Quando avevo tredici anni imparai a nascondere la fame e la vergogna.
Viviamo così poveri a Napoli che al mattino spesso uscivo per la scuola a stomaco vuoto.
Durante la ricreazione, quando i compagni estraevano dalle cartelle mele, biscotti e panini, fingevo di leggere, abbassavo lo sguardo, per non far sentire il brontolio silenzioso del mio ventre.
Ma il dolore più grande non era la fame, era la solitudine.
Una mattina una bambina notò la mia condizione.
Non disse nulla, ma pose sul mio banco metà del suo pranzo.
Il mio viso si fece rosso, volevo rifiutare, ma lei si limitò a sorridere.
Il giorno dopo fece lo stesso. E di nuovo il terzo.
A volte era una fetta di torta, a volte una mela, a volte un cornetto.
Per me era tutto un universo.
Per la prima volta sentii che qualcuno mi vedeva, non solo la mia povertà.
Poi scomparve. La sua famiglia si trasferì a Salerno e lei non tornò più a scuola.
Ogni giorno fissavo la porta, come ad aspettare che entrasse, si sedesse accanto a me e dicesse: Ecco, tieni.
Ma la porta rimaneva vuota.
La sua gentilezza non se ne andò con lei. Si radicò dentro di me.
Gli anni passarono, divenni adulto.
A volte mi tornava in mente, come un ricordo di quel miracolo che un tempo salvò la mia giornata.
Ieri il tempo si fermò.
Mia figlia, Sofia, tornò da scuola e mi chiese:
Papà, mi prepari domani due panini?
Due? sussurrai, sorpreso. Di solito non finisci neanche uno.
Lei mi guardò con serietà:
Uno per il ragazzo della mia classe. Oggi non ha mangiato nulla.
Divisi il mio pranzo con lui. Rimasi immobile.
Nel suo gesto vidi di nuovo la bambina quella che aveva condiviso il suo pane con me quando il mondo taceva.
La sua bontà non è svanita. È attraversata gli anni, è passata attraverso di me e ora vive nel cuore di mia figlia.
Salì sul balcone, guardai il cielo e le lacrime scivolarono da sole.
In quellattimo avvertii tutto: la fame, la gratitudine, il dolore e lamore.
Forse quella bambina mi ha dimenticato da tempo.
Forse non saprà mai quanto abbia cambiato la mia vita.
Ma ricorderò sempre:
Un solo gesto di bontà può attraversare le generazioni.
E oggi lo so con certezza: finché mia figlia condivide il suo pane con un altro bambino, la gentilezza resta viva.






