A PIEDI VERSO LE STELLE

A PIEDI VERSO LE STELLE

– Chiarini, colazione. – L’infermiera spinse un carrello nella stanza. Alessia socchiuse gli occhi e, controvoglia, girò la testa verso la porta.
– No, grazie. – Rispose lei.

– Su, su, signorina, deve riprendere le forze. – Poco dopo entrò il dottor Ferri.
Alessia non disse nulla. L’infermiera posò in fretta un piatto di porridge e un bicchiere di tè sul comodino, sussurrando:
– Mangia, dai, il dottor Ferri ha ragione. – E velocemente uscì dalla stanza.
– Come ti senti? Arriva la primavera? – Sorrise il dottore.
– Non proprio. – Rispose Alessia con malinconia, volgendo di nuovo lo sguardo alla finestra.

– Bene. – Ignorando il tono di Alessia, continuò il dottor Ferri. – L’operazione è prevista per domani. – Annunciò seriamente.
– Ci saranno maggiori possibilità? – Chiese Alessia, voltandosi verso di lui.
– Indubbiamente. Anche se per ora non possiamo parlare di un pieno recupero. – Ammise il dottor Ferri.
– Potrò camminare? – Alessia si irrigidì.
– Non voglio illuderti… – Dopo una breve pausa, rispose Ferri. – Ma bisogna tentare.
– Capito… – Alessia tornò a guardare fuori. Non sentì neanche quando il dottor Ferri se ne andò. Come non sentiva gli uccelli cinguettare con il tipico entusiasmo primaverile.

L’incidente era stato terribile. Alla guida c’era la sua amica, Giulia. Cercando di evitare un’auto venuta incontro, Giulia aveva bruscamente sterzato, facendo perdere il controllo del veicolo sulla strada bagnata. L’impatto fu inevitabile. Il colpo principale colpì il lato passeggero. Alessia riprese conoscenza solo in ospedale. Vennero poi a sapere che Giulia se l’era cavata con meno danni, un braccio rotto, una commozione cerebrale. Ad Alessia erano state fratturate diverse costole, una gamba era rotta in modo grave, ma soprattutto soffriva un danno alla spina dorsale. Le previsioni non erano rassicuranti; le possibilità che Alessia potesse tornare a camminare erano minime. Forse altri sarebbero stati già contenti di essere sopravvissuti, ma per Alessia tutto il suo mondo sembrava crollato in un istante. Il ballo era la sua vita: lavoro, aspirazione, gioia. Muoversi era per lei come per altri respirare. E adesso?

Un altro duro colpo fu la reazione di Marco. Stavano insieme da due anni, e di recente lui le aveva chiesto di sposarlo. Due settimane fa, mentre Marco sedeva vicino ad Alessia in ospedale, lei capì senza parole che il matrimonio non sarebbe avvenuto. Quando Alessia gli aveva raccontato le previsioni dei medici, lui aveva fissato il pavimento per un lungo momento, poi disse, con una certa insicurezza:
– Devi comunque pensare positivo. Tutto andrà bene.

Nei tre giorni seguenti lui non si era fatto vedere. Poi un breve messaggio da lui: «Mi dispiace. Non ce la faccio». Dentro Alessia si spezzò l’ultimo filo di speranza. Non piangeva più, guardava il soffitto bianco con occhi vuoti e immaginava che proprio quel soffitto potesse crollare da un momento all’altro e porre fine a tutto.

La madre, accarezzando la mano di Alessia, cercava di confortarla, provava a sorridere, ripeteva che nulla era perduto, che dovevano lottare e lo avrebbero fatto insieme. Ma Alessia vedeva che gli occhi della madre erano rossi dalle lacrime che versava fuori dalla stanza. Il dottor Ferri, il suo medico curante, ripeteva anche lui che doveva combattere.
– Perché? – Chiese un giorno Alessia.
– Per essere felice. – Rispose semplicemente Ferri.

– Non sarò mai più felice. – Replicò Alessia. Il dottor Ferri la osservò attentamente:
– Lo sarai sicuramente. Ma dipende più da te che dagli altri. Non ho moltissima esperienza, ma sai, ho visto persone che superavano l’incredibile, lasciavano in ospedale anche malattie incurabili, perché volevano vivere, volevano essere felici.
Alessia non rispose. Non desiderava vivere. Non così. E che tipo di felicità poteva esserci? – avrebbe chiesto al dottore, ma decise di non prolungare la conversazione. In fondo, forse è proprio questo che fanno i medici: incoraggiare i pazienti.

