A Casa Senza Fare Niente

**Scene from a Dramatic Italian Movie:**

“*Sei sempre a casa, non fai niente!*”

*Mamma, andiamo a giocare con le macchinine, me l’hai promesso…* — implorò ancora una volta il piccolo Matteo, di cinque anni, affacciandosi in cucina con occhi pieni di speranza.

Alessandra lo guardò, poi i suoi occhi scivolarono sulla pila di piatti sporchi e il pollo crudo che attendeva sul tagliere. Respirò profondamente prima di rivolgersi nuovamente al figlio. Lui la fissava, attendendo una risposta che non sembrava arrivare mai.

*Matteo, aspetta ancora un po’, mamma arriva subito, va bene?* — sussurrò, quasi senza convinzione, come se quel *”subito”* fosse una promessa vuota.

*Lo dici sempre e poi non vieni mai! Non voglio giocare da solo!* — gridò il bambino, scappando in camera sua con le lacrime agli occhi.

Le urla svegliarono la piccola Sofia, che cominciò a piangere forte. Alessandra si sedette, afferrandosi la testa tra le mani, come per proteggersi da quel caos. Chiuse gli occhi per un attimo.

*Alessandra aveva sempre desiderato dei figli, li amava più di ogni cosa. Ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per essere sola, lontana dalle pulizie, dai pannolini, dai logopedisti, dalle passeggiate, dai bagnetti, dalle favole della buonanotte…*

*Tante donne vivono così, ma almeno hanno nonni che aiutano, mariti presenti. Lei no. I suoi genitori erano lontani, la suocera lavorava ed era troppo occupata per i nipoti. E suo marito, Enrico, tornava dal lavoro quando i bambini erano già a letto. Mangiava, si sedeva davanti alla TV o al computer, e di lei non sembrava più importargli nulla. Ultimamente, tra loro c’era solo tensione, un muro invisibile che li separava.*

*Mammaaa…* — si sentì il pianto sommesso di Sofia.

*Arrivo, piccola!* — rispose Alessandra, correndosi in camera.

Dopo aver sistemato i bambini, fece una rapida pulizia. A pranzo, Matteo aveva lezione con il logopedista, mentre lei e Sofia andarono al parco. Tornarono a casa verso sera. Alessandra li lavò, li nutrì, poi bevve solo un caffè in piedi. Gettò un’occhio al pollo e decise: *”Non ho tempo.”* Preparò invece dei tortellini per Enrico.

Lui arrivò verso le nove, come al solito di cattivo umore.

*Sono qui! Nessuno mi viene a salutare?* — urlò dall’ingresso.

*Enri, non gridare, Sofia dorme già…* — cercò di essere dolce, per non scatenarlo.

*Che accoglienza! Torno a casa e devo pure fare silenzio?* — borbottò, andando in bagno.

Alessandra apparecchiò: tortellini, prezzemolo fresco, panna acida. Scaldò l’acqua per il tè, tagliò il pane.

*Hai preso i tortellini in offerta e ora devo mangiarli finché non finiscono?!* — disse Enrico con sarcasmo.

*Enri, domani friggo il pollo, come promesso…* — rispose lei, con voce colpevole.

*Basta! Li abbiamo mangiati lunedì e oggi di nuovo!* — sbuffò lui, infilzando una forchettata.

Non le chiese neanche se avesse cenato. Ormai sembrava non notarla più.

*Enri, smetti un attimo col telefono. Raccontami com’è andata oggi.*

*Sempre la solita storia. Sono esausto, e tu vuoi parlarne pure a casa?* — tagliò corto, tornando allo schermo.

*Abbi buon appetito, vado a controllare i bambini.*

*Vai.*

Dopo averli messi a letto, Alessandra tornò in cucina.

*Vado a dormire.* — disse lui, uscendo senza alzare gli occhi.

*Buonanotte…* — mormorò lei nel vuoto.

*C’erano stati tempi in cui lui la baciava prima di dormire, le augurava sogni dolci. Parlavano a lungo, bevendo tè aromatico. Poi guardavano un film insieme, stretti sul letto.*

*Quei momenti sembravano un ricordo lontano. Ultimamente, Enrico era immerso nel lavoro, in un mondo a cui lei non apparteneva più. E lei, dopo la nascita di Sofia, era troppo stanca per combattere.*

*Alessandra guardò l’orologio: le 22.30! Doveva lavare i piatti, prepararsi e dormire.*

Quando entrò in camera, Enrico russava. Il suo telefono suonò: un messaggio.

*”Chi scrive a quest’ora?”* pensò, ma non ci fece alcun caso.

Il mattino dopo, la sveglia suonò alle 5.30.

*”Ma ho dormito?”* si chiese, alzandosi di scatto.

Si lavò il viso, bevve un caffè e preparò la colazione: fiocchi d’avena e pane tostato. Alle sei, Enrico entrò in cucina.

*Ancora questa robaccia?!* — esclamò, guardando la tavola.

*Buongiorno, Enri.*

*Mia madre mi faceva i pancakes! Tu non hai mai tempo!*

*Il weekend cucino, ma durante la settimana… E poi, l’avena fa bene!*

*Certo! Io devo ingozzarmi di questa schifezza! Non puoi farmi almeno un uovo?!*

*Non gridare, svegli i bambini! E poi… ho dimenticato di comprare le uova.*

*Che moglie sei?! Dimentichi, non hai tempo, non riesci! Stai a casa, non lavori! Ogni donna fa queste cose, e tu ti lamenti sempre! Mia madre ha ragione…*

Non finì la frase: Sofia cominciò a piangere.

*Tua madre ti mette contro di me!* — scattò Alessandra.

*Lascia stare mia madre! Occupati dei bambini!* — urlò lui, sbattendo la porta.

Se ne andò senza salutare.

*Alessandra si pentì subito di aver litigato. I loro rapporti erano già tesi, e ogni battaglia li logorava ancora di più.*

La giornata proseguì come sempre: colazione, pulizie, pranzo. Nel pomeriggio, uscirono a fare una passeggiata.

*Mamma, andiamo a quel parco con le altalene!* — propose Matteo.

*Andiamo.*

*Ale! Ciao! Quanto tempo!* — una voce allegra la chiamò da dietro.

*Laura! Che piacere!* — sorrise Alessandra, accarezzando i capelli del figlio dell’amica.

*Sei dimagrita… Stai bene?*

*Sì, solo un po’ stanca…*

*Il tuo Enrico non ti aiuta? Io obbligo Marco a fare la sua parte!*

*Enri lavora fino a tardi…*

*E il mio no? Ma un padre deve prendersi cura dei suoi figli!*

Laura la invitò al centro commerciale, insistendo per pagare tutto.

*Ale, sei così nervosa… Va tutto bene?* — le chiese, mentre i bambini giocavano.

*Sì, solo stanchezza.*

*Dai, digli di aiutarti! Non puoi fare tutto da sola!*

Laura si bloccò.

*Ale… Quello è Enrico?*

Alessandra si voltò. E lo vide: Enrico baciava una donna, ridendo. Uscirono da un negozio, mano nella mano.

*No… Guardalo, il bastardo! Ale, perché stai ferma?!*

Alessandra scoppiò in lacrime.

**Fine della Scena.**

Qualche giorno dopo, chiese il divorzio. I bambini rimasero con lei. Tornò nella sua città natale, vicino ai genitori. Trovò un lavoro, prese un mutuo.

*Non puE qualche anno dopo, mentre i bambini ridevano nel giardino di una piccola casa che finalmente sentivano loro, Alessandra sorrise per la prima volta senza quel peso sul cuore.

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