**10 marzo 2024**
Ho deciso di scrivere questa storia perché forse qualcuno si riconoscerà. O magari qualcuno avrà un consiglio da darmi. Non cerco pietà—sono solo stanco. Stanco di vivere in una trappola da cui non riesco a uscire.
Ho 53 anni. Lavoro ancora, e la pensione è lontana. Mia madre ne ha 80. Vive con me. Non è allettata né completamente dipendente, no. È autonoma—si lava, cucina, fa la spesa da sola, ogni tanto va persino al parco. Ma come dire… vive della mia energia. Come se fosse attaccata alla mia batteria.
La sera torno dal lavoro—distrutto, senza forze. Mi siedo accanto a lei, bevo un caffè, ascolto come è andata la sua giornata. E poi sogno solo di chiudermi in camera, accendere la TV e crollare nel sonno.
Ma niente. Lei aspetta che parliamo. Non una chiacchierata, però. Una lezione. Come se avessi ancora quindici anni.
“Se solo mi avessi ascoltato e avessi sposato Marcello invece di quel tuo…” ripete senza sosta.
“Saresti felice ora, con figli e una carriera, invece che sola e senza nessuno. A parte me.”
“Rallegrati, almeno hai tua madre. Apprezza. Occupati di me.”
Sì, non ho figli. Mio marito… se n’è andato. O meglio, credo sia scappato. Ci siamo sposati, abbiamo iniziato a vivere insieme. Un mese dopo che mia madre si è trasferita da noi, ha chiesto il divorzio. Posso capirlo. Perché, secondo lei, affittare un appartamento quando hai un trilocale di proprietà è una follia.
E così, ora vivo in quelle tre stanze—con mia madre. Ognuna ha la sua camera, ma cucina e salotto sono in comune. E soprattutto, la tensione è condivisa.
Ogni mio passo è sotto esame. Ogni singolo.
“Perché torni così tardi?”
“A cosa serve questa spesa inutile? Non ci serve.”
“Perché non hai lavato i miei vestiti? Perché non hai cambiato le lenzuola?”
“Hai dimenticato di dare da mangiare al gatto.”
E mai, mai una volta sento: “grazie”, “bravo”, “che bello che sei”, “riposati”. Solo rimproveri. Dal mattino alla sera. Giorno dopo giorno.
Non posso andarmene. Lo stipendio è una miseria. Non mi permetterei un’altra casa. Anche se trovassi un buco—la coscienza non me lo permetterebbe. E se le succedesse qualcosa mentre non ci sono?
Ma, a dirla tutta, a volte credo di impazzire. Lo so, suona terribile. Lo so, è mia madre. Le sono grato per la vita. Ma certe volte vorrei svanire. Solo per qualche giorno. Senza che nessuno mi critichi, mi controlli, mi tormenti.
Sono esausto. Solo, pur non vivendo da solo. In una gabbia da cui non posso scappare, né con il corpo né con l’anima.
Dov’è il confine tra dovere e sacrificio?
Ho il diritto di provare ciò che provo?
Non lo so. Ma so che così non si può andare avanti.
**Lezione del giorno:** A volte, l’amore più pesante è quello che sembra non lasciarti respirare.