A volte vorrei sbattere la porta in faccia ai pretendenti sfacciati: la loro arroganza sta rovinando la mia vita.

A volte mi viene voglia di chiudere la porta in faccia ai suoceri – la loro sfacciataggine sta rovinando la mia vita.

In un piccolo paesino vicino a Verona, dove le vecchie recinzioni nascondono i pettegolezzi del quartiere, la mia vita a 33 anni è diventata un teatrino infinito per i miei suoceri. Mi chiamo Bianca, sono sposata con Luca, e i suoi genitori, Maria Teresa e Antonio, hanno fatto di casa mia la loro mensa personale. Le loro visite settimanali, la loro arroganza e indifferenza mi portano allo sfinimento, e non so come fermarli senza distruggere la famiglia.

**La famiglia che volevo accontentare**

Quando ho sposato Luca, sognavo serate in famiglia, bambini e armonia. Lui è buono, lavoratore, e l’ho amato con tutto il cuore. I suoi genitori sembravano persone normali: semplici, di campagna, con una risata fragorosa e l’abitudine di dire sempre quello che pensano. Credevo di poter andare d’accordo con loro. Ma dopo il matrimonio, la loro “sincerità” si è trasformata in maleducazione, e le loro visite sono diventate una tortura.

Viviamo in un piccolo appartamento, comprato con un mutuo. Nostro figlio, Matteo, di tre anni, è il centro del nostro universo. Io lavoro come impiegata in un’azienda locale, Luca è meccanico. La vita non è facile, ma ce la caviamo. Però ogni domenica, puntuali come un orologio, i suoceri si presentano a casa nostra, e la mia vita diventa un inferno. Non chiamano, non avvisano – arrivano e io, come una sciocca, mi affanno a preparare da mangiare.

**Sfacciataggine senza limiti**

Arrivano a mani vuote e se ne vanno pieni come tacchini. Maria Teresa si siede a tavola e ordina: “Bianca, versami un po’ di minestra, abbondante!” Antonio vuole carne e vino, e io corro come una cameriera. Dopo la loro visita, restano pile di piatti da lavare, briciole ovunque e un frigorifero vuoto. Una volta ho fatto i conti: in una sola serata, hanno mangiato mezzo chilo di pasta, un litro di sugo e una bottiglia di vino. E non dicono nemmeno “grazie” – per loro è scontato.

Ma la cosa peggiore è il loro atteggiamento. Maria Teresa critica tutto: come cucino, come cresco Matteo, come pulisco. “Bianca, hai salato troppo la pasta, e il bambino è troppo magro, non lo nutri abbastanza”, dice mentre si ingozza. Antonio la segue, e Luca rimane zitto, come se fosse normale. Ho provato a far capire che è troppo per me, ma mia suocera mi liquida: “Sei giovane, devi fare la tua parte”. La loro arroganza è come un veleno che mi avvelena piano piano.

**Il silenzio di mio marito**

Ho provato a parlarne con Luca. Dopo l’ultima visita, mentre lavavo i piatti a mezzanotte, gli ho detto: “Luca, i tuoi genitori vengono qui come al ristorante, e io non ce la faccio più”. Lui ha alzato le spalle: “Mamma, sono i miei genitori, sono abituati così. Non farne un dramma”. Le sue parole mi hanno spezzato. Non vede che sono allo stremo? Lo amo, ma il suo silenzio mi fa sentire sola. È come combattere non solo contro i suoceri, ma anche contro di lui.

Matteo, il mio piccolo, si accorge della mia tensione. Mi chiede: “Mamma, perché sei triste?” Gli sorrido, ma dentro sto morendo. Voglio che cresca in una casa piena d’amore, non di nervosismo. Ogni visita dei nonni è uno stress che non posso nascondere. A volte vorrei sbattergli la porta in faccia, ma ho paura: cosa dirà Luca? Cosa penseranno i vicini? E poi, potrei vivere con il senso di colpa?

**L’ultima goccia**

Ieri sono venuti di nuovo. Ho cucinato per tre ore: pasta al sugo, polpette, insalata, tiramisù. Hanno mangiato, hanno apprezzato, ma nemmeno un grazie. Quando ho chiesto a Maria Teresa di aiutarmi con i piatti, ha sbuffato: “Ma chi sono, la donna delle pulizie? La padrona di casa sei tu, arrangiati”. Luca non ha detto una parola, e dentro di me qualcosa si è rotto. Non voglio più essere la loro cuoca, la loro sguattera, la loro ombra. Casa mia non è la loro trattoria, e io non sono la loro serva.

Ho deciso: farò un ultimatum. Dirò a Luca: o parla con i suoi genitori, o smetto di riceverli. Che vengano portando qualcosa, che aiutino, o che non vengano affatto. So che scatenerà un putiferio. Maria Teresa mi darà dell’ingrata, Antonio borbotterà, e Luca forse si offenderà. Ma non posso più vivere in questa schiavitù.

**Il mio grido di libertà**

Questa storia è la mia richiesta di rispetto. I suoceri forse non capiscono quanto la loro arroganza mi distrugga. Luca forse mi ama, ma il suo silenzio mi isola. Voglio che la mia casa sia mia, che Matteo veda una mamma felice, che io possa respirare. A 33 anni, merito dignità, anche se dovessi chiudere la porta in faccia ai suoceri.

Non so come andrà la conversazione con Luca, ma so che non mi arrenderò. Sarà una battaglia, e io sono pronta. La mia famiglia siamo io, Luca e Matteo, e non permetterò a nessuno di trasformare la mia casa nella loro tavola calda. Che le loro mani vuote restino con loro, mentre io mi riprendo la mia vita.

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A volte vorrei sbattere la porta in faccia ai pretendenti sfacciati: la loro arroganza sta rovinando la mia vita.