Sogno freddo: come il desiderio di un banchetto familiare si infranse nell’indifferenza dei suoceri
In un paesino vicino a Lucca, Bianca attendeva con ansia la visita ai suoceri. Immaginava un incontro familiare caloroso, un profumato barbecue, risate e lunghe chiacchiere a tavola. Suo marito, Enrico, la rassicurava che i suoi genitori, Vittorio e Grazia, erano persone ospitali, e Bianca credeva che quel giorno avrebbe rinsaldato i legami tra loro. Ma la realtà si rivelò amara come la pioggia autunnale che li accolse quella sera.
Il viaggio fu lungo, e Bianca con Enrico arrivarono a casa dei suoceri sul far della sera. Il tempo non aiutava: il cielo era coperto da nuvole grigie, una pioggerellina sottile cadeva e il vento ghiacciato penetrava nelle ossa. Bianca indossò il suo vestito migliore, sperando di fare bella figura, ma invece di un caloroso benvenuto, trovarono la porta chiusa. Grazia, sbirciando appena, disse: «Andate nella veranda, aspettate lì». Bianca rimase spaesata. La veranda? Con questo freddo? Ma Enrico, abituato ai capricci di sua madre, si limitò a scrollare le spalle e accompagnò la moglie verso la struttura di legno in giardino.
La veranda era vecchia, con la vernice scrostata e fessure da cui soffiava il vento. Bianca rabbrividì, avvolgendosi in un cardigan leggero. Cercava di sorridere, ma dentro di sé cresceva un senso di amarezza. “Forse stanno preparando la tavola?” pensò, aggrappandosi a un barlume di speranza. Enrico portò una coperta, ma era poco utile contro l’umidità penetrante. I suoceri non avevano fretta di invitarli in casa. Vittorio, affacciandosi sulla porta, gridò che il barbecue non era pronto e scomparve dentro. Bianca si sentì un’ospite indesiderata, un’estranea in quella famiglia.
Le ore si trascinarono lente. La pioggia si intensificò, tamburellando sul tetto della veranda, ma dell’odore della grigliata nessuna traccia. Bianca fissò Enrico, aspettando che dicesse qualcosa, ma lui taceva, immerso nel telefono. La sua pazienza si spezzò come una corda troppo tesa. «Dobbiamo restare qui come in una stazione ferroviaria?» sbottò alla fine. Enrico borbottò solo che sua madre aveva promesso che sarebbe stato pronto presto. Ma quel “presto” si trasformò in due ore interminabili, finché fame e freddo non divennero insopportabili.
Finalmente Grazia uscì con un vassoio. Bianca si aspettava una tavola imbandita, come nella sua famiglia, ma un’altra delusione l’attendeva. Accanto alla carne, che si rivelò troppo cotta e dura, c’era solo una scodella di insalata di cetrioli e cipolle. Né pane, né contorni, né tantomeno un tè caldo per riscaldarsi. «Mangiate quel che c’è», disse la suocera prima di rientrare in casa, lasciandoli di nuovo soli. Bianca fissò quel pasto misero e sentì le lacrime salirle in gola. Non era un banchetto, era una presa in giro.
Enrico masticava la carne come se nulla fosse, ma Bianca non poté più tacere. «Perché non ci hanno fatto entrare in casa?» chiese a bassa voce. «Non siamo estranei, siamo famiglia!» Enrico esitò, balbettando qualcosa sulle abitudini di sua madre, ma le sue parole suonarono vuote. Bianca capì all’improvviso: i suoceri non la consideravano una di loro. Per loro era un’estranea, la moglie di loro figlio, da lasciare fuori sotto la pioggia senza nemmeno un angolo accogliente.
Il viaggio di ritorno fu silenzioso. Bianca guardava dal finestrino i campi bagnati che sfilavano via, sentendo crollare ogni speranza di avvicinarsi alla famiglia di Enrico. Ripensava a come sua madre accoglieva sempre gli ospiti con calore, alla loro casa sempre aperta a tutti. E qui? Una veranda gelida, un pasto misero, sguardi indifferenti. Non era solo una serata andata male—era il segno che il suo sogno di unione con la famiglia di Enrico non si sarebbe mai avverato.
A casa, Bianca non riuscì a dormire. Si chiese se valesse la pena parlare a Enrico di quanto i suoi genitori l’avessero ferita. Ma qualcosa le diceva che lui non avrebbe capito. Era cresciuto in quel freddo, per lui era normale. Per lei, invece, era un coltello piantato nel cuore. Fece un giuramento a se stessa: non sarebbe più andata dai suoceri finché non avessero imparato a rispettarla. Ma nel profondo temeva: e se quel gelo fosse rimasto per sempre tra loro? Il loro matrimonio avrebbe retto a tanta indifferenza? O il suo amore per Enrico si sarebbe sciolto come quella pioggia che l’aveva fradiciata in quella maledetta veranda?