Ecco, te la racconto come se fossimo a prendere un caffè insieme
Mai avrei immaginato che una semplice passeggiata nel bosco potesse trasformarsi in un vero miracolo. È successo lo scorso autunno, quando sono andato a trovare la nonna nella sua vecchia casa in Toscana.
Eravamo andati a cercare funghi con i vicini una giornata tranquilla, laria profumava di terra bagnata e di resina. Con noi cera la signora Lucia una donna anziana ma vivace, con un cesto grande il doppio di lei e Marco, uno studente di Milano in vacanza.
Camminavamo su un sentiero stretto coperto di foglie gialle, quando allimprovviso Marco si è fermato e ha gridato:
“Guardate! Cè qualcosa nel fosso!”
Allinizio ho pensato fosse un albero caduto o un vecchio pneumatico. Ma quando ci siamo avvicinati, il cuore mi si è fermato. In fondo al fosso cera un cavallo. Magro, sporco e pieno di attaccamenti di cardo, respirava a fatica. Nei suoi occhi cera paura, ma non rabbia piuttosto una supplica
Al collo aveva una vecchia cinghia di cuoio, tutta screpolata. Quindi non era selvatico. Forse era scappato? O forse qualcuno laveva abbandonato quando non serviva più?
Non potevamo lasciarlo lì. Ho chiamato il contadino Giovanni aveva un trattore e delle corde resistenti. Per tre ore tutto il paese ha provato a tirarlo fuori. Abbiamo lavorato in silenzio, col fango fino alle ginocchia, come se stessimo salvando qualcuno di caro.
Alla fine siamo riusciti a portarlo sulla strada, ma non si è alzato. Rimaneva a terra, respirando affannosamente. Qualcuno ha portato un secchio dacqua, qualcun altro un sacco di avena. Mi sono seduto accanto a lui e ho posato una mano sul suo collo. Ha fatto un sussulto, ma non si è allontanato.
Poi, lentamente e con fatica, il cavallo si è rimesso in piedi. Prima barcollando, ma poi sempre più sicuro. Il vento gli muoveva la criniera, e in quel momento mi è sembrato il cavallo più bello del mondo.
Una settimana dopo, è stato la signora Lucia ad adottarlo. Gli ha dato il nome Speranza. Ora Speranza pascola nel prato verde ai margini del paese e si avvicina sempre a chiunque passi. Dicono che ora aiuta con i bambini con bisogni speciali.
Un giorno, quando ormai avevo quasi dimenticato tutta la storia, Speranza si è avvicinata a me piano, tranquilla, come per dire: “Grazie”. Nei suoi occhi ho visto non solo gratitudine, ma tutta una vita piena di speranza e fiducia.
Quel gesto mi ha commosso profondamente. In quel momento ho capito che la vera forza sta nella bontà nellessere capaci di vedere il dolore degli altri e aiutare senza aspettarsi nulla in cambio.
Ora, quando cammino in quei boschi, ascolto sempre magari da qualche parte cè ancora qualcuno che ha bisogno di aiuto. Perché a volte un piccolo gesto gentile può cambiare una vita per sempre.
E che questa storia ci ricordi una cosa: mai essere indifferenti è proprio allora che nascono i veri miracoli.