– Non dormi? – Il dottor Ferri aprì leggermente la porta, lasciando entrare una striscia di luce nella stanza buia.
– No. – Rispose Alessia, senza notare che il dottore ora le dava del tu.
– Sei preoccupata? – Chiese lui, sedendosi su una sedia accanto alla finestra.
– No. – Alessia alzò le spalle.
– Puoi immaginare che l’incidente non sia mai avvenuto. E che siano passati dieci anni. Come sarebbe stata la tua vita? – Domandò Ferri, fissando il paesaggio fuori dalla finestra piuttosto che Alessia.
– Non so. Forse sarei ancora sul palco. O magari porterei mia figlia a lezione di ballo. – Alessia sorrise lievemente, ma poi ricordò che il matrimonio non era andato a buon fine. – Sa, lui mi ha lasciata. Appena saputo, se n’è andato.
– Chi? – Ferri aveva già capito la risposta. – Pensi che ti amasse?
– Non lo so. – Alessia alzò di nuovo le spalle. – Forse solo nei film romantici qualcuno ama tanto da attraversare il fuoco e l’acqua, mentre nella vita reale promettono di portarti una stella dal cielo, ma in pratica… – Alessia si fermò. Anche Ferri era un uomo. Inoltre, piuttosto giovane e attraente, come Alessia si rendeva conto solo ora. Probabilmente aveva una moglie o una fidanzata, e si comportava in modo completamente diverso con lei. Di sicuro, lui non si sarebbe spaventato in una situazione simile. Veniva persino ad incoraggiarla, una quasi sconosciuta.
– Va bene, Chiarini, dormi. Anche a te arriveranno le stelle dal cielo. – Ferri uscì. Alessia guardò fuori dalla finestra. Un pezzo di cielo punteggiato di stelle era davvero visibile. “Se solo una stella cadesse adesso” pensò Alessia, ma nessuna stella era caduta, almeno non fino a che lei non si addormentò.
– Come stai? – Ferri era davanti al letto di Alessia. – Il dottor Rossi ha detto che l’operazione è andata bene.
– Forse. Ma continuo a non sentire le gambe. – Alessia sospirò.
– Guarda cosa ti ho portato. – Ferri tese ad Alessia una piccola scatola. Lei l’aprì e sorrise. La scatola era piena di minuscole stelle luccicanti di carta. – Se ti impegni, raggiungerai le vere stelle a piedi. – Le prometteva Ferri.

La riabilitazione fu lunga, estenuante e, a parer di Alessia, senza risultati. Ferri, ora anche Alessia lo chiamava solo per nome, le faceva spesso visita. Chiacchieravano su molti argomenti come vecchi amici. Ferri riusciva a distrarre Alessia dai suoi pensieri tristi, e a volte lei iniziava anche a credere che i suoi sforzi non sarebbero stati vani.

– Come va oggi? – Ferri entrò nella stanza dopo l’allenamento quotidiano di Alessia con l’infermiera che provava a risvegliare le sue gambe intorpidite.
– Niente. – Alessia alzò le mani.
– È fiorito il glicine. – Ferri le porse un ramo profumato. Alessia inspirò l’aroma fresco e pizzicante, e poi, divertita, cercò un petalo diverso dagli altri.
– Neanche uno con cinque petali. – Fece il broncio Alessia, alzando lo sguardo.
– E questo? – Le porse un’altra piccola scatola. Alessia sorrise, aspettandosi altre stelle. Ma quando l’aprì, restò senza fiato per un momento. Su un piccolo anello, sotto i raggi del sole, brillava una stella diversa – una piccola gemma.

– Vuoi sposarmi? – Chiese Ferri quando Alessia alzò lo sguardo dal prezioso oggetto a lui. Alessia restò in silenzio. Ferri sospirò nervosamente e si sedette sul letto.
– Mi hai seduto sulla gamba… – Sussurrò Alessia. – Mi hai seduto sulla gamba! – Gridò subito dopo, ridendo. – Mi hai seduto sulla gamba! La sento! Sento la gamba!
Ferri balzò in piedi e rise insieme a lei. In quel momento Alessia scoppiò in lacrime. Sorrideva, ma il pianto solcava il suo volto.

– Che succede? Fai male? – Ferri era preoccupato. Alessia scosse la testa:
– Ti ricordi quando ho detto che non sarei mai stata felice? Ecco, pensavo davvero così. Ma oggi c’è tanta felicità tutta in una volta. Beh, se non hai avuto paura di chiedere a una disabile di sposarti, non ti spaventerà neanche una che piange, vero? – Alessia rise di nuovo.
– Niente può spaventarmi. – Rispose Ferri, guardando la sua fidanzata con tenerezza.
***
– Mamma, hai visto? Ci sono riuscita! – Martina arrivò di corsa alla panchina dove era seduta Alessia.
– Certo che ho visto. E ho registrato tutto per papà. Sei stata bravissima. – Alessia strinse la figlia a sé.

– La signora Giorgetti ha detto che ballerò al centro della scena. – Si vantò Martina. – Significa che ballo meglio di tutti?
– Sì. – Sussurrò Alessia e altrettanto sottovoce svelò un segreto alla figlia. – Ma taci, se ti monti la testa, non riuscirai. – Martina annuì complice. – Ora preparati, dobbiamo andare a prendere papà al lavoro.

Era passato un decennio. Alessia non era mai tornata a ballare sui grandi palchi, ma aveva ballato meravigliosamente al proprio matrimonio. Come notò Ferri, sicuramente meglio di lui. Il cammino verso le stelle era stato lungo per Alessia, ma insieme a Ferri ce l’erano fatta. Per non dimenticare mai, né di credere nel meglio, né di sognare, qualunque cosa accada, Alessia aveva suggerito di dipingere il soffitto della camera da letto come un cielo stellato. Ferri aveva approvato l’idea. Ogni mattino, aprendo gli occhi, Alessia sapeva che le stelle erano alla sua portata, se solo lo desiderava. Distanti ma sempre raggiungibili.

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