qualcosa? Non lo perdonerò!
La madre dipingeva scenari apocalittici, il padre si sottometteva rapidamente. Quel giorno Lidia spostò i suoi effetti in unaltra stanza.
Come immaginava, non cera più vita privata. Il fratello prendeva in giro i suoi poster, la mamma curiosava nei messaggi sul laptop, la futura nuora rubava il suo trucco senza chiedere. I conflitti erano allordine del giorno e la colpa ricadeva sempre su Lidia. Si sentiva un peso nella propria famiglia.
Alla fine fuggì da casa della mamma e andò a vivere con la nonna, una donna cieca da un occhio, che si muoveva a fatica. Meglio prendersi cura di una nonna gentile che diventare un mobile senza parole in una casa dove non si aveva spazio.
La nonna aveva lavorato come veterinaria fino alla pensione. Amava gli animali, portava sempre qualche scarto di cibo fuori, ma non lasciava entrare nessuno.
Non voglio che si attacchino a me, diceva. E nemmeno io voglio attaccarmi. Non ho più la forza per le passeggiate. A volte non riesco a comprare le medicine, e gli animali sono una responsabilità. Se li prendi, devi nutrirli, curarli, dar loro attenzione; se non puoi, meglio non prenderli.
Vissero insieme per quasi dieci anni, quasi come sorelle. Lidia studiava e lavorava, e capì che anche lei voleva diventare veterinaria.
Quando la nonna morì, lappartamento passò a Lidia. Sembrava di dover vivere felice, ma il vuoto la divorava. Aveva amici, ma ognuno aveva i propri impegni e famiglie. Desiderava qualcuno al suo fianco, un abbraccio quando ne avesse avuto bisogno. Lidea di famiglia le ricordava solo problemi. Gli animali erano unaltra storia. Così nella sua casa cerano due gatti: Sergio e Rosso. Sergio era stato salvato da un eutero perché da cucciolo non riusciva a stare in piedi. Lidia lo accudì. Un anno dopo prese Rosso, perché Sergio si annoiava da solo.
Purtroppo la salute dei felini non era ottimale. Uno aveva problemi renali, laltro allo stomaco. Bisognava comprare cibo veterinario, costoso. Lidia si fece carico. Inoltre, i gatti le davano così tanto affetto che il prezzo sembrava un nulla.
Ma Alessandro non la pensava così.
Un giorno portò a casa un topo. I bambini volevano un animale. Il criceto non piaceva, il topo pareva lopzione più economica. Nessuno pensò alla cura, il topo si ammalò. Mentre Lidia spiegava che la gabbia doveva essere tre volte più grande, arrivò il corriere con il cibo per i gatti.
Sono 1.270euro, annunciò, scaricando i sacchi.
Alessandro alzò le sopracciglia e, appena il corriere fu chiuso la porta, commentò:
1.270? È un terzo del mio stipendio! Hanno messo loro dentro?
Alessandro non era mai riuscito a mettere da parte per un appartamento. Dopo il primo figlio dovette trasferirsi con la famiglia in una stanza di un condominio popolare, dove poi nacque anche il secondo figlio.
Sono cibi per veterinari, rispose Lidia con calma. E con sconto.
Alessandro scosse la testa, ma lasciò perdere. Poi la madre gli regalò, proprio il giorno di compleanno di Lidia, una confezione di cibo.
Lidia rimase sola, in silenzio. I parenti erano andati via e, a dire il vero, le piaceva un po. Non aveva alcun desiderio di trascorrere quel giorno con loro, ma andare contro tradizione è difficile.
Sergio, il suo primo gatto, sembrò percepire il suo umore, si avvicinò, gli sfiorò la guancia con il naso umido e iniziò a fare le fusa. Rosso arrivò subito dopo, le leccò le dita chiuse a pugno. Il loro ronfare sciolse la tensione. Non sapevano parlare, ma Lidia trovò in loro il sostegno incondizionato che la famiglia non le dava.
Squillò il telefono. Era il padre.
Lidia, scusa per tutto disse stanco. Sai, forse non capisco nemmeno io tutta questa storia di gatti. Non è il mio genere. Ma ficcare il naso nella tua tasca non è giusto. Loro non hanno ragione.
Le parole furono come un cerotto su una vescica. Non la giudicava, non scusava la madre, ma forse, se avesse partecipato di più alla vita familiare, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto. Eppure, era grata lo stesso.
Più tardi, suonò il cellulare di Ksenia, la sua migliore amica.
Buon compleanno, un altro anno da mettere al salvadanaio! Come lhai festeggiato?
Il silenzio mortale rispose grazie, tutto bene. Ksenia conosceva Lidia alla perfezione, capì subito.
Non ti arrendere, tieni duro. Arrivo fra unora, disse, riattaccando.
Unora dopo, lappartamento di Lidia era un caos. Sergio e Rosso si rifugiarono sotto il letto. Ksenia, suo marito Antonio e altre due amiche irromperono con urla di Buon compleanno!, pizza, bottiglie di vino e, la parte più bella, un enorme albero di tiragraffi a più livelli.
Per i tuoi pelosi, così non si annoiano, esclamò Ksenia.
Le chiacchiere familiari sembravano solo bozze. Ora cera rumore, risate, abbracci, brindisi sciocchi Quei momenti salvarono il suo compleanno. La accettarono così comera, a differenza della famiglia di sangue.
Gli ospiti uscirono ben oltre la mezzanotte; Ksenia rimase a pulire.
Allora, ti senti meglio? chiese sottovoce.
Lidia sorrise.
Sì, grazie. Siete le migliori.
Sergio dormiva sul tappeto sotto il tavolo, Rosso sul seggiolino. Accanto al nuovo tiragraffi, lamica che domattina doveva andare al lavoro gli dava una mano a lavare i piatti.
In quel momento Lidia capì che la famiglia è importante, ma solo se è buona. La sua famiglia di sangue non era stata così. E va bene così, perché si può sempre costruire una famiglia di chi ti fa le coccole quando piangi, di chi irrompe nella tua casa a mezzanotte sapendo che stai giù, e di chi ti vuole bene senza sensi di colpa né debiti. Quella è una famiglia più forte di qualsiasi legame di sangue.






