Un’accoglienza gelida: come il sogno di una cena familiare si è infranto contro l’indifferenza dei suoceri
In un paesino vicino a Mantova, Beatrice aspettava con ansia la visita dai suoceri. Immaginava un incontro caloroso, un profumato barbecue, risate e chiacchiere attorno alla tavola. Suo marito, Matteo, la rassicurava che i suoi genitori, Enrico e Luciana, erano persone ospitali, e lei credeva che quel giorno avrebbe cementato i loro legami familiari. Ma la realtà si rivelò amara come la pioggia fredda di novembre che li accolse quella sera.
Il viaggio fu lungo, e Beatrice e Matteo arrivarono alla casa dei suoceri già al tramonto. Non era una bella serata: il cielo era grigio, cadeva una pioggerellina sottile e il vento tagliava la pelle. Beatrice indossava il suo vestito migliore, sperando di fare buona impressione, ma invece di un abbraccio caloroso, trovarono la porta chiusa. Luciana, sbirciando appena, disse: “Aspettate in veranda, sedetevi lì.” Beatrice rimase sorpresa. La veranda? Con quel freddo? Ma Matteo, abituato alle stranezze di sua madre, si limitò a scrollare le spalle e la condusse verso la pergola di legno in giardino.
La veranda era vecchia, con la vernice scrostata e fessure da cui entrava il vento. Beatrice rabbrividì, stringendosi nella sua giacca leggera. Cercò di sorridere, ma dentro di sé cresceva un senso di amarezza. “Forse stanno ancora preparando la cena?” pensò, aggrappandosi alla speranza. Matteo le portò una coperta, ma non servì a molto contro l’umidità penetrante. I suoceri non si affrettavano a chiamarli in casa. Enrico, uscendo un attimo, gridò che la griglia non era ancora pronta e sparì dentro. Beatrice si sentì un’ospite indesiderata, un’estranea in quella famiglia.
Le ore passavano lente. La pioggia aumentava, tamburellando sul tetto della veranda, ma dell’aroma del barbecue nessuna traccia. Beatrice guardò Matteo, in attesa che dicesse qualcosa, ma lui rimase in silenzio, inchiodato al telefono. La sua pazienza si spezzò come una corda tesa. “Dobbiamo restare qui come in una stazione?” sbottò finalmente. Matteo borbottò che sua madre aveva detto che tutto sarebbe stato pronto presto. Ma quel “presto” durò altre due ore tormentose, finché fame e freddo non divennero insopportabili.
Alla fine Luciana uscì con un vassoio. Beatrice si aspettava una tavola imbandita, come nella sua famiglia, ma fu un’altra delusione. Al barbecue, che era bruciacchiato e duro, la suocera aveva aggiunto solo una ciotola d’insalata di pomodori e cipolle. Niente pane, niente contorni, nemmeno un caffè per scaldarsi. “Mangiate quello che c’è,” disse, tornando in casa e lasciandoli di nuovo soli. Beatrice fissò quel pasto misero e sentì un nodo alla gola. Non era una cena, era uno schiaffo.
Matteo masticava il barbecue come se nulla fosse, ma Beatrice non riuscì più a tacere. “Perché non ci hanno fatto entrare in casa?” chiese a bassa voce. “Non siamo estranei, siamo famiglia!” Matteo esitò, balbettando qualcosa sulle abitudini di sua madre, ma le sue parole suonarono vuote. Beatrice capì all’improvviso: i suoceri non la consideravano una di loro. Era un’intrusa, la moglie di loro figlio, che potevano lasciare sotto la pioggia senza nemmeno un posto al caldo.
Il viaggio di ritorno fu silenzioso. Beatrice guardava dal finestrino i campi bagnati e sentiva crollare le sue speranze di un legame con la famiglia di Matteo. Ripensava a come sua madre accoglieva sempre gli ospiti con calore, a come la loro casa fosse aperta a tutti. E qui? Una veranda gelida, un pasto misero, sguardi indifferenti. Non era stata solo una serata sgradevole: era la prova che il suo sogno di unità con la famiglia di Matteo non si sarebbe mai avverato.
A casa, Beatrice non riuscì a dormire. Si chiese se valesse la pena parlare a Matteo di quanto l’avessero ferita i suoi genitori. Ma qualcosa le diceva che lui non avrebbe capito. Lui era cresciuto in quel gelo, per lui era normale. Per lei, era una pugnalata al cuore. Si promise che non sarebbe più tornata dai suoceri finché non avessero imparato a rispettarla. Ma nel profondo, una paura la assaliva: e se quel gelo fosse rimasto per sempre tra loro? Il loro matrimonio avrebbe retto a tanta indifferenza? O il suo amore per Matteo si sarebbe sciolto come la pioggia che l’aveva infradiciata in quella maledetta veranda?